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 2014  febbraio 24 Lunedì calendario

PALAZZI, OMICIDI E ROLLS ROYCE LA CADUTA DEI «MILIARDARI MAFIOSI»


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — Liu Han era il n° 148 nella lista Forbes dei cinesi più ricchi, con una fortuna personale di 855 milioni di dollari. A 48 anni era alla guida di un impero che spaziava dall’energia solare alle miniere, dall’edilizia all’intrattenimento, 70 società con asset per 6,5 miliardi di dollari e partecipazioni in aziende minerarie in Australia e Stati Uniti. Nel Sichuan, la provincia famosa per i panda e i giacimenti di ferro, Liu Han era popolare, rispettato e temuto. Aveva una flotta di automobili (Rolls Royce, Bentley e Ferrari); ma era anche apprezzato per gli aiuti generosi ai sopravvissuti del terribile terremoto del 2008. «Sono anch’io un sopravvissuto», si era vantato nel 2010 con il Wall Street Journal : «Un concorrente ha cercato di farmi fuori con una bomba». Liu Han era scomparso dal marzo del 2013: ora è riemerso sui giornali cinesi che ne hanno annunciato l’incriminazione. Le accuse sono omicidio plurimo, corruzione di ufficiali di polizia e politici, costituzione di una banda armata. Negli uffici del suo gruppo sono stati trovati decine di mitra, pistole, bombe a mano. «Liu Han, il miliardario mafioso», è il titolo di un lungo articolo del Quotidiano del Popolo .
L’hanno arrestato assieme al fratello e a 33 suoi uomini che secondo l’inchiesta costituivano una gang colpevole dell’assassinio di nove concorrenti, sequestri di persona, ricatti, pestaggi. La procura della Repubblica ha passato ai giornali una quantità impressionante di dettagli: i membri dell’esercito privato del miliardario picchiavano i contadini che osavano protestare se la loro terra veniva venduta dalle autorità locali per progetti di sviluppo edilizio. E ai palazzinari rivali Liu amava dire: «Fatti da parte finirai i tuoi giorni in una colata di cemento». Pare che sei concorrenti riposino per sempre nelle fondamenta di qualche grattacielo del Sichuan. Altri tre furono ammazzati in una sparatoria nel 2009.
Il capo militare della banda era il fratello, Liu Wei, che nel 2008 si era anche tolto lo sfizio di fare il tedoforo durante la staffetta per portare la torcia olimpica ai Giochi di Pechino. Si sentivano intoccabili i fratelli Liu. E lo erano stati per molto tempo, dall’inizio degli anni Novanta. Ora gli investigatori dicono che Liu Han non avrebbe potuto agire per tanti anni se non avesse avuto «un ombrello protettivo» fornitogli dal potere politico locale, compensato con denaro e feste settimanali a base di droga. Il «miliardario mafioso» era anche stato cooptato nell’Assemblea consultiva del Sichuan, il parlamento provinciale. Il Quotidiano del Popolo commenta che questa ascesa «non sarebbe stata possibile senza l’assenso e la complicità di certi settori del partito, del governo e del potere giudiziario». «Smantellare la rete di Liu è stato facile, ma se non saranno snidati i suoi padrini politici altri prenderanno il suo posto», conclude un editoriale del giornale comunista.
Ma quali sono i «settori del partito» che sostenevano Liu? La stampa di Pechino non fa il nome, ma tutti gli indizi portano a Zhou Yongkang, ex membro del Comitato permanente del Politburo e fino al 2012 capo dei servizi di sicurezza di tutta la Cina. Zhou, 71 anni, ora in pensione, è scomparso da mesi, dicono che sia agli arresti domiciliari con la moglie, accusato di corruzione. Zhou aveva la sua base nel Sichuan e uno alla volta stanno finendo in carcere i suoi protetti, gente che era ai vertici delle società petrolifere statali.
Venerdì è caduta in disgrazia la signora Liu Yingxia, n° 46 nella lista delle cinesi più ricche: l’hanno espulsa dall’Assemblea politica consultiva del popolo di Pechino. A 42 anni, l’agenzia Xinhua l’aveva definita «la più bella deputata della Cina». I giornali ricordano che aveva fatto affari con China National Petroleum, il gigante petrolifero statale, presieduto fino al 2013 da Jiang Jiemin, arrestato per corruzione. Jiang era l’uomo di fiducia di Zhou Yongkang. Arresto improvviso anche per Liang Ke, capo della sicurezza della città di Pechino. E ieri è toccata al vicepresidente di PetroChina International, Shen Dingcheng. Stessa formula per dire che Shen era stato «segretario di un leader particolare». Il leader particolare era Zhou. Sono quattro i segretari di Zhou finiti in cella: rispolverato per loro il marchio d’infamia «banda dei quattro». Il presidente Xi Jinping sta facendo piazza pulita.