Guido Santevecchi, CorriereEconomia 24/2/2014, 24 febbraio 2014
WALL STREET GLI «STUDIOS» SBANCANO WALT DISNEY VINCE L’OSCAR DI BORSA
Alla notte degli Oscar, in programma a Hollywood domenica 2 marzo, l’Accademia festeggerà un anno record per l’industria del cinema americano. Sia in termini di incassi: 11 miliardi di dollari, il fatturato più alto della sua storia. Sia per la qualità delle pellicole prodotte e in gara per la statuetta, da «12 anni schiavo» a «Gravity».
Top & Flop
La buona salute del settore è confermata dalle ottime performance a Wall Street delle società che controllano gli studios, quasi tutte superiori all’andamento medio della Borsa, che è stato in rialzo del 20% circa negli ultimi 12 mesi.
Solo la giapponese Sony è stata meno brillante (+19%), e un motivo sono stati proprio i flop commerciali di due suoi importanti prodotti lanciati la scorsa estate, il colossal di fantascienza «After Earth – Dopo la fine del mondo » e il film d’azione «White House Down – Sotto assedio ». Anche per questo l’investitore «attivista» Dan Loeb, che con il suo hedge fund Third Point è uno dei maggiori azionisti di Sony, chiede da tempo una ristrutturazione del gruppo con la separazione del business cinematografico dal resto (elettronica e videogiochi).
All’estremo opposto c’è la Walt Disney, campione al botteghino e a Wall Street, dove le sue azioni si sono rivalutate di oltre il 40% nell’ultimo anno. Due suoi film sono in testa alla classifica degli incassi mondiali: «Iron Man 3 » è il numero uno con 1 miliardo e 215 milioni di dollari nel 2013 e «Frozen » è al terzo posto con 958 milioni di dollari. Il settimo film della saga prodotta dai Marvel Studios — casa di produzione comprata da Disney nel 2009 — ha però ottenuto una sola nomination dall’Accademia di Hollywood, quella per l’Oscar ai migliori «Effetti speciali»; mentre «Frozen » è candidato come miglior cartone animato e Disney non ha alcun titolo in corsa come miglior film in assoluto.
Il voto del pubblico
Ma non è una novità la netta divergenza fra i gusti del grande pubblico e le scelte dei membri dell’Accademia di Hollywood. È anzi una costante che risale al 1977, spiega Gene Del Vecchio, professore di Marketing alla Marshall school of business della University of Southern California e autore del libro Creating Blockbusters! («Creare bestseller») . Prima del ‘77 il 90% dei film premiati con la statuetta erano anche quelli di maggior successo commerciale, da «Ben Hur» a «Casablanca». Ora è l’opposto, con il 90% dei film amati dall’Accademia, ma snobbati dal pubblico. Basti pensare che tre candidati di quest’anno (quindi un terzo del totale) hanno realizzato insieme solo una settantina di milioni di dollari d’incasso: «Dallas Buyers Club » della Universal (Comcast) 30,4 milioni; «Lei » di Warner Bros. (Time Warner) 24 milioni e «Nebraska» di Paramount (Viacom) addirittura solo 15,9 milioni.
Il ’77 ha segnato la svolta, secondo Del Vecchio, perché è l’anno in cui George Lucas con «Guerre stellari» ha avviato la nuova era di grandi produzioni con effetti speciali e trame fantascientifiche: incassò 775 milioni di dollari a livello mondiale, ma fu respinto dall’Accademia, che premiò con quattro Oscar — «miglior film», «miglior regia», «miglior sceneggiatura originale» e «miglior attrice protagonista» (Diane Keaton) — «Io e Annie» di Woody Allen, che al botteghino aveva realizzato solo 38 milioni di dollari. Da allora è in atto una «battaglia epica» — ha scritto Del Vecchio su Huffington Post — fra «i grandi concetti di fantascienza e fantasy» da una parte e dall’altra «i racconti umanistici di nicchia su gente ordinaria o figure storiche», con l’Accademia che premia regolarmente i secondi: «Gandhi» invece di «E.T. », «The Hurt Locker » invece di «Avatar» e «The Artist» invece di «Harry Potter», per citare solo tre esempi. Il motivo, secondo l’esperto di Hollywood, è che l’età media dei membri dell’Accademia è 63 anni e la loro sensibilità è piuttosto diversa da quella della maggioranza pubblico, a cui piace il nuovo.
Fra i nove candidati a «miglior film» quest’anno, il thriller spaziale «Gravity» di Warner Bros. sembra poter mettere d’accordo, per una volta, i gusti del pubblico (con 700 milioni di dollari d’incasso) e quelli dell’Accademia, che lo ha candidato a ben dieci Oscar, compreso ovviamente quello per gli effetti speciali.
All’industria hollywoodiana interessano i premi, perché aiutano ad attrarre il pubblico pagante nelle sale. Ma la buona notizia dell’anno scorso, per il settore, è che anche il pubblico in pantofole a casa può essere fonte di profitti: gli acquisti «digitali» di film da vedere su pc, tablet o smart tv sono aumentati del 50% nel 2013, raggiungendo un miliardo di dollari e compensando il calo delle vendite di dvd. E gli accordi per la distribuzione dei video via Internet con i giganti dell’high-tech Apple, Amazon e Netflix saranno sempre più importanti per i bilanci degli studios.