Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

Un’altra vittima del sogno estremo di volare senza ali In Svizzera: il lancio da un elicottero a 4000 metri Il corpo sotto la neve sarà recuperato in estate Andrea Chatrian Doveva essere una cavalcata nei cieli di Bagnes, per sfiorare le Alpi svizzere e godere della scarica di adrenalina che solo il «wingsuit» (la tuta alare) sa dare

Un’altra vittima del sogno estremo di volare senza ali In Svizzera: il lancio da un elicottero a 4000 metri Il corpo sotto la neve sarà recuperato in estate Andrea Chatrian Doveva essere una cavalcata nei cieli di Bagnes, per sfiorare le Alpi svizzere e godere della scarica di adrenalina che solo il «wingsuit» (la tuta alare) sa dare. Invece è finita con lo schianto dentro una gola stretta del Piccolo Combin. La morte e poi la sepoltura sotto una spessa coltre di neve. Così ha perso la vita nel pomeriggio di domenica un ragazzo di 33 anni di Neuchâtel, vittima di un incidente che ora la polizia cantonale sta cercando di ricostruire. Il giovane poco dopo le 14 si era lanciato da un elicottero a 4000 metri di quota. Era con un compagno di avventure, e il loro piano di volo prevedeva di atterrare nella zona di Bourg-Saint-Pierre, l’ultimo paesino prima del confine con l’Italia. Ma solo uno è arrivato a destinazione. E dopo aver toccato terra e non aver visto arrivare l’amico, ha dato l’allarme. Le guide alpine di Air Glacier hanno subito raggiunto la zona dell’incidente e cominciato le ricerche. Il corpo del ragazzo è stato individuato sul ghiacciaio Pendant, a 3000 metri di quota sul Piccolo Combin, ma poco dopo l’avvistamento una valanga si è staccata inghiottendo il cadavere dello skydiver. Ieri gli esperti hanno fatto un nuovo sopralluogo, ma recuperare il corpo è impossibile. Per ora. «È un posto troppo pericoloso da raggiungere - dice il portavoce della polizia, Markus Rieder -. Tutto quello che possiamo fare è tenere d’occhio la zona e procedere al recupero in estate», quando la neve si sarà assottigliata. Gli agenti intanto cercano di capire cosa sia successo. «Non possiamo dire nulla - dice Rieder - c’è un’inchiesta aperta. Stiamo cercando di scoprire se qualcuno abbia visto qualcosa». [a. ch.] *** Chi non ha mai sognato di volare senza il bozzolo metallico di un aereo o un elicottero? La tuta alare è quanto di più vicino ci sia a rendere l’uomo in grado di domare la forza di gravità, per addolcirla fino a trasformare quella che sarebbe una caduta verticale in una cavalcata dell’aria. Breve - tre minuti o poco più per scivolare da 4000 metri - ma intensa come poco altro. Icaro hi-tech. Di questi proiettili umani - in genere - si parla solo dopo le tragedie. È un mondo ristretto che ha regole precise dove poco o niente viene lasciato al caso. Ma come in tutte le attività ad alto tasso di adrenalina, i problemi sono in agguato e gli errori non concedono una seconda occasione. Il wingsuit è una specialità del paracadutismo che ha fatto proseliti nel mondo del Base Jumping. Lì, nel Base, non si salta da un aereo, ma da «strutture», cioè edifici, antenne, ponti o vette di montagne. Con la tuta alare - dove il tessuto tecnico serve ad aumentare la superficie del corpo - non si scherza. Tomas Busca ha 34 anni e vive a Gressoney-St-Jean. Ha una grande passione per il paracadutismo e, da tre anni, si lancia con la tuta. L’ha fatto più di 200 volte, con tute sempre più grandi e quindi difficili da manovrare. «Ci vuole una lunga esperienza prima di usarla, è un percorso graduale» dice. Non basta vedere i video su YouTube o EpicTv. «Bisogna aver fatto tra i 300 e i 400 lanci “normali”». Servono ad affinare sensazioni e tecnica perché l’errore non è ammesso: si viaggia a 200 all’ora. Solo l’estate scorsa su tutto l’arco alpino in 22 sono morti facendo salti (Base o no). Uno di loro era James Bond: Mark Sutton, inglese di 42 anni, aveva vestito i panni dell’agente segreto più famoso del mondo durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra, quando si lanciò con il paracadute assieme a un collega che impersonava la Regina Elisabetta II. Un salto con il paracadute si è preso anche l’uomo inventò la tuta, il mitico Patrick de Gayardon. Era il 31 ottobre 1997 e il francese cambiò tutto saltando da un elicottero a 6000 metri, nella zona del Monte Bianco e riuscendo per la prima volta a ottenere un avanzamento superiore al tasso di caduta. Le Alpi sono state teatro di grandi imprese con la tuta. Come quella dello svizzero Remo Läng, che nel 2012 da Verbier arrivò ad Aosta: in 7 minuti, lanciatosi da 8000 metri, fece 26 chilometri. «Il nostro - dice Busca - è uno sport sicuro. Meno pericoloso che fare Base con la tuta. Lì il rischio aumenta in modo esponenziale». Se ti lanci da 4000 metri hai il tempo per provare a recuperare una situazione storta, se lo fai da 200 è difficile. Su Internet ci sono forum specializzati che tengono una contabilità delle vittime del Base, una Spoon River digitale di chi è rimasto vittima del brivido. Volare dà sensazioni indimenticabili, e per qualcuno resistere all’estremo è difficile. Così c’è chi (Espen Fades, Jokke Sommer e Ludovic Woerth) ha deciso di lanciarsi da un elicottero e passare planando sotto la passerella dell’Aiguille du Midi. Filmando tutto. Lo sport sta diventando moda e Chamonix ha già dovuto farci i conti. Nel 2012, dopo l’ennesimo incidente, il sindaco Eric Fournier decise di vietarne la pratica. Che non ha ancora varcato i confini del Bianco. «Noi non abbiamo ancora avuto problemi - dice il sindaco di Courmayeur Fabrizia Derriard -. Non è un’urgenza, ma lo sarà. È solo questione di tempo».