Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore 26/2/2014, 26 febbraio 2014
LA LEGGE ELETTORALE? «VALE» 40 PUNTI DI SPREAD
D’accordo, lo spread BTp-Bund da qualche mese ormai non monopolizza più le aperture dei telegiornali come qualche tempo fa, a volte fa fatica pure a trovare spazio sulla carta stampata. E non appare neppure (per fortuna) così tanto collegato alle turbolente vicende politiche italiane come nel 2011 o soltanto un anno fa all’indomani delle elezioni: merito soprattutto dell’atteggiamento benevolo del mercato e degli interventi della Bce guidata da Mario Draghi.
Eppure quel numeretto che ci ha tanto spaventato in un passato non poi così lontano una certa importanza continua ancora ad averla. Non fosse altro perché offre con buona approssimazione un’idea degli oneri futuri che il Tesoro dovrà sostenere per rinnovare un debito superiore ai 2mila miliardi di euro. La recente riduzione del divario fra Italia e Germania si è infatti accompagnata anche a un sensibile calo dei tassi italiani: ieri un BTp decennale rendeva per esempio il 3,60%, contro il 4,30% medio del 2013 e su altre parti della curva l’effetto è stato ancora più rilevante.
Se solo un simile miglioramento venisse confermato nei prossimi mesi e se si considera che quest’anno lo Stato dovrebbe emettere complessivamente titoli a medio-lungo termine (cioè di durata oltre i 12 mesi) per un ammontare vicino ai 260 miliardi di euro (45 miliardi in realtà li ha già collocati) si può appunto stimare per gli anni a venire un «risparmio» in termini di spesa per interessi di circa 2,2 miliardi rispetto a quanto sborsato nel 2013 dal Tesoro. Un bel gruzzolo, quindi, che vale per esempio gran parte dei 3 miliardi di risparmi ottenibili quest’anno con la «spending review», oppure in linea con gli ipotetici proventi di un eventuale (e contestato) aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 25% che la Cgil stima attorno ai 2,5 miliardi.
Anche per questo, dunque, è quantomai opportuno continuare a seguire le evoluzioni dello spread, ipotizzando possibili scenari futuri in relazione alle sorti del nuovo Governo guidato da Matteo Renzi. Finora gli investitori hanno voluto dare credito all’ex-sindaco di Firenze. L’asta del Tesoro di ieri, piovuta giusto in mezzo ai voti di fiducia nei due rami del Parlamento, ne è un esempio evidente. Oggi con i BoT e soprattutto domani con i BTp la tendenza favorevole potrebbe proseguire, quantomeno perché il contesto sui mercati resta positivo e perché nell’immediato si tenderà a concedere fiducia a Renzi.
Col tempo però il mondo finanziario (soprattutto quello internazionale) chiederà anche risultati, e allora la tregua potrebbe anche interrompersi. Barclays ha provato a immaginare scenari differenti sullo spread in base ai futuri successi (o fallimenti) del nuovo Governo. E se nel breve termine la Bce e il suo atteggiamento espansivo garantiscono tutto sommato il mantenimento del rendimento del BTp decennale in un intervallo abbastanza ristretto (3,60-3,80%), con uno spread sulla Germania possibilmente in discesa fino a quota 180 (e un distacco dalla Spagna di 10-15 punti base), a lungo andare sarà ovviamente cruciale portare a termine le riforme promesse, quella elettorale soprattutto perché garantirebbe stabilità nel malaugurato caso di elezioni anticipate.
Un successo su questo versante verrebbe ovviamente salutato con favore dal mercato e proietterebbe, secondo Barclays, in alto i titoli di Stato italiani fino a farli sovraperformare quelli spagnoli e soprattutto a ridurre il distacco nei confronti della Germania a 150 punti, livelli che non si vedono dal maggio 2011. Anche perché le agenzie di rating potrebbero rivedere positivamente il giudizio sul nostro Paese fornendo così ulteriore spinta. Viceversa l’assenza di progressi significativi sull’approvazione della nuova legge elettorale e sul cammino delle riforme riporterebbe sotto tiro i BTp fino ad allargare di nuovo lo spread sul Bund a 200-210 punti base, mentre lo scenario per certi versi peggiore, con un fallimento precoce del Governo Renzi che comportasse un ritorno alle urne con la vecchia legge elettorale scatenerebbe reazioni ben peggiori fra gli investitori. Niente di irreparabile e di simile a quanto sperimentato nell’autunno caldo del 2011, probabilmente, in ogni caso uno scenario da evitare se non si vuole abusare della pazienza dei mercati.
m.cellino@ilsole24ore.com