Gianfranco Morra, ItaliaOggi 27/2/2014, 27 febbraio 2014
VENT’ANNI DOPO, RIPUBBLICATO IL LIBRO DI BOBBIO SU DESTRA-SINISTRA. È UN PECCATO PERCHÉ SI SCOPRE CHE NON STA PROPRIO PIÙ IN PIEDI
Destra-sinistra? Una dualità politica nata nel 1789 e oggi pressoché inutilizzabile. Le due nemiche si sono modificate e avvicinate, forme miste, come il liberalsocialismo e la socialdemocrazia, hanno preso dall’una e dall’altra. Gli stessi movimenti totalitari mescolavano miti di sinistra e di destra: come quel socialismo nazionale che fu il fascismo.
Un aiuto a capirci qualcosa ci venne dall’agile ricerca di Norberto Bobbio: Destra e sinistra. Che ora, venti anni dopo e a dieci dalla morte, viene ristampata sempre da Donzelli. Nel 1994 i regimi totalitari, ai quali Bobbio non aveva mancato di bruciare qualche granellino d’incenso, erano tutti sconfitti. Nel 1935, in una lettera a Mussolini, vantava «la maturità delle mie convinzioni fasciste»; subito giunse la nomina a professore universitario. Col comunismo sovietico fu silenziosamente connivente, non lo esaltò e non lo condannò: «pensavo che fosse un grande ideale applicato male», si è scusato.
Caduto il comunismo, il mazzo di carte si era mescolato e i confini tra destra e sinistra stavano sfumando nell’indefinibile. Con la sua intelligenza illuministica Bobbio ha cercato di salvare il salvabile. Rifiutava la contrapposizione assoluta, ma trovava anche dei nuovi criteri per mantenere la distinzione tra destra e sinistra: «fra ordine gerarchico e ordine egualitario, tra atteggiamento tradizionalistico favorevole alla continuità e atteggiamento volto al nuovo o progressista, favorevole alla rottura, alla discontinuità». Per Bobbio destra significa differenza, sinistra eguaglianza (fra le classi, le razze e i sessi). Ciò che egli ha rimosso per tranquillizzare la sua coscienza è il fatto storico incontrovertibile che le peggiori stragi e genocidi dell’umanità sono stati opera della sinistra.
Lontano dalla intransigenza, Bobbio. La scelta è per la sinistra, ma egli riconosce che delle due tendenze nessuna è assolutizzabile ed entrambe sono necessarie alla democrazia. Proprio come aveva detto Einaudi nella Predica inutile (1957) su liberalismo e socialismo: «L’optimum è nella lotta continua fra i due ideali, nessuno dei quali può essere sopraffatto senza danno comune». I piatti preparati da Bobbio sono sempre delicati e poco saporiti. Il suo pregio, che consiste nel capire prima di giudicare, è insieme il suo difetto, dato che la storia pone di fronte a scelte decise e perentorie. Proprio quelle che Bobbio eludeva, tanto da essere chiamato «il filosofo dell’indecisione».
Quanto da alcuni decenni sta accadendo in occidente ha mostrato che le categorie di destra e sinistra sono sempre più logorate e anche stracciate, tanto che il loro uso, che pur continua, non appartiene più al discorso definitorio, ma a quello persuasivo e propagandistico. Anche perché di destre e di sinistre ce ne sono tante. Ma perché non chiederlo a un politico? Detto e fatto: le poche pagine di Matteo Renzi contenute nella ristampa, certo meno teoriche che pragmatiche, contengono il nucleo di quel discorso programmatico (in verità fatto più di intenzioni che di realistiche proposte), che Renzi ha fatto alle due Camere.
Anch’egli riconosce che l’alternanza bipolare è un bene per la democrazia, ma non può essere confusa con la vecchia antitesi tra sinistra e destra, «una vecchia bidimensionalità sfondata». Certo, difende della sinistra la tendenza innovativa, ma non la confonde con la «vecchia bidimensionalità della diade destra/sinistra». Le stesse distinzioni di Bobbio, pur così accorte e moderate, si sono largamente disciolte. Oggi la coppia bobbiana «eguaglianza-diseguaglianza» non basta più. Non solo la «sinistra» è riformista, ma anche la «destra», non solo questa è «meritocratica», ma anche la prima.
Il Duemila si trova davanti a mutamenti sconvolgenti: la crisi della nazione, il mancato funzionamento della democrazia rappresentativa, la paralisi del welfare, la globalizzazione e la crisi economica, le immigrazioni di massa, lo strapotere dei social network, l’insorgere dei populismi e della xenofobia, la decadenza dell’Europa, l’emergere, fuori, di nuove potenti e competitive nazioni. Ecco perché anche quella sinistra, che certo nel Novecento ha cambiato il mondo, deve ora cambiare se stessa. La tradizione alla quale Renzi si collega è quella della sinistra moderata (riformista, appunto): dal suo «maestro» La Pira a Clinton e Blair.
Le reazioni alla nota di Renzi non potevano venire dalla destra, che da sempre diffida di tutto ciò che è cultura (anzi, «culturame»). Sono venute, e dure, dalla sinistra. Il «Fatto quotidiano»: «Caro Matteo, giù le mani da Bobbio»; il «Manifesto»: «Renzi, Bobbio, non lo capisce». Segno che la nota ha colto nel segno. Sbruffone e monello, rottamatore e show-man, esibizionista e spregiudicato, di Renzi si può dire anche questo. Ma non si può negare che, rispetto ad apparatcik come D’Alema e Bersani o a tecnocrati come Monti e Letta, il sindaco di Firenze riproponga il primato della politica. Forse un po’ alla garibaldina, ma per farlo ci voleva il primo premier del «post»: postideologico, postmoderno, postpartitico, postdemocristiano di Reggello e postcomunista di Firenze.
C’è chi considera Renzi il migliore premier nel momento attuale. Forse è solo il meno peggio. Di certo è un premier diverso. Comunque vada a finire, è pur sempre qualcosa.