Anna Zafesova, La Stampa 25/2/2014, 25 febbraio 2014
GAS, AFFARI E TRADIMENTI MAIDAN NON SI FIDA PIÙ DELL’EROINA “ARANCIONE”
La mitica treccia bionda appiccicata sui capelli ormai ridiventati scuri dopo mesi di carcere è stata forse il segno più eloquente di quanto Yulia Timoshenko fosse impreparata a tornare in libertà e in politica. Con la sua mente lucida e la volontà di ferro, la detenuta politica simbolo del regime di Yanukovich sicuramente si era prefigurata diversi scenari, trionfali, del suo ritorno. Ma la prima sorpresa l’aspettava già sul Maidan, la piazza di cui era stata eroina 10 anni fa. La sua berlina nera è stata fermata dal servizio d’ordine dei manifestanti: dobbiamo controllare l’auto. Al Maidan si arriva a piedi, attraversando barricate. Per Yulia, nonostante fosse in sedia a rotelle, non sono state fatte eccezioni: «I vecchi tempi sono finiti, per tutti», ha borbottato uno dei rivoluzionari perquisendo l’auto.
I «vecchi tempi», quelli di Yanukovich ma anche di Timoshenko, gli anni delle faide, dei clan oligarchici contrapposti, dei cambi di schieramento, di incriminazioni clamorose, intercettazioni, colpi bassi. La «principessa del gas» è stata indagata e incarcerata diverse volte. Salvo l’ultima accusa, che le è valsa sette anni e che è considerata sia in Ucraina che in Europa un pretesto per la vendetta di Yanukovich, le altre (un ricco assortimento tra tangenti, evasione fiscale, frode e abuso d’ufficio) sono tutte cadute.
Ma non è tanto un problema di ricchezze illecite: dopo gli sfarzi del clan Yanukovich eventuali trucchi di Yulia di 10 anni fa non fanno troppo scalpore. La donna che ha animato la piazza della rivoluzione arancione è considerata da molti anche colei che l’ha affossata. Dopo appena sette mesi come premier sotto il presidente Viktor Yushenko, portato al potere da lei, si è dimessa. Intelligente, decisa, carismatica, appassionata, si è rivelata però anche radicale e spericolata, pronta a sconfinare e a rompere patti, tra rischiose privatizzazioni e abile populismo. L’ex alleato la accusò di approfittare dei suoi poteri per sgravare dai debiti la sua ex società energetica. L’odio con Yushenko è arrivato a un punto tale che testimoniò contro di lei al processo.
Finora è sempre riuscita a risorgere, a uscire dalla galera, a farsi scagionare, a rivincere le elezioni. Ma forse è proprio questa sua abilità che spaventa il popolo del Maidan-2, rigoroso come ogni rivoluzione fresca di poche ore. «Yulia libera ma non potente», scandivano sul Maidan, e questa filastrocca riecheggia in quasi tutti i commenti di media e politologi. Proprio adesso che, dopo averla odiata e temuta Mosca la considera il male minore, il suo Paese la ama ma non la vuole più. «Faccia il simbolo nazionale, prenda la presidenza del suo partito, stia in parlamento, ma lasci ad altri la guida del Paese», è il senso un po’ di tutti gli editoriali come dei commenti dei militanti. Vincere due rivoluzioni sembra impossibile, perfino per la Timoshenko.