Federico Fubini, la Repubblica 27/2/2014, 27 febbraio 2014
E I NUOVI NARCOS DEL WEB RUBANO MERCATO ALLE MAFIE
LA SORTE toccata alle rock star e alle case discografiche, agli attori e alle major del cinema, agli scrittori e ai grandi editori sta raggiungendo un’altra categoria che non lo aveva messo in conto: i mafiosi. Anche la loro, come altre professioni più rispettabili, ha tutta l’aria di essere impostata su un modello produttivo ormai obsoleto.
Giovanni Serpelloni, capo del dipartimento per le Politiche antidroga di Palazzo Chigi, circa due anni fa ha iniziato a notare qualcosa di nuovo: si stavano moltiplicando i siti web nei quali era possibile comprare droghe tradizionali. Eroina, cocaina, anfetamine. Non solo le nuove sostanze sintetiche, difficili persino da definire a norma di legge, che ormai si trovano solo sulla rete e si possono acquistare con Bitcoin o con carte di credito tradizionali. Serpelloni, un manager della sanità di 60 anni con master in Bocconi, di fronte ai nuovi dati ha formulato un’ipotesi che appare sempre più solida: le mafie più tradizionali sono minacciate. E non avrebbero mai pensato di esserlo ad opera di soggetti che, nei prossimi anni, potrebbero sottrarre loro una quota crescente di fatturato. Come nei settori legali dell’economia, sono i giovani con felpe con cappuccio che, dai loro garage sempre connessi in Rete, stanno sottraendo alla criminalità old economy una parte del fatturato. L’uso sempre più sofisticato del web permette di disintermediare le vecchie strutture con cui mafia, ‘ndrangheta o camorra trasportano e distribuiscono la droga in Italia e nel mondo.
È un fenomeno probabilmente solo agli inizi, riconosce Serpelloni. Intanto però il Dipartimento politiche antidroga di Palazzo Chigi, con l’aiuto dei Nas, ha già individuato 491 pagine o siti web gestiti in Italia per la vendita di droghe nuove o tradizionali. Il 93% di essi è già stato chiuso, ma molti rinascono sotto altra forma come normali indirizzi web con diverse coperture. Si presentano come forum online, blog, punti vendita di fertilizzanti, sali da bagno, incenso o integratori alimentari. Per arrivare al punto giusto bisogna regolarmente seguire decine di link, fino a quando si raggiunge un buon livello di anonimato e appare una scritta per esempio su «materiali da casa e giardino» (è un caso reale) dietro la quale si possono comprare stupefacenti di ogni tipo.
Spesso gestiscono lo spaccio ragazzi molto giovani ma abili in Rete e con i computer. Lavorano soli o in piccoli gruppi, e tolgono affari ai trafficanti tradizionali. La differenza fra le due categorie naturalmente resta colossale, almeno per il momento: solo la ‘ndrangheta ha ricavi per almeno 38 miliardi l’anno, secondo le stime delle Procure antimafia della Calabria. Ma la criminalità tradizionale resta organizzata su strutture lunghe e pesanti, che richiedono il controllo di migliaia di persone. Molta della materia prima viene spedita dall’America Latina alle coste dell’Africa centro-occidentale, dov’è raffinata o inviata in Albania a questo scopo e poi trasporta verso punti d’ingresso in Europa occidentale come Gioia Tauro.
I trafficanti della new economy si muovono invece con molta più agilità, usando la Rete e le possibilità offerte dalla globalizzazione. Si presentano come acquirenti in Rete dei raffinatori insediati in Albania, i quali vendono anche online e si limitano a mandare un pacco per corriere espresso a chi effettua un pagamento con carta di credito prepagata e anonima. Oppure i nuovi trafficanti ragazzini piazzano ordini d’acquisto di cannabinoidi sintetici, scarti di produzione farmaceutica, presso fabbriche cinesi che producono medicinali a base di cannabis. Molte di queste droghe sono altamente tossiche, danneggiano il sistema nervoso e la psiche, ma anche il cuore e altri organi interni. Chi le usa non sa cosa contengono e in caso di problemi è difficile per i medici formulare una diagnosi. Eppure non è illegale per le fabbriche cinesi vendere stupefacenti online e inviarli in Italia via corriere. E la recente bocciatura della legge Fini-Giovanardi da parte della Corte costituzionale, perché mancavano i motivi di «necessità e urgenza», ha di fatto cassato lo status d’illegalità di 300 sostanze della new economy della droga individuate dalla squadra di Serpelloni a Palazzo Chigi.
In queste condizioni, sul web normale e nel “deep web” o nel “dark web”, dove si scambiano solo merci illegali, dov’è più difficile arrivare e i pagamenti si fanno solo in Bitcoin, il traffico parallelo di stupefacenti avanza. Una nuova rete anarchica e senza gerarchie, che fa concorrenza alle cupole della criminalità. Non è il modo con cui si sperava di mettere fuori mercato le mafie d’Italia.