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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

QUANDO IL FALSO È UN AFFARE DI FAMIGLIA


Al tempo del processo che nel 2011 li condannò a sei anni di prigione, la stima di ciò che i coniugi Helene e Wolfgang Beltracchi guadagnarono in trent’anni di onorata attività come falsificatori di opere d’arte ammontava a 34 milioni di euro.
«Non possediamo nulla che faccia pensare a quella cifra», è stata di recente la risposta a Zeit da parte di Wolfgang, ora in regime di semilibertà nei pressi di Colonia (la moglie ha già terminato di scontare la propria pena), «ce la siamo sempre spassata, non abbiamo messo nulla da parte. Non abbiamo mai desiderato una Ferrari o una grande barca. Per anni ci siamo limitati a piantare alberi e curare il giardino della nostra proprietà nel sud della Francia». Sui coniugi, protagonisti della più grande truffa in campo artistico nella storia criminale tedesca, si sono improvvisamente riaccesi i fari mediatici e al libro a firma di entrambi, appena uscito (Autoritratto, Rowohlt, p. 612), ne seguirà un altro a breve con le loro lettere dal carcere e infine un film-documentario realizzato dal figlio del loro avvocato difensore.
I quadri dipinti da Wolfgang e firmati come Max Ernst,Max Pechstein o Heinrich Campendock sono stati acquisiti dal Moma di New York, sono stati venduti per milioni di euro dalla maggiori case d’asta, sono stati certificati dai maggiori esperti mondiali d’arte. Tra questi Werner Spies, che un anno fa è stato è stato condannato in Francia per aver dichiarato vero un falso Ernst: «Se gli abbiamo rovinato la carriera? », sottolinea Wolfgang al proposito, «personalmente non l’ho mai conosciuto e comunque risponde lui di quello che ha fatto e tra l’altro nell’affare ha guadagnato molto bene ». Una lunga intervista, quella a Zeit, che rivela anche tutto l’orgoglio dell’artista «prestato » alle falsificazioni. «Mio marito era orgoglioso della qualità dei suoi quadri», ricorda Helene, «e gli fece molto piacere sentir dire alla vedova di Max Ernst che Foresta era il miglior quadro che suo marito avesse mai dipinto». «Non ho mai copiato », rimarca Wolfgang a difesa del proprio talento, «piuttosto ho cercato di volta in volta di perfezionare lo stile altrui. Non esistono originali che non siano influenzati da altre opere. Al di là del talento, c’è stata la fatica dello studio, l’apprendi mento dell’arte di realizzare antichi colori».
Altra accusa mossa ai Beltracchi (un cognome necessariamente italiano, secondo la stampa tedesca, quando si tratta di identificare un truffatore) è quella di aver falsificato anche la storia dell’arte. Molte delle opere dipinte da Wolfgang, infatti, riproducevano dipinti sottratti a proprietari ebrei durante il nazismo e andati perduti durante la guerra.
A rendere d’attualità la vicenda dei falsari tedeschi non sono solo i loro libri. È importante ricordare che nel corso del processo Wolfgang ha ammesso la falsificazione di soli pochi dipinti. Questo significa che a tutt’oggi non si sa quanti e quali falsi siano presenti in musei e raccolte, pubbliche e private di tutto il mondo. «Si è sempre scritto che il nostro è stato uno specifico caso tedesco», ricorda Helene al settimanale di Amburgo, «ma è una stupidaggine. Abbiamo condotto in tutti quegli anni una doppia vita. E quella “pubblica” era in un contesto internazionale, presso le grandi case d’asta, gli studi degli esperti. Non abbiamo mai venduto direttamente a privati, sempre e solo a intermediari, ma la maggior parte dei lavori di Wolfgang sono in Giappone, Francia, Usa, Inghilterra, altro che “caso tedesco”!». Il loro libro, Autoritratto, inteso come vademecum per ingannare (o per essere connivente con) il mondo dell’arte, è davvero sconcertante. La credulità di gallerie, musei e case d’asta sembra davvero inverosimile. È così imponente la loro ingordigia che le stime parlano di falsi per circa un terzo di ciò che viene trattato (dipinti, sculture e soprattutto incisioni), con un giro d’affari di almeno due miliardi di euro l’anno. Purtroppo, gli scandali alla Beltracchi, che pure periodicamente scoppiano, non hanno cambiato di molto la situazione: continuano ad apparire nuovi Giacometti, Picasso, Van Gogh, Dalì, per non parlare di Caravaggio, Raffaello. Fin troppo facile pensare che quello dei falsi, delle patacche, sia un’ineludibile richiesta del mercato.