I. B., Il Sole 24 Ore 25/2/2014, 25 febbraio 2014
I BUONI DI STATO E IL «PESO» SULLE FAMIGLIE
ROMA Un’eventuale modifica delle tassazioni sui titoli di Stato «avrebbe un impatto sull’investitore privato che però è una componente limitata, non rilevante dello stock dei titoli di Stato e quindi anche gli effetti sarebbero modesti sul fronte del gettito». Lo ha detto Maria Cannata, dirigente generale del debito pubblico al ministero dell’Economia interpellata ieri a Roma, nel corso della presentazione del Risk outlook della Consob. In quanto all’impatto sulla domanda di un tale intervento, se cioè una tassazione più pesante scoraggerebbe gli acquisti, Maria Cannata si è detta «incerta» ma ha invitato a considerare che «il retail è sensibile su questi aspetti. Bisogna poi considerare - ha aggiunto - che è stata anche aumentata la tassa sul dossier titoli».
Il piccolo risparmiatore detiene attorno al 10% dello stock dei titoli di Stato in circolazione: in base alle ultime statistiche della Banca d’Italia, che fotografano i detentori dei bond emessi dalla pubblica amministrazione allo scorso novembre, le famiglie e le società non finanziarie residenti detengono una quota pari a 183 miliardi sul totale dei 1.730 miliardi in circolazione. E non è molto, tenuto conto che soltanto nel gennaio del 2012 l’ammontare per questa tipologia di investitore risultava pari a 247 miliardi. Si tratta in questo caso dei cosiddetti "nettisti", soggetti alle modifiche della ritenuta alla fonte attualmente «agevolata» al 12,50% rispetto al 20% che riguarda le plusvalenze e gli interessi su tutte le altre attività finanziarie.
La tassazione sui titoli di Stato, per contro, non ha impatto sui cosiddetti «lordisti», cioè le banche, i fondi, le compagnie di assicurazione e gli investitori istituzionali internazionali che, come ha puntualizzato ieri Maria Cannata, guardano al rendimento lordo, non netto. Ed è su questi sottoscrittori soprattutto che conta il Tesoro per collocare al meglio i titoli di Stato. Questa settimana la tornata delle aste di fine mese, tra CTz, BTp, BoT e Ccteu, può portare alle casse dello Stato fino a un massimo di 22 miliardi. Si inizia oggi con CTz tra 2 e 2,5 miliardi e BTp€i tra 0,5 e 1 miliardo. I mercati restano piuttosto volatili ma sono di buon umore sull’euro e sugli Stati dell’Eurozona periferica anche grazie alla politica molto accomodante della Bce e questo clima favorisce il rischio-Italia. L’arrivo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi è stato comunque per ora accolto positivamente dai traders in BTp, che premono da tempo per la riforma del sistema elettorale per evitare un futuro stallo politico e anche per un’accelerazione delle riforme strutturali al fine di migliorare il rapporto debiti/Pil tramite il rafforzamento della crescita. «Sono tranquilla come raramente mi è capitato di essere negli ultimi anni», è stata la battuta ieri di Maria Cannata, a commento delle aste in arrivo, rimarcando come «i mercati non hanno considerato il cambio di Governo come un fattore tale da creare incertezza».
I principali detentori di titoli di Stato restano dunque i "lordisti" italiani, gli investitori istituzionali e le banche, che lo scorso novembre risultavano possessori di oltre 800 miliardi, esclusi i 100 miliardi circa nel portafoglio della Banca d’Italia. I sottoscrittori non residenti detengono titoli di Stato italiani per 690 miliardi, dai quali però vanno sottratti 90 miliardi circa di BTp detenuti dalla Bce (acquistati con il Securities markets programme) e una cinquantina di miliardi riconducibili ai conti esteri di investitori italiani. A conti fatti, la quota in mano ai non-residenti oscilla ancora attorno al 30%, lontana dal picco pre-crisi del 52 per cento.
La quota di titoli di Stato italiani nel portafoglio delle banche italiane, lievitata di circa 200 miliardi con la crisi dell’euro e del rischio-Italia, è la più strategica perchè contribuisce alla stabilità dei prezzi: dalle banche italiane ci si aspetta che, salvo le posizioni nel trading book, mantengano i titoli fino a scadenza. Un’eventuale modifica della ritenuta alla fonte sui titoli di Stato non avrebbe impatto su di loro. Le banche italiane sono invece molto esposte a un’altra modifica potenziale, quella sui criteri di valutazione dei rischi e degli accantonamenti di capitale a fronte dei rischi nei bilanci bancari: al momento il titolo di Stato è considerato "risk free", non richiede l’accantonamento di capitale ed è per questo a buon mercato. Ma se questa impostazione dovesse cambiare cancellando il "risk free", per le banche italiane l’esposizione in BTp diventerebbe più onerosa, in termini di capitale, per alcune troppo costosa.