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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

MODA, GRANDE ABBUFFATA STRANIERA


«In tempi di crisi chi ha i soldi e paga, ci tiene per i cosiddetti, e stringe». È stata questa, la battuta più ricorrente a Milano Moda Donna: la sei giorni di sfilate autunno inverno 2014/2015 terminata con la vendita di Krizia ai cinesi. Durante la kermesse, la Camera nazionale della moda ha previsto per il 2014 una ripresa del 5,4%, rispetto al 2013, per un fatturato di 62.478 milioni di Euro. L’export dovrebbe restare in crescita del 5,5% con un saldo di 47.586 milioni di Euro. Mentre, continua a soffrire il mercato interno che nei primi 10 mesi del 2013 è sceso del -2,3%. La percentuale si riduce ulteriormente al -3,1% per le calzature e la pelletteria di scena tra sabato e mercoledì prossimi a Rho-Pero con le fiere Micam e Mipel, affiancate da Mido per gli occhiali e Mifur per le pellicce. A trainare le esportazioni continuano ad essere i mercati extra Ue dell’Est. In particolare Hong Kong (+7,2%) e la Russia (+6,2%). Anche se arriva qualche timido segnale positivo dall’Europa, come la crescita dell’l,l% in Germania.

AVANZATA CINESE
Sta di fatto che la Cina alza sempre più la testa. È non solo come produttore/consumatore. Emblematico, il caso di Krizia che dopo 60 anni di attività finisce sotto il comando del gruppo Marisfrolg Fashion della miliardaria cinese Zhu Chongyun per una cifra che secondo indiscrezioni si aggirerebbe intorno ai 25 milioni di euro. Certo, la fondatrice Mariuccia Mandelli che non si è presentata all’ultima sfilata, ha 90 anni con tutti gli acciacchi che ne derivano. Ma il popolo della moda è rimasto comunque colpito da questa ennesima perdita del made in Italy che si aggiunge alle recenti cessioni di Loropiana al gruppo francese LVMH e del 51,3% di Poltrona Frau all’americana Haworth.
Pur di comprare il mega spazio che ha appena inaugurato nella galleria Vittorio Emanuele di Milano, Miuccia Prada avrebbe «pagato qualsiasi cifra». «Non avrei potuto sopportare – ha confessato la stilista – che l’ennesimo marchio francese aprisse di fronte alla boutique che ha fondato mio nonno».
Peraltro, quando un pezzo di Italia passa in mani straniere, si ha sempre il timore che finisca come Ferrè, acquistato dal Paris Group di Dubai e scomparso dal calendario delle sfilate, dopo la cessione del palazzo milanese in via Pontaccio al brand Kiton. Nei giorni scorsi Roberto Guarinoni della segreteria Filctem Cgil di Bologna ha parlato addirittura di «disinvestimento del gruppo arabo sulla griffe italiana», sinonimo di chiusura. Proprio, mentre il museo del tessuto di Prato celebra il genio dello stilista scomparso con la mostra «La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferrè». Nel frattempo si moltiplicano i rumors di partnership e vendite anche per Cavalli e Versace. Il primo ha smentito seccamente, tappando la bocca alle malelingue con uno show roboante lambito da vere fiamme, sotto il tendone di un circo.

CERCASI ITALIANO COMPRATORE
Ma è possibile che non esistano gruppi o stilisti nostrani disposti a rilevare i marchi storici del Bel Paese? Ormai in Italia, le imprese rimaste nelle mani degli italiani si contano sulla punta delle dita a partire da Missoni che ha appena compiuto 6 decenni di attività 1953/2013. Ma tant’è: i creatori che hanno tenuto duro sin qui, quasi rimpiangono di non aver ceduto ad offerte favolose. «Forse ho perso l’occasione della mia vita”, allarga le braccia Armani che disse «no» a Bernard Arnault: boss del gruppo francese LVMH, già detentore di Bulgari, Fendi e Pucci che ha appena investito sul giovane Marco De Vincenzo. «All’epoca, il ’99, era troppo presto – continua lo stilista – e non volevo sentirmi il fiato sul collo». Oggi però? La moda è un business globale in guerra mondiale tra Milano, Parigi, Londra e New York. Dunque, si generano fusioni nelle quali l’Italia sembra destinata a metterci solo la cultura, la storia, la tradizione. A tratti neanche quelle. Perché, il gruppo Aeffe (251 milioni di ricavi nel 2013) per rilanciare il marchio Moschino, ha scelto lo stilista americano Jeremy Scott. Il quale ha avuto l’intuizione di mettere in vendita on line dalla notte stessa dello show roboante, una serie di prodotti, cavalcando l’onda moderna dell’e commerce. Un trionfo. E tenetevi forti: tra un po’ arriveranno anche i manager orientali. Una delle più grandi maison starebbe per chiudere il suo rapporto con il presidente e la stilista. A sostituire il primo, un professionista asiatico per essere più in sintonia con i mercati che oggi contano di più nella moda.