Luca Rocca, Il Tempo 27/2/2014, 27 febbraio 2014
LANZETTA SOTT’INCHIESTA PER ABUSO D’UFFICIO
Il neo ministro degli Affari regionali ed ex sindaco di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, è indagata per abuso d’ufficio. L’inchiesta, in mano alla procura di Locri, è incentrata su alcuni lavori d’illuminazione pubblica per 230mila euro affidati senza gara d’appalto alla ditta Neri Spa. Lo rivela il settimanale «Panorama».Tutto è partito da un esposto presentato da quattro consiglieri comunali di centrosinistra, che due anni fa hanno denunciato l’allora sindaco per la sua «condotta abusiva». La Lanzetta, per la quale ieri il pm ha chiesto l’archiviazione, si è difesa così: «Sono stata ingenua, mi sono fidata dei miei collaboratori». Ma come scrisse nel luglio scorso Michele Inserra sul «Quotidiano della Calabria», riportando le parole dell’allora tecnico del Comune, Vito Micelotta, anche lui indagato nella stessa inchiesta, fu la Lanzetta, attraverso un rappresentante di Palmi della stessa ditta, a occuparsi direttamente della vicenda. Micelotta è anche l’autore del libro «Io ho un sogno», nel quale lancia accuse, pesantissime, al neo ministro. Per esempio di aver «fatto riunioni con una persona condannata per il reato 416bis al quale chiese l’ingresso nella sua lista si un suo familiare». È anche certo che il vice della Lanzetta al Comune era Francesco Antonio Siciliano, genero di Vincenzo Ruga, condannato per associazione mafiosa. Ma i dubbi sulla Lanzetta riguardano anche la facilità con cui le è stata assegnata la «patente» di «sindaco antimafia». Che la Lanzetta fosse nel mirino delle cosche calabresi lo si è sempre evinto dai colpi di pistola sparati contro la sua auto e dall’incendio della sua farmacia. Secondo quanto appreso da Il Tempo, però, i due episodi potrebbero avere una spiegazione più semplice.
Un passo indietro. Il 28 agosto 2012 a Monasterace viene arrestato Vincenzo Cosimo Dimasi, un 18enne che la notte prima, dopo aver suonato a tutti i citofoni di una palazzina in cerca di un suo amico, ha sparato a un uomo che lo ha rimproverato per il fracasso, colpendolo alla mandibola. Analizzando la pistola, la scientifica scopre che l’arma è la stessa utilizzata per colpire la Panda della Lanzetta. Il punto è che questo ragazzo non avrebbe nulla a che fare con la ’ndrangheta. In paese, infatti, è da tutti conosciuto come un assiduo frequentatore di bar, un ragazzo che alza troppo spesso il gomito. Ma allora perché sparare contro l’auto del sindaco? Forse la spiegazione non è ’ndrangheta. La Lanzetta, qualche giorno prima, aveva avviato una serie di accertamenti su chi non aveva ancora pagato i canoni arretrati dell’acqua pubblica. Chi non era in regola avrebbe subìto il taglio dell’allaccio idrico. Fra i destinatari del provvedimento c’era anche il papà di Salvatore Papaleo, sotto processo nell’ambito dell’inchiesta “Faida dei boschi” contro la ’ndrangheta. Si dà il caso che Vincenzo Dimasi è molto amico del fratello di Papaleo. Non è dunque da escludere l’ipotesi che gli spari contro la macchina del sindaco siano una ritorsione per il taglio dell’acqua. Ma c’è dell’altro. Pare che pochi giorni prima dell’incendio alla farmacia, Dimasi abbia cercato, senza riuscirci, di acquistare delle medicine per le quali, però, occorreva la ricetta. Pochi giorni dopo la farmacia del sindaco va a fuoco. Sarà ancora un caso, ma è andata a fuoco anche l’abitazione di un fruttivendolo che si era rifiutato di consegnare della frutta a Dimasi.
Luca Rocca