Roberto Giardina, ItaliaOggi 25/2/2014, 25 febbraio 2014
I TEDESCHI OSSERVANO RENZI
I miei amici e colleghi tedeschi stanno a guardare. Renzi è il nostro terzo premier in meno di un anno, dopo il deludente professor Monti, ingrato verso la sua protettrice Angela, dopo un Letta di cui non hanno ricordi, la loro prudenza è comprensibile. Non conoscono der Verschrotter, cioè il rottamatore, conoscono Firenze, e i pareri sulla città amministrata da Herr Matteo sono discordanti.
Piuttosto lodano che la squadra governativa si sia ridotta su dimensioni tedesche, 15-16 ministri è il massimo per governare un paese, una panchina lunga secondo loro tradirebbe solo l’indecisione del mister.
In quanto alla gioventù, nella terra di Lutero non è un merito in sé. E neanche le quote rosa: le signore vanno giudicate dalla loro professionalità, non dalle toilettes.
Da italiano e da lontano vedo però che sopravvivono dicasteri la cui definizione è difficile da tradurre, e impossibile da spiegare. Parlo del ministero che mi interessa di più personalmente, quello della funzione pubblica, che dovrebbe riformare l’amministrazione e, spero, rendere più umana la burocrazia.
Renzi ha proclamato che la burocrazia è la prima priorità. Giusto, ma poi affida il compito alla sempre giovane Marianna Madia che, quando esordì sulla scena politica a 27 anni, confessò di poter vantare solo «una meravigliosa inesperienza». Mi sembra che in questi sei anni abbia ben difeso la sua unica virtù, mentre si appresta a seguire passo passo le orme di un’altra pariolina come lei, l’ex ministra Giovanna Melandri.
Sarò maligno, ma sospetto che Renzi le abbia affidato questo ministero considerando che tanto nessuno riesce a modificare nulla e quindi Marianna potrà fare pochi danni. Sarà colpa sua, come fu colpa della Fornero quando eseguì gli ordini di Monti. Meglio qui che al lavoro, dove sembrava destinata. Eppure, ha ragione Renzi, sarebbe un ministero chiave: una pubblica amministrazione efficiente è una delle condizioni essenziali per la ripresa economica. Se non funziona la burocrazia, non può funzionare nulla.
Io, una volta, scrissi che mi consideravo un «esule burocratico». A Berlino risparmio un’ora al giorno in pratiche e incombenze in confronto a Roma. Sbrigo quasi tutto per telefono. Esiste una rivista dei “Beamte”, i funzionari pubblici tedeschi, che mi citò con gratitudine. Lo scrivo perché sono vanitoso, ovvio. Anche loro sono bistrattati in patria, però io commentavo che i cittadini qui non si rendono conto di vivere in un paradiso rispetto a noi.
Sono scettico per esperienza personale.
Leggo, che i finanzieri hanno multato un locale che metteva a disposizione dei clienti degli iPad, in base a una legge del 1930, evidentemente redatta da un legislatore che aveva la fantasia di Wells, il maestro della fantascienza. Non mi ha sorpreso. Quando ero redattore alla «Stampa», negli Anni Sessanta, nelle ore notturne dopo la prima edizione discutevamo tra noi come risollevare le sorti di «Stampa Sera».
Era affidata agli strilloni, pochi, amanti del Barbera, ma casta protetta. Come fare? Ideammo di distribuire gratis a tutte le edicole un mangiadischi (ve li ricordate?), con un 45 giri inciso all’alba da noi: «Sangue! Orribile delitto_», e così via. I lettori sarebbero accorsi a comprare l’edizione della sera. Ci sentimmo geniali. Ma ci aveva già pensato la Questura e da tempo: occorreva un’autorizzazione preventiva del questore per distribuire il disco, e il placet sarebbe arrivato almeno dopo una settimana. Troppo tardi per il delitto quotidiano.
Io, controcorrente, sono convinto che i nostri burocrati, non tutti ma la maggioranza, sarebbero ottimi se li lasciassero lavorare. Costretti all’immobilismo, sfogano la frustrazione con la fantasia, inventando norme grottesche e irreali, perché si annoiano. E i loro dipendenti non sono tutti fannulloni, come sosteneva Brunetta. Sono costretti a eseguire perdendo tempo prezioso.