Umberto De Giovannangeli, L’Unità 25/2/2014, 25 febbraio 2014
BANDIERE RUSSE IN CRIMEA, LA TENTAZIONE DI ANDARE A EST
Hanno manifestato con indosso le divise dell’Armata Rossa. Hanno denunciato «il golpe a Kiev» condotto da «fascisti che vogliono privare i russi dei diritti e della cittadinanza». Hanno sventolato bandiere ucraine, russe e della flotta del Mar Nero. Lingua, identità, storia, interessi geopolitica e militari. Un mix esplosivo. Lo spettro della secessione aleggia in Crimea. A darne conto sono le centinaia di ucraini russofoni che si stanno arruolando nelle «brigate popolari» della Crimea per difendere la Repubblica autonoma «se necessario». Lo riferisce il corrispondente del Wall Street Journal da Simferopol, la capitale della Repubblica autonoma, mostrando foto delle code dei volontari ai banchi per l’arruolamento.
TRINCEA ARMATA
A Sebastopoli la base navale ospita circa il 70% della flotta russa del Mar Nero (il resto delle unità sono stazionate nel porto russo di Novorossiysk che nel 2020 si prepara ad accogliere gran parte della flotta). L’affitto della base è stato rinnovato fino al 2042 in cambio di condizioni più favorevoli nei pagamenti energetici alla Russia. È solo una parte del problema Crimea, che non è esclusivamente internazionale, non si risolve unicamente tra Mosca e Kiev, ma ha anche risvolti di tipo interno perché nella regione esiste effettivamente un separatismo locale che reclama l’annessione a Mosca oppure un’autonomia molto più ampia. Un’autonomia che ora potrebbe sfociare in secessione. «Tutto fa pensare che si vada in questa direzione», dichiara il presidente della Rada della penisola, Vladimir Kostantinov, citato dall’agenzia di stampa Intarfax, riproponendo così di fatto uno scenario di indipendenza in stile «Ossezia del sud».
La Crimea è la regione più russa dell’Ucraina. Il 58% della sua popolazione è di etnia russa, il 24% ucraina e il 12% tartara. Inoltre, il russo è considerato la lingua madre da tre quarti dei suoi abitanti, mentre l’ucraino solo da un decimo. Secondo le stime ufficiali dell’istituto internazionale di sociologia di Kiev, il 97% degli abitanti usa la lingua russa per comunicare. Il quadro etnico-linguistico si rispecchia nell’assemblea locale, dove il Partito delle Regioni del presidente defenestrato Viktor Yanukovich controlla 80 seggi su 100. D’altro canto, i movimenti separatisti e filorussi dovettero accettare la nuova Costituzione che nel 1996 regolò i rapporti tra Kiev e la penisola diventata ucraina solo nel 1954 per volere di Nikita Krushev, lasciando una certa autonomia a Sebastopoli. Oggi, però, diverse organizzazioni attive in Crimea hanno proposto di formare uno Stato federativo denominato Malorossiya (Piccola Russia, come ai tempi degli zar) in Ucraina centrale e sudorientale.
«PICCOLA RUSSIA»
Due sono le missioni della Flotta russa: difendere il Mar Nero, e con esso i confini meridionali della Russia. E tutelare gli interessi nazionali nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. L’accesso al Mediterraneo concordano esperti di geopolitica e studiosi di strategie militari risponde a due bisogni fondamentali per la Russia. In primo luogo vi è una ragione di ordine commerciale: le acque dei porti del Baltico e del Mar Bianco nei mesi invernali congelano, impedendo così l’attracco alle navi; la seconda ragione è invece di ordine militare, l’aumento continuo dell’importanza della Russia nel contesto internazionale la obbliga ad incrementare la propria capacità di proiezione verso l’estero e la flotta del Mar Nero costituisce un fondamentale tassello di questa capacità. Ed è per questo che non vanno sottovalutate le parole del premier della Federazione Russa, Dimitri Medvedev: «La situazione – avverte Medvedev –rappresenta una minaccia per i nostri interessi».