Roberto Giardina, ItaliaOggi 26/2/2014, 26 febbraio 2014
LA GERMANIA SFORÒ IL TETTO DEL 3%
Quando arriva la primavera, nel centro di Berlino appaiono specialisti del gioco delle tre carte, in trasferta dall’Est. E c’è sempre qualche pollo che ci casca. La polizia, ogni tanto, li ferma, ma i giudici li assolvono: chi è così stupido da cadere in trappola, non può sostenere di essere stato truffato. Anche la Germania, nonostante i pregiudizi positivi, è maestra nel gioco delle tre carte, e inganna i suoi partner europei presentando conti non sempre corretti, come vorrebbero le cosiddette antiche virtù prussiane.
Sforiamo il 3% (nel rapporto debito/pil, ndr) lo ha fatto anche la Germania, si protesta in Italia. L’austerità esagerata e forzata strozza la nostra ripresa. Come farà Renzi a mantenere le sue promesse se non rinuncerà ad aumentare le tasse, e, allo stesso tempo, non si preoccuperà eccessivamente del rosso in bilancio. È vero, anche Berlino, quando le è servito, ha violato il parametro imposto da Maastricht (e voluto proprio da Kohl quando Mitterrand e Andreotti gli imposero di rinunciare all’amato Deutsche Mark per l’euro).
L’ultima volta è stata nel 2005, l’anno del cambio della guardia tra Schröder e la Merkel: giunsero al 3,3%, su un pil di 2.245,5 miliardi di euro. Non fu neanche un record, l’anno precedente erano giunti al 3,8, e il massimo fu toccato nel 2003 con il 4%, nel 2002 erano al 3,7, e nel 2001 appena sotto il limite di guardia. Il massimo fu superato anche nel 1996 e nel 1995. «Quando si chiedeva di controllare i conti sospetti della Grecia, i tedeschi erano sempre contrari» mi disse tempo fa Romano Prodi. «Per equità si sarebbero dovuti controllare i bilanci di tutti, e loro non volevano che si scoprisse che i loro conti non erano a posto».
È probabile che Berlino abbia superato il tetto altre volte, e in misura più grave da quanto risulta ufficialmente. Come appunto nel gioco delle tre carte, i tedeschi spostano il passivo da un conto all’altro, sfruttando il fatto di essere uno stato federale: dal Bund, la federazione, ai Länder, le regioni, e infine ai comuni, che infatti sono con le casse vuote. Tutto al limite della correttezza.
Ma c’è una differenza: loro i soldi li hanno bene impiegati, non sprecati come noi. Erano gli anni difficili del dopo riunificazione: si doveva risanare le cinque ex regioni della Germania Est, e mantenere una popolazione di 17 milioni di tedeschi, che non avevano mai versato un centesimo per il fondo pensioni o per la mutua. Tutto garantito dallo Stato socialista. L’ex Ddr fu paragonata al nostro meridione, ma noi non abbiamo risolto i problemi del Sud, a quasi settant’anni dalla fine della guerra. I tedeschi hanno trasformato le regioni orientali costruito autostrade, fabbriche, ospedali moderni, creato collegamenti telefonici. Hanno compiuto errori, qualcuno ci ha mangiato anche su (nel limite, si calcola, del 10%), e a quarto di secolo dalla caduta del «muro», tutti pagano, anch’io, l’addizionale per la ricostruzione dell’Est.
Doveva rimanere per qualche anno, probabilmente non verrà mai abolita. E questo rimane l’unico punto di contatto con noi. I tedeschi hanno compiuto un piccolo miracolo. Che cosa sarebbe mai stata oggi la Repubblica federale senza il peso della Ddr? Un problema enorme è stato trasformato in una chance di sviluppo. Per tutti, a Est e a Ovest. La Germania e l’Europa sono pronte a chiudere un occhio, ma desiderano garanzie: gli euro finiranno in un buco senza fine come quello del Monte dei Paschi di Siena, compreremo F35 che nemmeno gli americani vogliono, pagheremo stipendi a inetti amministratori locali pari al triplo di quanto guadagna in un anno la signora Angela?