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 2014  febbraio 21 Venerdì calendario

L’UOMO CHE, SENZA ESSERE UN MAGO, FA SPARIRE LE PERSONE

Frank M. Ahearn ha una quantità di telefoni. Tutti con scheda prepagata, che si è fatto comprare da barboni o passanti male in arnese a cui ha dato 20 dollari per la cortesia di registrarli a loro nome. Li usa per un po’, poi li butta. Più esattamente li distrugge. Li spezza in due, toglie la batteria, rompe la sim e sparge i pezzi in bidoni diversi dell’immondizia. Con i computer dei suoi clienti fa di peggio. Li prende a martellate per estrarre il disco fisso. Quindi lo mette in un catino a mollo nel Lysol, un potente disinfettante, o nella trementina. Lo lascia a marinare qualche giorno e poi lo mette nel congelatore. Infine lo disperde nell’oceano («Sì, è inquinante, e allora? Piantate un albero e vi sentirete meglio»). Basterebbe molto meno per essere certi che nessuno riesca a recuperare i dati. Ma il professionalismo ha la sua liturgia. Se vi siete rivolti a lui vuol dire che le cose hanno preso una brutta piega, tendente al pessimo. Better safe than sorry, meglio eccedere in prudenza che dover poi dire mi dispiace, commenta con un sorriso prima di portare alla bocca quasi mezzo litro di caffè Starbucks. Questo cinquantunenne mite, gioventù bruciata alle spalle, occhi color carta da zucchero, stempiatura e un codino sale e pepe da cantante folk fuori tempo massimo, è il Mister Wolf tarantiniano, quello che risolve i problemi. Se un ex socio vi ricatta,
un amante fuori di testa vi minaccia e chiamare la polizia è sconsigliabile o inutile per mancanza di prove che non potete permettervi il lusso di raccogliere, non vi resta che rivolgervi ai suoi «servizi di sparizione».
Lui prima pulisce dove avete sporcato. Cancella le tracce della vostra vecchia vita. Poi vi traghetta in quella nuova, assicurandosi che nessuno possa risalire dall’una all’altra. Non è economico. Però, come dice la pubblicità, ci sono cose impagabili e per tutto il resto c’è Mastercard.
Vivere sfuggendo ai radar. Sconnessi dal sistema. Diventare invisibili. Questa è la sua promessa. A patto che siate disposti a compiere, sotto la sua guida sapiente, una discesa completa agli inferi della paranoia. Avevo chiesto di vederci a casa sua. Ha preferito un anonimo seminterrato con tavolinetti incustoditi, di quelli che i palazzinari newyorchesi devono tenere aperti al pubblico in cambio di più generosi permessi di edificabilità, in un grattacielo dove ha sede una libreria Barnes&Noble. «Se uno vuole collegarsi a internet rendendo difficile per chiunque risalire al suo IP, l’identificativo della sua connessione, i wi-fi pubblici in posti frequentati come questo sono l’ideale» è la prima lezione di un corso sull’arte della fuga che potrebbe tenere a braccio per mesi. La cui versione semplificata ha messo per iscritto in un libro di tre anni fa, How to Disappear, che è diventato una sorta di testo di riferimento. Ma siccome più che la teoria conta l’esecuzione, è su quella che ha costruito il suo business: per lo screeening dei potenziali clienti prende 500 euro all’ora; per il servizio completo si parte dai 30 mila euro («Ma alle vittime di stalker faccio forti sconti. E non solo a loro»). Non credete però che siano soldi facili. «Una volta c’era un tipo minacciato e non era il caso che tornasse a casa, neanche per un minuto. Sono andato io, con due guardie del corpo, a fare le sue valigie. Siamo stati fortunati e non abbiamo fatto brutti incontri. Se un cliente mi chiede di affittare per lui un appartamento a mio nome in un altro Stato, io parto».
Nel 2013 di voli ne ha presi trentacinque. Per cinque clienti che ha fatto sparire e altri che ha aiutato solo a far perdere le proprie tracce internettiane. Sono i due filoni della sua attività, analogico e digitale, con il secondo che cresce sempre più. Spiega: «Ho un cliente russo piuttosto ricco ossessionato dal fatto che i suoi figli adolescenti possano rivelare sui social network troppi dettagli della loro vita reale, mettendoli a rischio di rapimento. Quindi una volta al mese, con l’aiuto di traduttori, cerco ciò che hanno scritto e ne valuto la pericolosità. Il più delle volte non è possibile cancellarlo e quindi creo una quantità di informazioni fuorvianti di persone fittizie, più o meno della stessa età, con foto prese a caso da internet, per mettere eventuali malintenzionati su false piste. Se la disinformatja funziona, i veri profili non appariranno mai nelle prime pagine dei risultati di Google, ma confusi nel mucchio». Sul sito in cui pubblicizza la sua attività campeggia una frase di Salvador Dalí: «Ciò che importa è moltiplicare la confusione, non eliminarla».
Ma torniamo all’hardware, al nocciolo fisico della sua specialità. Ovvero prendere un uomo, che vive in un certo posto e fa un certo mestiere, e farlo sparire. Seguendo un processo in tre fasi che lui definisce misinformation, disinformation e reformation (informazione ingannevole, disinformazione ed emendamento). E che ha messo a punto decostruendo la sua ventennale esperienza come skip tracer, investigatore privato specializzato nella caccia ai fuggitivi. «Dopo centinaia di casi ho capito i principali errori che commette chi fugge. E a un certo punto ho deciso di passare dall’altro lato della forza e mettere a disposizione la mia competenza per coloro la cui vita era diventata di colpo impossibile da sostenere. In una parola, ciò che tradisce gli uomini alla macchia sono le passioni». O, come canterebbe De Gregori, ogni bravo
poliziotto che sa fare il suo mestiere «sa che ogni uomo ha un vizio/ che lo farà cadere». Di uno che doveva rintracciare conosceva solo il nome, l’età e l’ultimo indirizzo. Poi, parlando con sua madre, era venuto fuori che era un grande appassionato di muscle cars, supercoupé dai motori potenziati. «Esistevano una dozzina di riviste specializzate. Ho cominciato a chiamarle una a una, fingendo di essere la persona che cercavo e lamentando il fatto che non avevo ricevuto le ultime copie. Tanti mi hanno detto che c’era un errore, che non risultavo abbonato. Fino a quando ho trovato quella giusta che mi ha detto che le copie erano state spedite… al nuovo indirizzo. Bingo!».
Non sfuggirà che non è proprio kosher spacciarsi per un’altra persona. Lui lo faceva di continuo, e non l’hanno mai beccato. Però è anche per questo che poi ha cambiato squadra. Definisce questa abilità di estrarre informazioni al telefono «l’arte del pretesto». D’altronde basta andare a vedere The Wolf of Wall Street, l’ultimo esorbitante film di Martin Scorsese, per capire che fortune (anche illecite) si possono costruire negli Stati Uniti convincendo persone al telefono. È il suo vero talento: «Basta un po’ di psicologia e tanta pazienza. E la consapevolezza che, almeno negli Stati Uniti, gli addetti ai call center vengono pagati una miseria e non sono generalmente ingegneri aerospaziali». Dall’assistenza clienti di un operatore telefonico puoi risalire alle ultime chiamate di una donna scomparsa: «Senta, mi chiamo Tal dei Tali, il mio codice fiscale è questo e l’ultima bolletta della mia anziana madre è assai più cara del solito. Io non ce l’ho sott’occhio, potrebbe dirmi lei quali chiamate vede che potrebbero giustificare la differenza. Ah, e che numero avrebbe chiamato?». La prima operatrice ti dice che non è autorizzata. Richiami e te ne passano un’altra. Procedi a oltranza sino a quando non trovi l’anello debole. Idem con le carte di credito. Ogni skip tracer fa così e Frank Ahearn è quello che dissemina di trappole la loro strada.
Dunque, con ordine. Primo passo, informazione
ingannevole. «Chiamo l’azienda del gas del mio cliente e chiedo di correggere il mio nome: non mi chiamo Joe Smith, ma Joe Smithe. Poi quella della luce: ho cambiato
indirizzo. E via confondendo, con refusi e modifiche marginali che faranno perdere un sacco di tempo a chi poi ti cercherà. E ricordate: il tempo è denaro». Secondo passo, la disinformazione, ovvero l’attiva messa in circolo di informazioni false. «Mettiamo che abbiamo concordato di far trasferire il cliente in Nebraska. Allora lui comincerà a cercare appartamenti in Wisconsin, manderà mail, prenderà appuntamenti con agenzie immobiliari e si farà fare un controllo bancario per vedere se è un buon pagatore o no (i credit check sono una delle prime mosse degli investigatori).
Non solo: si farà foto in Wisconsin e le posterà su Facebook. Sul web condividerà anche l’acquisto su Amazon di una guida del Wisconsin. Magari potrà ripetere il tutto con il Montana. Facendo lievitare l’onorario di un detective che pretenda di seguire tutte queste piste». Il principio è semplice: frapporre tra la tua vita attuale e quella che vuoi riverginare il maggior numero di strati, in modo che la prima risulti inintellegibile. Un esercizio di astrazione progressiva.
La fase cruciale è la terza («spostare la persona da A a B»). Non tanto il tragitto, la cui regola si ispira a una specie di anti-teorema di Pitagora per cui la via più lunga è sempre la migliore («Se devi andare dagli Stati Uniti al Canada meglio prima passare da Antigua») oltre a una generale preferenza per gli spostamenti via terra rispetto ai più controllati aerei. Né trovare una sistemazione. «Ci sono servizi come Vacation Rentals by Owners (vrbo.com), in cui privati affittano case e accettano volentieri anche contanti. Oppure siti come Craiglist dove è possibile subaffittare appartamenti. A quel punto diventa molto difficile risalire a voi. E comunque, ogni volta che serve, posso affittare a nome mio o di vari miei collaboratori e spacciare la persona che ci abiterà come mia compagna o mio compagno». Meglio ancora sarebbe
creare una società anonima a cui intestare affitto, utenze, eventuale auto: «I trust alle Isole Cayman o nel Liechtenstein sarebbero perfetti, ma in Delaware si può fare per poche centinaia di dollari. Cercate delaware
corporations o international business corporation
e capirete di cosa parlo».
Di sicuro Ahearn non è uno che si sgomenta. Lui costruisce l’infrastruttura della vostra nuova vita. Poi sta a voi: basta un errore per rovinare la copertura. «Quello che spiego subito ai potenziali clienti è di considerare
questa strada come potenzialmente senza ritorno. Può venir meno il pericolo ma bisogna essere preparati all’eventualità che sia un biglietto di sola andata. E ciò significa chiudere con tutto e con tutti». Dire addio ai genitori, ai fratelli, agli amici? «Non necessariamente,
ma solo a rigide condizioni. Perché ogni contatto è un rischio. E ogni email è violabile. Però potete mettervi d’accordo con vostra madre che il primo di ogni mese scriverete un messaggio cifrato in un certo forum online. Qualcosa firmato con il nickname precedentemente concordato del tipo: «Vendo Dodge del 98 con 95.550 miglia. Solo 2 proprietari. Chi fosse interessato chiami tra le 2 e le 7 di pomeriggio. E lei capirà che il vostro nuovo numero di telefono prepagato, che avrete fatto registrare da qualcun altro, sarà la serie dei numeri, ovvero 989-555-0227». Oppure potete rivolgervi a JConnect o siti simili che vi consentono di comprare «numeri virtuali», ovvero numeri che sembrano normali ma non fanno altro che inoltrare la vostra chiamata a qualsiasi altro numero, facendo perdere le tracce.
Ogni attività digitale, invio o scaricamento che sia, lascia una traccia. Un modo per ovviare al problema è che la traccia non sia vostra. «Ci sono siti come odesk.com dove milioni di persone si offrono di svolgere piccoli
compiti internettiani, dal catalogare foto a mettere like su certe pagine facebook, per un dollaro l’ora. Ecco, voi potete avvicinare candidati chiedendo una prestazione innocente. E poi privatamente chiedere loro, magari per 10 dollari, se vi ricaricano il telefono o vi spediscono una nuova sim. C’è pieno di gente che lo farebbe senza porre domande».
Obietto che affidarsi a uno sconosciuto mi sembra un fattore di vulnerabilità, magari si insospettisce e vi denuncia. «Ma così ucciderebbe la sua gallina» è la risposta, «in cambio di cosa?». Già, non si sputa su dieci dollari, e magari altri dieci e dieci ancora, coi tempi che corrono. E dal momento che si parla di soldi, la domanda è come si mantiene chi taglia i ponti con tutto. «In alcuni
casi chi scappa ha soldi a sufficienza per andare avanti qualche anno. Oppure si adatta a fare l’insegnante di inglese all’estero, il manovale o il barista. L’importante è non fare esattamente quel che si faceva in passato». Viene in mente il titolo dell’autobiografia di Andrew Grove, cofondatore di Intel, scampato ai campi di concentramento e alla malattia: Only the Paranoid Survive.
Le storie dei suoi clienti sono segrete per definizione. Talvolta così naturalmente cinematografiche da non meravigliarsi che Ahearn sia già stato protagonista di un documentario selezionato all’ambito festival South by Southwest e abbia collaborato a due serie tv che devono ancora uscire. C’è «il musicista», membro di un gruppo ska californiano cui va il grosso dei diritti quando la formazione si divide. Gli altri gli fanno causa, ma perdono.
Uno gli spacca la faccia e finisce agli arresti domiciliari. Così, prima che torni libero, il cliente viene trasferito in Messico. C’è «Mister Casinò», imprenditore immobiliare a Monaco che, contro la crisi, tenta la carta della disperazione giocando a poker. E vince 680 mila euro che però, facendo infuriare i soci che promettono vendetta, non vuole investire nella società. Ma usa per ricominciare ex novo in Polonia. C’è «Lady Kgb», prostituta dell’Est a cui i protettori sequestrano il passaporto. Lei riesce a recuperarlo e a mettere le mani su un bel po’ di contante. Quindi cerca su internet e trova Frank che le consiglia di comprare dell’oro da portare addosso, poi prende un aereo e la scorta verso una destinazione sicura. Ahearn dice che non accetta nessuno che abbia violato la legge. Né quelli che hanno figli e vogliono lasciarseli alle spalle (suo padre gestiva
bische nel Bronx, lui è di fatto cresciuto con la madre che adora). Premette che fornirà una nuova vita ma non una nuova identità: «I documenti falsi sono un reato federale. Aggiungerebbero un problema grosso a quelli del cliente. E mi metterebbe fuori gioco per sempre. Mentre io lavoro pulito e dichiaro al fisco sino all’ultimo dollaro».
Le cose più ambigue le faceva da giovane, quando faceva il segugio per conto dei tabloid inglesi («Il recente scandalo delle intercettazioni telefoniche non ha certo sorpreso me: quelli ottenevano di tutto»). «Una volta mi chiamano e mi danno un nome: Monica Lewinsky. Dicono: lascia tutto e trovala. E io compulso gli elenchi, chiamo un paio di amici alla polizia, setaccio internet e alla fine trovo un numero. Mi risponde una donna delle pulizie: no, non è in casa, ma rientra stasera. Il primo fotografo a quell’indirizzo l’ho mandato io». Racconta anche di Patrick McDermott, fidanzato storico di Olivia Newton Jones, l’indimenticata protagonista di Grease, che nel 2005 scompare dopo una battuta di pesca nelle acque californiane. I guardacosta, dopo lunghe ricerche, lo danno per morto. Ma era pieno di debiti, la polizia sospetta e la Cbs crea un sito per raccogliere segnalazioni di chiunque possa averlo visto. In verità è una trappola perché ogni visita viene registrata e associata alla località geografica del computer da cui proviene. E tante provengono dalla stessa località in Messico dove McDermott aveva trovato rifugio per non pagare neppure gli 8.000 dollari di alimenti all’ex moglie. «La sua vanità l’ha rovinato» conclude Ahearn, che da dieci anni ha rotto con la moglie e ora stravede per un cane. L’amor proprio o quello per gli altri è l’anello debole.
Nella strepitosa serie tv Breaking Bad il protagonista Walter White si rivolge a uno specialista di sparizioni che lo mette al sicuro in una capanna spersa in un bosco perennemente innevato. Quando chiama il figlio la polizia che tiene sotto controllo i telefoni rintraccia il nascondiglio. Ma lui voleva essere preso, salvo ripensarci in extremis. Cito a Frank l’episodio e quasi si commuove: «Non ho perso una puntata». L’ha visto su Netflix, il servizio di streaming che sa tutto dei propri clienti e consiglia loro altri film basandosi su ciò che hanno già visto: «È straordinario, ma non lo consiglierei mai a un mio cliente. La rete è una miniera senza fondo di informazioni sul nostro conto. E i social network sono la peggior minaccia per la privacy dai tempi di J. Edgar Hoover». Ma lui non è alla macchia, anzi vuol essere trovato da chi aspira all’invisibilità. Lui è l’ultima spiaggia contro ciò che gli scacchisti chiamano Zugzwang, l’infelice
condizione per cui qualsiasi mossa fai sarà perdente. Lui è un «arrivano-i-nostri» unipersonale. Uno dei telefonini che occasionalmente suonano durante la nostra lunga chiacchierata in mezzo a una folla distratta ha due post-it appiccicati sul dorso. Su uno c’è scritto un nome di fantasia (Ragnar, leggendario re vichingo) e il numero di quella scheda. L’altro serve per tappare la telecamera («Non vorrei scattare accidentalmente una foto che, sottoposta a siti come TinEye.com, potrebbe poi rivelare dove mi trovo»). E come se, razzolando meno bene di quanto predica, non si sentisse credibile. D’altronde divorare chi le coltiva è il destino di ogni ossessione.