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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

UN NEW DEAL PER L’ITALIA CON QUALI MEZZI E STRUMENTI


Credo che una scossa potente alla nostra economia da parte di Renzi sia strettamente necessaria. Negli Usa, dopo il crash del 1929, Roosevelt lanciò il New Deal con grandi investimenti in infrastrutture ed elettrificazione a spese dello Stato. L’Italia potrebbe fare una cosa simile: grandi opere contro il dissesto idrogeologico e aggiornamenti antisismici a scuole e opere pubbliche, reti 4G e fibra ottica contro il digital divide. Tutti gli operai e impiegati in cassa integrazione vi parteciperebbero, nelle loro capacità, ricevendo uno stipendio pieno anziché un sussidio. Chi rifiuta non riceve più il sussidio. Che ne pensa? L’Italia spende un po’ di più ma risparmia la cassa integrazione ed i drammatici e costosissimi danni di alluvioni e terremoti.
Bruno Coen Sacerdotti
bridgebs@tin.it

Caro Coen Sacerdotti,
Il New Deal fu una somma di interventi statali in due grandi settori direttamente collegati: quello delle opere pubbliche e quello dell’assistenza sociale per fronteggiare la grande disoccupazione provocata dalla crisi. Ma le condizioni erano alquanto diverse da quelle dei nostri giorni. Le economie nazionali stavano divenendo sempre più protezioniste e il Congresso degli Stati Uniti, nonostante le originarie intenzioni di Roosevelt, approvò spese che superavano considerevolmente le disponibilità del bilancio. Il «deficit spending», teorizzato da Keynes, divenne da quel momento l’imprescindibile condizione del grande piano americano per uscire dalla crisi. Oggi nessun membro dell’Unione Europea può ricorrere alle tariffe doganali per proteggere il proprio mercato e quasi tutti i suoi membri hanno firmato un «Patto fiscale» che li impegna al pareggio del bilancio.
Questo non significa tuttavia che i progetti da lei descritti siano impossibili. Per le grandi opere infrastrutturali e altre iniziative utili alle economie nazionali esistono i fondi europei. Se lei visiterà un sito (opencoesione.gov.it), creato per iniziativa di Fabrizio Barca, già ministro della Coesione territoriale nel governo di Mario Monti, scoprirà che la somma a disposizione dell’Italia per il periodo 2007-2013 era di 99,286 miliardi di euro. I finanziamenti monitorati, vale a dire impegnati per un particolare progetto, rappresentano 66,7 miliardi e quelli giù pagati ammontano a 25,9 miliardi. Vi sono stati progressi rispetto ad anni durante i quali l’Italia non riusciva a utilizzare la maggiore parte della propria somma, ma i progetti non ancora pagati sono 723.354. In altre parole stiamo spezzando la torta in una moltitudine di briciole che serviranno purtroppo, in molti casi, alle esigenze clientelari ed elettorali di uomini politici e amministratori locali. Non è questo il modo migliore per spendere le somme considerevoli che l’Europa mette a nostra disposizione.
In una intervista dello scorso novembre a Alan Friedman per il Corriere della Sera , Matteo Renzi, ha suggerito, a titolo di esempio, un progetto che questo denaro renderebbe possibile: un piano agricolo e industriale per il risanamento economico e ambientale della «terra dei fuochi», una iniziativa che avrebbe il merito di dare contemporaneamente prosperità alla zona, incentivare l’agricoltura e infliggere un duro colpo alla criminalità organizzata. Oggi, da Palazzo Chigi, Renzi ha la possibilità di realizzare questo piano e a noi piacerebbe vederlo in cima alla sua agenda politica.