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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

CACCIA AI RISPARMI – [BOT, FONDI, AZIONI: I RENZIANI VOGLIONO 7 MILIARDI]


Una bilancia: da una parte le tasse sul lavoro, dall’altra quelle sui titoli di Stato. Ma anche sulla previdenza. Annunciata (domenica in diretta tv), sterzata (con una nota di Palazzo Chigi), risbocciata (ieri dal responsabile economico del Pd, Taddei), la tassazione dei Bot (e titoli vari), si ripresenta. Ma il disegno generale è ben più complesso e articolato. L’obietti vo è di un taglio del 10% dell’Irap alle imprese (2,3 miliardi), a cui aggiungere altri 5 miliardi a favore dei lavoratori. Così su uno stipendio mensile di 1.600 euro netti si potranno avere circa 50 euro netti in più in busta paga al mese, 500-600 all’anno.
Non si cercano solo i famosi 10 miliardi che servono per abbattere il cuneo fiscale (Renzi si è corretto in corsa: non 10%, ma parlava di 10 miliardi), sul costo del lavoro, ma si vuole anche mettere in piedi un sistema diverso che comprenda la tassazione sulle speculazioni, quella sulle rendite e sugli investimenti previdenziali (anche integrativi).
Si vuole implementare, secondo fonti vicine al dossier Risparmio & Previdenza, una complessiva rimodulazione della tassazione degli investimenti finanziari (distinguendo il fine: speculativo e non), e di quelli previdenziali (primo e secondo pilastro). Una rimodulazione che porterà a pescare soprattutto dalle tasche di chi effetua le operazioni speculative (tipo intraday), e, al contempo, a calmierare i prelievi fiscali oggi applicati sulla previdenza di base (tassata al 20%) e su quella integrativa (all’11,5%).
Obiettivo? Portare in cassa a stretto giro (12 mesi) un budget di 5/7 miliardi, tenendo anche conto, nell’applicazione e rimodulazione delle nuove aliquote fiscali, della durata dell’investimento (scadenza), del tipo di sottoscrittore (cassettista, fondo previdenziale o speculatore), in funzione proprio del fine ultimo dell’investimento. Non è escluso, dalle simulazioni in mano a Renzi, anche un intervento per il rilancio della previdenza integrativa (oggi solo il 25% dei lavoratori ha una seconda pensione), abbattendo anche l’aliquota minima (che oggi può scendere fino al 9% dopo decenni di adesione), proprio per favorire un welfare privato che non costringa lo Stato a ripianare il deficit (come con l’Inps che naviga con un rosso di oltre 12 miliardi l’anno). Ipotesi che fa sorridere i gestori di fondi e banche.
L’Italia oggi è l’unico Paese dell’Ue dove gli enti previdenziali pagano un doppio balzello che tocca sia la pensione erogata sia i rendimenti dei patrimoni accantonati. Una doppia imposizione che erode pesantemente il “teso retto” messo da parte faticosamente dai singoli lavoratori.
Per il momento il dibattito politico sulla “tassazione dei Bot”, non ha avuto contraccolpi. Ieri la prima delle tre aste di questa settimana per complessivi 20 miliardi è andata bene (il Tesoro ha venduto tutti i 2,5 miliardi di euro di Ctz 12/2015 al minimo storico dello 0,822% e un miliardo di Btp con tasso all’1,20%). A normativa fiscale corrente (portando la tassazione dall’attuale 12,5% all’ipotizzato 20%), il gettito fiscale sarebbe limitato (da 500 milioni a circa 1,5 miliardi). Diverso il discorso se si applicasse un ventaglio di aliquote a seconda della finalità, della durata e dell’operato re (famiglia o professionale). Al Tesoro sono ben consapevoli che ci si muove in una cristalleria. Un aumento della tassazione sui titoli di Stato «avrebbe un impatto sui piccoli risparmiatori», ha spiegato l’altro ieri il direttore generale del Tesoro Maria Cannata, che ha proprio la responsabilità di piazzare il debito pubblico.
Il prudente ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha il suo bel da fare per contenere, smorzare, rintuzzare ipotesi fantasiose e insostenibili (finanziariamente). Per il momento l’ex capoeconomista dell’Ocse parla quasi a monosillabi, facendo da contraltare ai tanti che si lasciano andare: «Il meccanismo lo dobbiamo ancora precisare», risponde telegrafico Padoan ai giornalisti che chiedevano lumi, ad esempio, sul saldo dei debiti della Pa (50 miliardi).
Chi è più loquace sulla nuova tassazione dei Bot è invece il responsabile economico del Partito democratico: «L’ipotesi che stiamo valutando in questo momento », spiegava ieri Taddei intervistato da Radio Popolare, «è se vale la pena tenere una tassazione differente per i titoli di Stato e gli investimenti che non siano titoli di Stato, attualmente sono tassati i primi al 12,5% gli altri al 20%». E qui scatta “la bilancia”, lo scambio tra investimenti e lavoro: «Noi», spiega Taddei, «dobbiamo spiegare a questo Paese che, se uno compra dei Bot, viene tassato al 12,5%, mentre, se uno va a lavorare, viene tassato almeno al 23%. Noi abbiamo una difficoltà a spiegare questo al Paese nel momento in cui la gente vive del proprio lavoro e fatica a vivere del proprio lavoro». Quanto alla futura “rimodulazione a ventaglio” arriva la prima conferma che si intende salvare «quella parte del risparmio previdenziale, sul quale vorremmo operare una riduzione della tassazione. Stiamo valutando», anticipa Taddei, «un’ipotesi di riduzione sul fronte del risparmio previdenziale e di uniformare per quello che riguarda l’aliquota su altro tipo di investimenti».