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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

UN MESE A GUARDARE LA TV DEL CONGO E... SENTIRSI A CASA


Per ragioni non rilevanti in questa sede, mi sono abbonato alla televisione del Congo. Il che significa che quasi ogni sera, alle otto, sfido le proteste accorate dei familiari per sintonizzarmi sul telegiornale della RTNC, la televisione di Stato della Repubblica Democratica del Congo, ex colonia belga (da non confondere con Telecongo, pur pregevole emittente della Repubblica del Congo, ex colonia francese situata al di là del fiume).
Ora, come molti sanno, il Congo è un posto interessante. Grande quanto l’Europa continentale, con una popolazione di 75 milioni di abitanti, è stato – ed è in parte tuttora – il teatro del più violento conflitto armato dai tempi della rivoluzione cinese: 5,4 milioni di morti dal 1998 a oggi. Qui, non a caso, Joseph Conrad ha ambientato il suo Cuore di tenebra e qui si continua a combattere e a morire per alcuni tra i più ricchi giacimenti di diamanti, di coltan, di rame del pianeta. Di tutto questo, però, non c’è traccia nei telegiornali della RTNC. Così come è completamente assente dagli schermi ogni riferimento all’attualità internazionale. Negli ultimi mesi non ricordo di aver visto un solo servizio consacrato alla crisi argentina, alla guerra in Siria o a un qualsiasi avvenimento di rilevanza globale.
Di che cosa parla, allora, il telegiornale del Congo? Di politica interna. O meglio, delle riunioni, delle dichiarazioni e degli spostamenti dei politici. Chiaramente, essendo il Congo – come tutti gli Stati che si autodefiniscono democratici – una rigogliosa dittatura, la copertura si limita agli esponenti del Governo.
Ciò che sacrifica in termini di apertura, però, il tg del Congo recupera in puntigliosità. Non c’è sottosegretario del Governo di Augustin Malata Ponyo le cui gesta non vengano cantate dal tg con la generosa eloquenza di un bardo medievale. In pratica, ogni giorno, la scaletta del tg si sviluppa lungo una traiettoria prestabilita. Si parte dal presidente, Joseph Kabila Kabange: se ha aperto bocca quel giorno, le sue dichiarazioni, per quanto succinte o banali, vengono analizzate in ogni minimo dettaglio e occupano per lo meno i primi dieci minuti del tg. Ma il presidente non parla tutti i giorni. Motivo per il quale il tg si apre in genere con una riunione presieduta dal primo ministro o da uno dei suoi due vice. Seguono, in un crescendo trionfale, servizi sulle attività quotidiane dei vertici della Camera, del Senato e delle forze armate, di ciascuno dei trentasei ministri che compongono il Governo della Repubblica Democratica del Congo, dei governatori delle province, dei presidenti delle innumerevoli commissioni dalle sigle incomprensibili. In sostanza, l’intero telegiornale consiste in una sequenza ininterrotta di riunioni, convegni, di firme di protocolli, di inaugurazioni pubbliche: il tutto sulla base di una gerarchia rigidamente prestabilita.
Propaganda, si dirà. Certo, ma non è solo questo. Come propaganda, infatti, il telegiornale della RTNC vale poco. Essendo noiosissimo, scoraggerebbe anche il più zelante sostenitore del regime. La verità è che i tg della televisione congolese sono costruiti per compiacere la vanità dei governanti (che gradiscono vedere i loro faccioni sul piccolo schermo quanto più spesso possibile), anziché per offrire un servizio al pubblico. A prescindere dalle cause, il risultato è che, in Congo, la sovraesposizione mediatica della politica occulta tutti i temi realmente importanti. In pratica, i tg avrebbero moltissimo da raccontare, ma scelgono di focalizzare tutta l’attenzione solo sui rituali della politica che, lì come altrove, sono in larghissima misura disconnessi dalla realtà. La conseguenza è che i congolesi conoscono il volto anche dell’ultimo “peone” del Parlamento di Kinshasa, ma restano all’oscuro delle questioni che contano davvero, e che rischiano di influenzare il loro futuro.
Perché ho scelto di raccontare questa storia su un mensile italiano? Boh, vedete un po’ voi.