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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

LA COPPA DEL MONDO E TUTTE LE ALTRE I TRIONFI SPORTIVI NASCONO A PADERNO


Hinterland di Milano. Al confine tra Paderno Dugnano e Cusano Milanino c’è un caseggiato rosso, cancellate anonime in basso e finestroni dozzinali in alto. Nessuno sospetterebbe che qui è nata la Coppa del Mondo: sì, proprio quella sollevata da Zoff nel 1982 e da Cannavaro nel 2006. È questa la sede della Gde Bertoni, una piccola officina alle porte della metropoli lombarda che, oltre al trofeo dei Mondiali, realizza pure quello che si assegna alla squadra vincitrice della Champions League, e poi l’Europa League, e la Supercoppa Europea. E molti altri trofei agognati da campioni e tifosi di tutto il mondo.

IL CREATORE GAZZANIGA
Era il 1970 quando la Coppa Rimet, la vecchia Coppa dei Mondiali, andò in pensione, perché il Brasile, dopo averla vinta per tre volte, si arrogò il diritto di tenerla con sé per sempre. Due anni dopo, la Fifa decise di bandire un concorso per la creazione di una nuova coppa. E, tra i 53 progetti arrivati da tutto il mondo, fu scelto il disegno del milanese Silvio Gazzaniga, allora direttore artistico della Bertoni. Insieme al suo staff, realizzò una coppa in oro a 18 carati e del peso di circa 6 chili. «Le linee sorgono dalla base, si elevano avvolgendosi a spirale e si chiudono per contenere il mondo. Dalla tensione dinamica del corpo compatto della scultura si delineano le figure di due atleti raffigurati nell’esaltazione della vittoria»: questa è la descrizione che lo stesso Gazzaniga fece della sua creazione. Al contrario della Rimet, nessuno la può possedere per sempre. Ma nel 2038 non ci sarà più spazio per incidere i nomi delle squadre vincitori: che cosa succederà? Per il momento nessuno ci ha ancora pensato.

DORATURA E LUCIDATURA
Quella coppa è dunque una sorta di reliquia: in pochi la possono toccare e prenderla tra le mani. Chi può? Chi la vince, innanzitutto. E poi i dirigenti e i delegati Fifa. E ancora chi si occupa della sua manutenzione. Cioè la decina di operai che lavora proprio alla Bertoni. Il trofeo, infatti, torna a Paderno Dugnano prima dell’inizio dei Mondiali: solitamente c’è la base di malachite da consolidare, oppure la doratura da lucidare. Manutenzione, per l’appunto. Quindi torna nella sede della Fifa a Ginevra, da dove si sposta nell’imminenza dell’inizio della competizione, tra cerimonie e tour. Al momento della premiazione viene sollevata dai campioni del mondo, ma poi fa ritorno in Svizzera: ai vincitori viene invece consegnata una copia in metallo dorato, anche questa prodotta dalla Bertoni.

VIETATO RIPRODURLE
L’azienda è diretta dalla poco più che trentenne Valentina Losa, che ha ereditato il fiore all’occhiello della famiglia. Restando sul calcio la Bertoni, come detto, realizza anche i trofei delle più importanti competizioni calcistiche europee (la Coppa Uefa e la Supercoppa sono anch’esse creazioni di Gazzaniga, mentre la Champions è opera di un orafo svizzero). La collaborazione con la Uefa è nata nella metà degli anni Settanta, cioè subito dopo la vittoria dell’appalto per la produzione della Coppa del Mondo. E poi però ci sono pure i trofei “minori”, come la Coppa d’Africa, quella d’Austria e un’infinità di altre coppe in palio in tornei e campionati del mondo arabo (dove vanno forte pure i distintivi militari), le cui richieste rappresentano addirittura metà dell’intero fatturato dell’azienda. E sempre alla Berloni nascono pure le coppe del mondo di lotta, baseball, pallavolo. «Seguiamo tutto noi, dal disegno alla spedizione » racconta Losa. «I nostri prodotti vengono lavorati tutti a mano ed escono senza il minimo difetto: questa è la nostra forza».
Non provate però a telefonare e chiedere una riproduzione della coppa del mondo: non è possibile. «Alcuni calciatori ce l’hanno chiesta, ma la Fifa ultimamente non dà più il permesso». È infatti necessaria la sua autorizzazione per realizzare una copia della trofeo. Questo perché la Bertoni non è proprietaria dei diritti di sfruttamento della coppa, ma ne è solo un licenziatario: è la Fifa a detenerne tutti i diritti, che possono poi essere eventualmente rivenduti agli sponsor. Insomma, per possedere quel trofeo bisogna vincerlo sul campo. E se in Brasile non sarà la nostra Nazionale ad aggiudicarselo, pazienza: pensate che ad essere portato in trionfo è comunque un pezzo d’Italia.