Cesare Maffi, ItaliaOggi 25/2/2014, 25 febbraio 2014
DELLE CANTONATE DA INESPERIENZA
Dilettanti allo sbaraglio o seri giovani in grado di riformare lo Stato? Ovviamente, solo il concreto evolversi dell’attività di governo consentirà una risposta. Il giovanilismo, il nuovismo, godono vasta popolarità: non vi è dubbio, quindi, che piaccia alla gente il presentarsi con una squadra in cui non si perpetuano politici con esperienze pluridecennali.
Il dubbio riguarda proprio l’assenza, totale o parziale, di esperienza. Abbiamo già sperimentato che cosa significhi l’essere presi da altre attività, vite, impegni, e messi sulle più alte poltrone di Montecitorio e di palazzo Madama. Interrogarsi su come possano agire persone inviate, senza adeguata preparazione, a dirigere dicasteri, è lecito. E taluni svarioni commessi da alcuni fra i chiamati da Matteo Renzi nella propria struttura di segretario democratico avevano già indicato i limiti dei personaggi (qualcuno è ora approdato al governo_).
Da alcuni giorni è esplosa sulla stampa la polemica contro l’alta burocrazia. L’analisi era partita un paio di anni fa dalle colonne di ItaliaOggi con gli articoli del grande manager Riccardo Ruggeri. Poi nell’ultimo mese è dilagata su molti media con articoli suggellati anche da firme prestigiose. L’ha alimentata, in questi ultimi giorni, persino lo stesso Matteo Renzi che l’ha fatta sua.
Dal Corriere al Fatto, è stato un susseguirsi di servizi e inchieste su uffici legislativi, gabinetti ministeriali, direzioni generali, e relativi preposti. Ottima l’azione di denuncia del ruolo sovente sclerotizzante esercitato, né da oggi né da ieri ma dal sorgere dello Stato moderno, dai quadri dirigenti dell’apparato pubblico. Più difficile, però, che i neo ministri, appena arrivati, riescano a far piazza pulita di tali strutture; anche perché, pur volendo mutare perfino tutte le poltrone interne, potrebbero essere costretti a chiamare, in sostituzione dei giubilati, altri personaggi della medesima formazione, cordata, mentalità.
La mancanza di conoscenza diretta si è avvertita in maniera palese nelle stesse prime parole pronunciate dal presidente del Consiglio pochi secondi dopo essere uscito dallo studio di Giorgio Napolitano. Nella lettura dell’elenco dei ministri, Renzi ha commesso uno svarione che la dice lunga sulla sua mancata conoscenza della macchina statale. Ha infatti distinto i «ministeri con portafoglio» dai «ministeri senza portafoglio».
Orbene, esistono i «ministeri» senza altra indicazione ed esistono i «ministri senza portafoglio». Un «ministero senza portafoglio» è contraddittorio, perché l’indicazione «senza portafoglio» impedisce a quegli uffici di essere individuati come «ministero».
Una sciocchezza linguistica? Può darsi, però indica che il presidente del Consiglio, il quale intende rinnovare i vertici ministeriali, non ha contezza precisa di quali siano i ministeri e di quale sia il ruolo dei ministri (ministri, non ministeri!) senza portafoglio. La partenza non è stata felice.