Glauco Maggi, Libero 25/2/2014, 25 febbraio 2014
LA RIVOLTA DI CARACAS NON TIRA SARÀ PERCHÉ È DI DESTRA?
Visto come è andata a Kiev, Nicolas Maduro non vuole fare quella fine e ha proposto per domani una «conferenza di pace» «per neutralizzare le violenze». Sarà aperta alle opposizioni (il cui capo Enrique Capriles non ha ancora confermato se parteciperà), ma pure ad altri settori della società che sono dalla parte del regime, come alcuni gruppi religiosi, leader sindacali, artisti e pensionati, da contrapporre ai giovani che sono stati l’anima delle manifestazioni della settimana scorsa. Centinaia di anziani favorevoli al regime hanno sfilato nel weekend, nell’altalena di cortei pro e contro Maduro, che hanno dato luogo a scontri con la polizia chavista (8 morti e 150 feriti): secondo una organizzazione non governativa ci sono stati almeno 18 casi di tortura nella repressione delle proteste. Ed è diventato un eroe su Internet il vecchio generale in pensione Ángel Vivas, colpito da ordine di arresto per aver spiegato a una radio come affrontare i gruppi paramilitari chavisti durante le manifestazioni: è barricato in casa con fucile e giubbotto antiproiettile, pronto a tutto. Maduro ha rilanciato lunedì la «conciliazione» durante un previsto incontro con i rappresentanti regionali e con il consiglio federale di governo, dopo aver detto alla Tv di Stato, ballando la salsa, «porterò una proposta di pace basata su equità, sovranità e rispetto per il governo». Capriles ha usato invece twitter, domenica, per attaccarlo duramente. «Vergogna, stai distruggendo il Paese».
Maduro ha messo in galera giorni fa un altro leader dell’opposizione, Leopoldo Lopez, 42 anni, economista laureato ad Harvard, con l’accusa di fomentare la sedizione sotto la regia Usa. Per avvalorare la tesi del complotto, il regime chavista aveva persino espulso tre diplomatici americani e cacciato due giornalisti della CNN. Poi ha riammesso i reporter, con l’intimazione di «scrivere sul Venezuela in modo equilibrato », e ha anche abbassato i toni della polemica con Washington, proponendo agli Usa di ripristinare le relazioni diplomatiche. Il controllo dei media da parte del governo, che ha cercato di censurare i siti ostili, impedisce cronache puntuali degli scontri, segnalati nella capitale ma anche a San Cristobal, città sul confine occidentale e a Merida. Di notte, la gente picchia sulle pentole per protesta. Lopez aveva dato la sua benedizione alle manifestazioni su larga scala, passando alla moglie, in visita nel carcere di Ramo Verde, un biglietto, poi circolato sul web, con l’esortazione a continuare la protesta. Il fallimento del socialismo reale della politica di Hugo Chavez, proseguita alla sua morte dal delfinoMaduro, è negli scaffali vuoti dei negozi. «Non c’è olio per cucinare, zucchero, riso, carta igienica. Il Venezuela non fa altro che il petrolio, dove vanno tutti quei soldi?», ha detto al Wall Street JournalJosé Materano, 21 anni, un giovane anti-chavista che fino a un anno fa non si occupava di politica. Ora è stanco di vivere in un Paese con il 60% di inflazione e dove non si trova da mangiare. La causa è in una economia statalizzata e fallita, in cui i proventi del petrolio hanno finanziato per anni i programmi domestici di welfare che hanno portato voti a Chavez, oltre che garantire al regime una rete protettiva di rapporti internazionali con gli altri governi del Sudamerica. E non solo con quelli di ultra sinistra di Bolivia e Cuba, che in cambio di energia dà al «compagno» Maduro consiglieri militari (secondo l’opposizione, squadre speciali castriste darebbero assistenza attiva agli agenti venezuelani). Il consigliere politico della Kirchner, presidente dell’Argentina quasi-socialista in stato prefallimentare, Luis D’Elia, ha twittato che Lopez, l’oppositore arrestato, «dovrebbe essere giustiziato da un plotone d’esecuzione come agente della Cia». E Eduardo Suplicy, della Commissione Esteri del senato del Brasile socialisteggiante, ha detto che «dobbiamo condannare con la veemenza necessaria ogni tentativo di rimpiazzare la legittimità delle elezioni con la violenza antidemocratica».
Se il regime rosso di Maduro sta facendo precipitare il popolo venezuelano nell’inferno cubano, non sono solo affari loro. Oltre agli Usa, anche le democrazie europee pagherebbero un brusco prezzo se una degenerazione politica verso la guerra civile portassea conseguenze sensibili sul mercato del greggio. L’interesse di tutti gli «idealisti per la libertà» sarebbe insomma che il quinto esportatore di petrolio dell’Opec diventasse una democrazia piena e prospera. Invece il flirt ideologico delle intellighenzie e di tanti politici occidentali con lo chavismo continua, e fa spallucce della lotta per la democrazia di Leopoldo Lopez.