Giuseppe Remuzzi, Corriere della Sera 27/2/2014, 27 febbraio 2014
L’ESAME INUTILE CHE CI DICE SE SI MUORE IN 5 ANNI
«Hai giocato abbastanza, abbastanza hai mangiato e bevuto: è tempo che te ne vai». Così Orazio nelle Epistole. Da sempre l’uomo si interroga su quando dovrà morire. Allora il parametro era l’essersi divertiti, l’aver mangiato e bevuto: facili da misurare oltretutto. Oggi per sapere chi ha più probabilità di morire si possono misurare nel sangue proteine dell’infiammazione o livelli di zucchero che però danno indicazioni piuttosto generiche.
Con un lavoro appena pubblicato su Plos Medicine c’è un passo avanti. Per farlo si sono messi insieme ricercatori di mezzo mondo, dall’Estonia alla Finlandia, e poi quelli del Massachusetts Institute of Technology, del Children’s Hospital e dell’Università di Harvard a Boston e ancora del Wellcome Trust e della Scuola di Medicina di Bristol. Hanno studiato più di 17.000 persone, a tutte hanno fatto un prelievo di sangue per poi seguirle nel tempo. Con un sistema molto sofisticato, la spettrometria a risonanza magnetica nucleare, hanno analizzato contemporaneamente un gran numero di molecole con l’idea di trovarne qualcuna capace di prevedere chi di quelle persone che sembravano sane (ma che forse non lo erano) sarebbe morto anzitempo, nel giro di cinque anni. Alla fine di molecole capaci di prevedere chi sarebbe morto di cuore o di tumore ne hanno trovate almeno quattro, tre di loro già ben conosciute.
E allora cosa hanno fatto di nuovo quei ricercatori? Hanno dato un punteggio a ciascuna delle quattro molecole, dalla somma è venuto fuori un indice («score» dicono i medici): quanto più l’indice è alto tanto più si rischia di morire nel giro di pochi anni (chi quell’indice ce l’ha altissimo rischia 20 volte di più di chi ce l’ha basso o molto basso).
Uno dei parametri che partecipano a quello che già è stato chiamato «death test», il test della morte, insomma, è l’albumina. I suoi livelli nel sangue si alterano nelle malattie del fegato o del rene ma anche se c’è un cattivo stato di nutrizione o un’infiammazione cronica. Un altro parametro incriminato è il Vldl: sono lipoproteine a bassa densità che hanno a che fare con le malattie del cuore. Poi ci sono l’Alfa1 glicoproteina acida, che aumenta soprattutto nel cancro, e il citrato, importante per il metabolismo energetico. È chiaro che questi parametri si alterano in conseguenza di certe malattie che poi porteranno a morte, non sono loro causa.
Lo studio di Plos Medicine è di grande interesse speculativo ma non aggiunge molto a quello che sappiamo già. Per favore adesso non precipitatevi al laboratorio dell’Ospedale più vicino per farvi fare il test dei finlandesi e calcolare lo «score». Non ne vale la pena. Se fosse alto o altissimo non c’è molto che il vostro medico possa fare per proteggervi. Se poi lo «score» fosse basso si correrebbe il pericolo di sentirsi autorizzati a fare qualunque cosa «tanto nei prossimi cinque anni non muoio di sicuro». Non è così. Del resto a farci morire anzitempo sono fattori ben noti: fumo, sovrappeso, troppo alcol, poca attività fisica, una dieta senza frutta e verdura. Niente di originale, lo sanno tutti, ma quanti se ne preoccupano al punto da cambiare le loro abitudini?