Elena Polidori, la Repubblica 24/2/2014, 24 febbraio 2014
VISCO: “NESSUNO HA LA BACCHETTA MAGICA LA RIPRESA C’È, ORA SERVE UN PROGETTO RESPONSABILE”
SYDNEY — Ignazio Visco e il governo Renzi: «Nessuno ha la bacchetta magica. Prima di tutto vanno attuate le riforme già avviate e le decisioni prese. Ma se partiamo dall’esigenza fondamentale di innalzare la capacità produttiva e fare gli investimenti, occorre un progetto organico, una prospettiva, una strategia. Il governo si muoverà con le sue priorità».
Conversazione a tutto campo con il governatore della Banca d’Italia, a conclusione del G20 di Sydney che decide di alzare il Pil globale del 2% in cinque anni attraverso politiche coordinate e riforme strutturali in simultanea. Anzitutto la novità Padoan: «Il nuovo ministro dell’Economia viene dall’Ocse. Proprio lui ha firmato il documento sulla crescita discusso qui nel summit. Dunque, come dice il commissario Ue Olli Rehn, sa quel che deve fare». Segue un’amara considerazione: «E’ difficile fare le riforme durante una crisi. Ma poiché purtroppo, quando i tempi suono buoni, l’attenzione dei governi è meno presente, bisogna agire ora». Senza indugi. «Va chiarito che il futuro dipende da quello che facciamo noi, adesso, tenendo presente che non ci muoviamo da soli. Bisogna al contrario muoversi insieme agli altri Paesi e, soprattutto, occorre andare dove vanno i migliori Paesi, proprio come dice l’Ocse».
Perciò l’agenda del nuovo esecutivo dovrà prevedere lavoro e riforme. O meglio, con le parole del governatore di Bankitalia, «riforme e responsabilità ». Di Padoan si fida: i due si conoscono da molto tempo, ciascuno sa cosa pensa l’altro a proposito dei problemi-chiave dell’Italia, un Paese che soltanto ora sta uscendo dalla recessione. La ripresa, è vero, è «fragile e lenta» e comunque «insufficiente » per far crescere l’occupazione nell’immediato. Ma sebbene di poco, il Pil nazionale crescerà quest’anno dello 0,7% (secondo il governo 1%) «ed è pur sempre ripresa». Dunque, è meglio di niente. E’ il segnale che qualcosa sta piano piano cambiando.
Visco riceve i giornalisti italiani nel bar del Sofitel, l’albergo che funge da quartier generale delle delegazioni. Non entra nel merito del Job Act renziano. Constata però che, se è vero che questi ritmi di ripresa non bastano a creare nuovo lavoro è ugualmente vero che «l’occupazione è associata anche a nuove attività produttive e questo richiede che il processo di ristrutturazione delle imprese si completi». Insomma, ci vuole tempo e anche pazienza.
Nessuno ha la bacchetta magica, appunto. Sul tema delicatissimo dei conti pubblici, sul dibattito infinito a proposito dello sforare o meno il tetto del 3%, Visco si limita a citare il collega inglese Osborne che, nel chiuso delle riunioni, ha avvertito: «Non si stimola la crescita distruggendo la finanza pubblica». Perciò, la strada del rigore è quella già segnata. «E io aggiungo: non generiamo altri squilibri globali».
Naturalmente la banca d’Italia non è estranea al processo di rinascita del Paese. Anzi, ha «responsabilità specifiche». «Partecipiamo alla definizione di una politica monetaria più adeguata, capace di garantire la stabilità dei prezzi nelle due direzioni». Non solo, attraverso la vigilanza «dobbiamo assicurare la stabilità del sistema bancario».
Da buon banchiere centrale Visco non trascura gli istituti di credito. Svela che nel chiuso del summit in tanti gli hanno chiesto notizie sul loro stato di salute. Ci tiene a ribadire che Via Nazionale, «ha cominciato a chiedere bilanci di buona qua-lità, ancora prima dell’unione bancaria». Vuole sottolineare che «gli aumenti di capitale si devono fare», non solo perché ce lo chiede l’Europa ma perché le aziende di credito che li hanno fatti «stanno meglio». E comunque erano e sono necessari a contrastare gli effetti di quella che chiama «una doppia recessione, con un caduta del Pil attorno al 10%». Per questo, «il sistema ha retto». Nella sua visione, tanto più in questa delicata fase congiunturale, «le banche devono tornare a finanziare l’economia». Per riuscirci, oltre a rafforzarsi dal punto di vista patrimoniale, devono «fare pulizia nei bilanci, separando i crediti deteriorati dal resto delle attività». E sull’ipotesi di creare una bad bank dichiara: «Basta anche una divisione interna. L’importante è che il mercato sappia e che le stesse banche abbiano chiaro a chi prestare denaro e a chi no». Ma non c’erano iniziative più ambizione, di sistema? Non ne aveva accennato al Forex? «Progetti che potranno coinvolgere non una singola banca ma gruppi di banche. Non da sole ma con una eventuale assistenza pubblica sotto forma di garanzie o altro. Vedremo, ci stiamo lavorando».