Paolo Baroni, La Stampa 27/2/2014, 27 febbraio 2014
C’È CHI INVOCA NERONE MA IO NON FARÒ IL LIQUIDATORE
[Ignazio Marino]
La prima telefonata gli è arrivata da Graziano Del Rio, il braccio destro di Renzi. Poi immediatamente dopo è toccato al ministro per i Rapporti col Parlamento, Maria Elena Boschi «molto gentile nella sua sincera preoccupazione». Il decreto Salva-Roma, mai nome è stato più sfortunato, è morto per la seconda volta e a sera, dopo un’intera giornata passata tra palazzo Chigi ed il ministero del Tesoro, Ignazio Marino è tutt’altro che rasserenato.
«Non so se si troverà una soluzione - spiega il primo cittadino della capitale –. Io ho avanzato delle proposte e sia a palazzo Chigi che al Tesoro ho colto attenzione e comprensione dei miei argomenti. Adesso faranno le loro valutazioni e poi decideranno».
Il colpo è pesante: dopo essersi trovato con un miliardo o quasi di disavanzo Marino contava su questo decreto per avviare il rilancio di Roma senza fare nuovi debiti o mettere nuove tasse. Ha infatti potuto rivedere i contratti di servizio con le aziende, e unificare in una sola centrale tutti gli acquisti di Campidoglio, municipi e controllate. «Risparmieremo a regime ben 280 milioni di euro l’anno. Però ora queste norme sono decadute ed io mi trovo senza strumenti per proseguire nel risanamento».
Però nel mirino delle polemiche era finito soprattutto il trasferimento da 485 milioni che vi arrivava dal commissario che dal 2008 si è fatto carico dei vecchi debiti. Un regalo, sostiene qualcuno.
«Ma quelli non sono soldi che vengono chiesti in più agli italiani, sono soldi che Roma ha trasferito al commissario del governo per iniziare a pagare i debiti. Dopo di che il governo ha chiesto ai romani e alle romane di fare un ulteriore sacrificio aumentando anni fa, durante la gestione Alemanno, l’Irpef dello 0,4% e imponendo una tassa di imbarco all’aeroporto di Roma di 1 euro per ogni passeggero. Ora questi 485 milioni non sono più necessari al commissario. Allora perché non restituirli alla città e permetterle di investire nel rilancio economico i propri soldi?».
Quanto era stato consolidato in capo al commissario?
«Venti miliardi di euro. Ma il commissario sta facendo un eccellente lavoro: tant’è che nel giro di pochi anni è riuscito a scendere a 12».
Questa giornata di incontri ha portato ad individuare una soluzione tecnica per superare l’impasse?
«Visto che il Parlamento ha impiegato circa sei mesi per discutere due diversi decreti ed alla fine non ne ha convertito nessuno dei due ho proposto percorsi alternativi. Perché un decreto decaduto non si può reiterare ed inoltre non possiamo certo aspettare altri mesi».
Ha chiesto soldi?
«Assolutamente no, si continua sulla strada del rigore. Scelta che condivido: io sono felice di un rigore amministrativo che porti a risanare i conti e a rilanciare la nostra capitale. Quello che non sono disponibile a fare, lo dico con chiarezza, è il lavoro del commissario liquidatore. Io sono stato eletto col 64% dei consensi proprio per risanare la città ed ho già dimostrato che posso farlo: in trenta giorni ho chiuso la discarica di Malagrotta che doveva essere chiusa sette anni fa, ho azzerato il consiglio di amministrazione di Assicurazione di Roma, dove le persone si prestavano i soldi tra di loro senza regole; e sono il sindaco che, nonostante tutti mi attaccassero, ha cambiato il governo della polizia locale, che proprio oggi è stata ferita dall’arresto del suo ex-comandante. Io so come si deve fare per cambiare. Però se mi si chiede di vendere ai privati le azioni di Acea, vendere il trasporto pubblico dell’Atac, l’azienda di nettezza urbana, l’Ama, e di licenziare 4 o 5 mila dipendenti questo non è un mestiere da sindaco, serve un ufficiale liquidatore».
Dopo due incidenti, nessuno però può assicurare che poi domani in Parlamento la storia di ripeta…
«In Parlamento si è parlato troppo e fatto poco. E forse il Movimento 5 stelle ancora una volta non si è reso conto che sono classe dirigente eletta dal popolo. Non sono partecipanti ad una partita di risiko data in diretta dai telegiornali».
In queste ultime ore c’è stata una sottovalutazione della vicenda: perché il presidente della Camera non ha rimesso la tagliola?
«La presidente della Camera ha preso le decisioni giuste. Chi ha sbagliato sono Lega e Movimento 5 Stelle che hanno pensato che un gioco al tanto peggio fosse preferibile al costruire il rilancio economico della capitale. Ma d’altra parte non è una novità: questi movimenti hanno in odio l’idea di nazione e di capitale».
Senta, non sia mai che si possa pensare al default di Roma? Inimmaginabile vero?
«Io credo che Lega e 5 il Stelle lo desiderino fortemente. Qualcuno addirittura in quei partiti ha dichiarato che “il miglior commissario di Roma sarebbe Nerone”, in modo da poterla incendiare con tutti i suoi abitanti. Ognuno la può pensare come crede, ma in una nazione il rispetto per la capitale e per il suo destino dovrebbe accomunare tutti. Ma lei se lo immagina gli inglesi che vogliono distruggere Londra o i francesi che dicono chiamiamo Nerone e bruciamo Parigi?».