Laura Anello, La Stampa 26/2/2014, 26 febbraio 2014
IO, SEQUESTRATO PER 2 ANNI DA UNA FINTA SCORTA ANTIMAFIA
«Per due anni, con mia figlia, ho fatto come Benigni ne “La vita è bella”. Ho inventato per lei un personaggio, il Signore del Tempo, che ci imponeva di stare sempre a casa e che qualche volta ci concedeva una boccata d’aria». Patrizia Trovato lo racconta con gli occhi asciutti, la schiena dritta d’orgoglio e un sorriso di pietra.
Per due anni, dal 2004 al 2006, è stata tenuta sotto sequestro insieme con il marito Vincenzo Balli e la figlioletta, ha indossato giubbotti antiproiettili, è scappata in piena notte verso località segrete, è stata seguita passo passo da una finta scorta di carabinieri. Per due anni ha pianto per la morte di militari di scorta che non erano morti e non erano militari. Per due anni ha perso i contatti con il mondo, la madre, la sorella, gli amici «perché ci consentivano pochi minuti di telefonate alla settimana, per il resto non potevamo né chiamare né rispondere».
Tutto organizzato, secondo il giudice monocratico di Palermo Patrizia Ferro - che lo ha condannato a sei anni di carcere per sequestro di persona e truffa - da un manager di spettacoli e regista agrigentino che si chiama Mario Musotto, 41 anni, uno che sbandiera vessilli antimafiosi e che firma documentari contro Cosa Nostra.
«Siamo entrati in società - racconta Vincenzo Balli, che faceva l’organizzatore di concerti - quando nel 2000 si è passati dal biglietto punzonato a quello elettronico acquistabile on line. Ci rivolgemmo a grosse società del Nord Italia, il software di gestione telematica costava molto. Musotto mi disse di avere trovato un informatico agrigentino, Alfredo Silvano, in grado di fare il lavoro con una spesa molto più contenuta». Così nasce la loro società, la World Ticket. «Ma così nasce anche un’amicizia», raccontano nello studio dell’avvocato Mario Bellavista, che li ha assistiti con il gratuito patrocinio, loro che erano benestanti e poi - raccontano - hanno dovuto elemosinare i sacchetti della spesa dagli amici.
«Tra un pranzo, una cena, una chiacchiera - ricordano - Musotto comincia a raccontarci che, durante il suo servizio militare nei carabinieri, è stato infiltrato in una cosca mafiosa. Ci mostra gli articoli di giornale di quella retata che era avvenuta nel 1995 nel paese di Cianciana, guidata da un maresciallo, Vincenzo Quarta. Qualche volta la butta lì: appena questi escono di galera, me la fanno pagare». Finché qualche mese dopo li chiama con voce allarmata: «Sono venuti qui, nella nostra sede di Agrigento, sono liberi». Poche ore dopo si precipita a casa loro, sudato, in lacrime: «Che fate, mi abbandonate di fronte alla mafia?». «No che non ti abbandoniamo, se vogliono ammazzare te, ne ammazzeranno tre». Da qui il precipizio in un pozzo che dà le vertigini e che, secondo l’avvocato Bellavista, «manda in fumo qualcosa come 350 mila euro risucchiati dai conti di una società che Balli non può più governare e versati da Balli per aiutare l’amico». «Musotto - raccontano le vittime - ci racconta di avere chiesto aiuto al maresciallo Quarta, il suo ex capo. Ci dice che quello ha messo su una squadra di protezione per la sua tutela. In breve la protezione viene estesa anche a noi. Finiamo segregati in casa, sotto la scorta di tre finti militari che stazionano sul tetto del nostro attico: dicono di essere Vincenzo Quarta, Antonio Radolfi e un tale Flavio, che poi ci raccontano essere stato ucciso tra torture atroci, un dolore immenso. Diventano il nostro unico tramite col mondo attraverso mail criptate».
A leggerle, prima viene da ridere («La capra si manda i fiori da sola», è la password) e poi da piangere, piene zeppe di errori di ortografia, di retorica antimafia e di prescrizioni crudeli: per la bimba solo la concessione dell’asilo: non un compleanno, non una festa, non una passeggiata. Mamma, perché?». «Lo ha deciso il Signore del Tempo, tesoro». Finché la scorta sparisce e loro restano soli e terrorizzati. «Musotto ci dice che l’Arma ci ha barattato in cambio della liberazione del maresciallo Quarta, che era stato preso dalla mafia - dice Balli - Corro alla caserma dei carabinieri vicino a casa, protesto, loro cadono dalle nuvole. Chiedo di Quarta, mi dicono che è in servizio a piazza Armerina, vicino a Enna. Ci vado, gli butto le braccia al collo, gli dico: Vincenzo, ma com’è che ci avete abbandonato? E quello mi guarda allibito: ma lei chi è? Io non la conosco».