Sergio Romano, Corriere della Sera 25/2/2014, 25 febbraio 2014
Il neopremier ha deciso di cassare il ministero dell’Integrazione così come altri in passato fecero con quello della Famiglia, delle Pari opportunità, della Solidarietà sociale
Il neopremier ha deciso di cassare il ministero dell’Integrazione così come altri in passato fecero con quello della Famiglia, delle Pari opportunità, della Solidarietà sociale. Ora, però, la famiglia, le pari opportunità, l’integrazione e la solidarietà sono realtà da monitorare a dovere. Che l’eliminazione di quei dicasteri sia stata dettata da esigenze di risparmio non convince. Restano due spiegazioni: la mancata necessità di distribuire ulteriori poltrone e la constatazione che si tratti di rami secchi dell’esecutivo . Alessandro Prandi alessandro.prandi51@ gmail.com Leggendo la lista dei membri del governo Renzi, da straniero mi pongo alcune domande che immagino si pongano anche molti italiani, 1) Che differenza c’è fra il ministero dell’Economia e quello dello Sviluppo economico? 2) Finanze, Tesoro e Bilancio sono spariti? Chi si occuperà di questi compiti? 3) Come mai è sparito il ministero dell’Integrazione, che per alcuni sembrava così importante? Franco Celio celiopoletti@ bluewin.ch Cari lettori, C ercherò di rispondere alle vostre domande con una sorta di riepilogo. Nella composizione di un governo esiste tradizionalmente un gruppo di ministeri indispensabili e pressoché eguali da una Paese all’altro: Esteri, Interni, Tesoro, Finanze, Guerra (o Difesa), Educazione (o Istruzione), Giustizia, Industria (una dizione che in passato comprendeva spesso anche l’Agricoltura e il Commercio). Ma esiste anche la categoria dei ministeri variabili con cui il presidente del Consiglio segnala l’intenzione di perseguire uno speciale obiettivo. Nel primo governo dell’Italia unitaria, presieduto da Cavour sino alla sua morte nel giugno 1861, vi erano anche il ministero della Marina e quello dei Lavori pubblici: due esigenze che il presidente del Consiglio considerava prioritarie per un Paese appena unificato. Con il tempo altre priorità hanno suggerito la creazione di nuovi ministeri: le Poste e telegrafi nel 1889, le Colonie nel 1913, i Trasporti nel 1916. Con la Grande guerra sono apparsi nuovi ministeri creati dalle circostanze: Armi e munizioni, Approvvigionamenti, Assistenza militare e Pensioni di guerra, Ricostruzione delle terre liberate. Sono in realtà poco più che direzioni generali, ma hanno un responsabile politico che siede al Consiglio dei ministri: una circostanza che può servire a consolidare l’unità del gabinetto nelle grandi emergenze. Nel giugno del 1920, dopo le prime elezioni con lo scrutinio proporzionale e il successo dei partiti di massa (socialisti e popolari) fece la sua apparizione, per la prima volta, il ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. Nel primo governo Mussolini, industria, commercio e agricoltura vennero riuniti nel ministero dell’Industria. Più in là, con il consolidamento del regime fascista, arriveranno le Comunicazioni nel 1924, l’Aeronautica nel 1925, le Corporazioni nel 1926, la Stampa e propaganda nel 1935 (diverrà Cultura popolare due anni dopo), l’Africa italiana nel 1937, gli Scambi e Valute nello stesso anno. Dopo la caduta del fascismo i governi rimpiccioliscono per un certo periodo, ma nel 1946 appare quello della Marina mercantile e nel 1947 quello del Bilancio, creato per Luigi Einaudi. Potrei segnalare altri nuovi arrivati come quelli per la Cassa del Mezzogiorno, le Partecipazioni statali, i Beni culturali e ambientali. Anche in questi casi le rispettive materie potrebbero essere trattate, con il vantaggio di una maggiore coerenza politica, da una direzione generale nell’ambito d’un ministero. Ma nei governi di coalizione, come quelli italiani dopo la fine della Seconda guerra mondiale, occorre soddisfare ambizioni, dare poltrone agli alleati, segnalare la sensibilità del governo per un tema particolare. Nascono così: Attuazione del programma, Riforme e innovazioni, Diritti e Pari opportunità, Politiche per le famiglie, Solidarietà sociale, Integrazione. Sono spesso ministeri senza portafoglio e privi di compiti istituzionali ben definiti, in cui il titolare impiega buona parte del suo tempo in conferenze stampa, presentazione di libri e partecipazione a convegni. Matteo Renzi ha parzialmente invertito questa tendenza riducendo il numero dei ministeri; e di questo, almeno, occorre dargli atto. Ma se avesse dimostrato maggiore coraggio non avremmo un «ministero della Semplificazione» là dove la semplificazione consisterebbe nel sopprimerlo.