Danilo Taino, Corriere della Sera 23/2/2014, 23 febbraio 2014
BUFFET, IL CANESTRO E LA SFIDA DEL BIG DATA
Warren Buffett — forse l’investitore di maggior successo di tutti i tempi, di certo degli ultimi 83 anni (i suoi) — non è famoso per prendere rischi inutili. Anche questa volta, probabilmente, se la caverà; ma non si sa mai, i tempi cambiano e la scienza è sorprendente. Qualche settimana fa, ha annunciato che assieme a Dan Gilbert — imprenditore, finanziere, proprietario di squadre americane di basket, football e hockey, e operatore di casinò — verserà un miliardo di dollari a chiunque indovini i vincitori di tutte le partite del torneo di basket Ncaa, il cosiddetto March Madness che si svolgerà a cominciare da marzo tra i team dei college americani. Si tratta di sfide tra 64 squadre, a eliminazione diretta. Il pagamento avverrebbe attraverso versamenti di 25 milioni di dollari l’anno per 40 anni.
La possibilità di azzeccare i vincitori di ogni partita è una su 9,2 quintilioni (un quintilione è un numero di 18 zeri ), ha calcolato il sito web di matematica Orghtheory.net. Certo, se qualcuno segue il basket dei college — tutte le 64 squadre e ogni giocatore — può migliorare le sue chance, passare da una nano-probabilità a una appena sopra lo zero. Ma anche un sofisticato algoritmo non toglierà il sonno a Buffett e Gilbert. Eppure...
Chi ha letto Moneyball , il libro del 2003 di Michael Lewis, o visto il film con lo stesso titolo del 2011, sa che la statistica, meglio ancora l’utilizzo del Big Data, è ormai entrata da tempo nello sport. Nel caso di Moneyball , nel baseball per raccontare come la squadra di Oakland riuscì a individuare attraverso la Sabermetrics (l’analisi dei dati delle performance dei giocatori), chi fossero i migliori e più sottovalutati, quindi meno costosi. Ma ormai l’utilizzo dell’enorme massa di informazioni che ogni evento produce è arrivato a svolgere un ruolo rilevante praticamente in tutti gli sport.
Di certo nella Formula 1: la Lotus, per dire, ha fatto sapere che ogni sua auto ha 200 sensori che raccolgono 25 Megabyte di dati per giro di pista. Nel tennis, dove ogni punto è facilmente analizzabile: Ibm ha una tecnologia in grado di studiare quasi 50 milioni di scambi e di identificare modelli di gioco vincenti. Nel ciclismo, dove il miglioramento anche marginale delle performance è fondamentale. Lo stesso nel rugby: le frequenti interruzioni consentono agli studiosi di spezzettare l’analisi. Molto più difficile, almeno per ora, nel calcio, dove il ruolo della fantasia è maggiore e quindi le variabili sono molto più numerose.
Difficoltà non insuperabili, invece, quelle che riguardano il basket, lo sport su cui Buffett ha fatto la scommessa: sul campo ci sono solo cinque giocatori per squadra e ogni movimento, fissato dalle telecamere, può essere analizzato. Probabilmente Buffett conta sul fatto che l’analisi del Big Data non sia ancora capace di prevedere il risultato di ogni gara. In fondo, tifiamo per lui: non vorremmo sapere i risultati prima, nemmeno per un miliardo di dollari.
@danilotaino