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 2014  febbraio 27 Giovedì calendario

IN CINA È CORSA AL FIGLIO IDEALE

Nel continente asiatico la ma­ternità surrogata vede una va­rietà di situazioni, ma qui più che altrove la legge risulta quasi o­vunque restrittiva e ovunque risente fortemente di fede e cultura. In India il governo sta esaminando provvedi­menti legislativi per regolare un’indu­stria della fertilità di ampie dimensio­ni rivolta all’interno e all’estero. Giap­pone, Corea del Sud e Thailandia non hanno alcuna legge in proposito, anche se allo studio una qualche rego­lamentazione, Taiwan si interroga come mediare sen­sibilità, convenzio­ni, aspirazioni ri­guardo il fenome­no.
E la Cina, in rapida evoluzione demografica? La legge nel­la Repubblica popolare cinese proibi­sce il fenomeno, ma lascia di fatto le porte aperte sia alla disponibilità di donne cinesi come madri surrogate, sia alla ricerca di soluzioni alternative per proprie coppie che le cerchino al di fuori del paese. Molti osservatori ri­tengono che una maternità sostituti­va legalizzata nell’immenso paese a­siatico potrebbe portare a seri proble­mi etici, legali e sociali, ponendo in di­scussione l’etica dominante, con dan­ni psicologici anche per le madri sur­rogate e per i figli da essi nati. Non a caso, mentre in molte nazioni si ini­ziava a discutere di un fenomeno al­lora appena delineato, nel 2001 il mi­nistero della Sanità emetteva un rego­lamento dove si proibiva ogni pratica di maternità sostitutiva e che anche successivamente, non a caso con la collaborazione dell’Esercito popolare di liberazione, sono state lanciate campagne per eliminare un «proble­ma » cresciuto tra le pieghe di uno svi­luppo accelerato e di una rapida evo­luzione degli stili di vita.
Una situazione col­legata all’evoluzio­ne contemporanea delle problemati­che adottive e del­la politica del figlio unico, ma anche a un benessere più diffuso che ha ricollegato le classi vec­chie e nuove del paese alle loro anti­chi usi di concubinaggio e di figlio­lanza «ideale» al fine di perpetuare ge­nealogia e benessere del clan.
Come sottolineato da un funzionario del ministero della Sanità risponden­do alle domande dei giornalisti «il mi­nistero ha ordinato a tutte le istituzio­ni responsabili di indagare sui regola­menti in atto riguardo le tecnologie di riproduzione assistita e ha chiesto a tutti gli esperti di medicina, diritto, e­tica e sociologia di discutere della ma­ternità surrogata e delle questioni a essa connesse».
Il mercato della maternità resta ferti­le, in particolar nelle provincie meri­dionali. Le statistiche riferite alla me­galopoli di Shanghai mostrano che il numero annuo di bambini nati da fer­tilizzazioni in vitro ha superato i 20mi­la nel 2011, tuttavia gli ospedali non sono in grado di far fronte a tutte le ri­chieste e di conseguenza molte coppie ricorrono a pratiche illegali.
A sua volta, la richiesta ha contribui­to a incentivare un mercato sotterra­neo di donne disponibili a far cresce­re nel loro grembo figli per procura. Un fenomeno che si nota in partico­lare nelle città di Dongguan e Shenzhen, nella provincia meridiona­le del Guangdong, dove il costo com­plessivo per accedere a una maternità surrogata ha superato i 100mila euro. Di Guozeng, membro della China law society ricorda che questa pratica è del tutto fuorilegge. «Prendere in affitto l’utero di una donna o trarne da esso un profitto è immorale perché non si può fare commercio degli organi u­mani. Di conseguenza, non ha alcun rilievo se le parti coinvolte hanno una qualche forma di accordo. L’atto è il­legale e non sarà tutelato dalla legge». Una situazione che inoltre pone a ri­schio le madri e i figli, che non posso­no godere di alcuna tutela legale o me­dica.
Non solo. Ad esempio, chiede ancora Di: «Chi potrebbe essere legalmente definito genitore in queste situazio­ni?». Un elemento non secondario da­ta la tradizionale struttura confuciana ereditata dalla Cina contemporanea e ancora in buona parte accolta nella le­gislazione, con forte accento su ge­nealogia e eredità. Intanto i ricchi ci­nesi sterili guardano agli Usa. Non e­sistono dati ufficiali, ma si stima che il giro d’affari valga 120 milioni di dolla­ri. Crescenti benessere e sterilità nel­la patria di Mao e Confucio (ora ri­guarderebbe il 12,5% della popolazio­ne cinese in età fertile) proiettano que­ste cifre verso un’ulteriore crescita.