Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano 22/2/2014, 22 febbraio 2014
BOSCHI E MADIA, IL DOPPIO SALTO DI CARRIERA
Il doppio salto, immediato e un po’ improvviso e improvvisato, non spaventa Matteo Renzi: in due mesi e pochi giorni, l’ex rottamatore ha scalato il partito e poi Palazzo Chigi. E il doppio salto, che dovrebbe richiedere prontezza di riflessi e competenza, lo fanno anche le nuove ministre Maria Elena Boschi e Marianna Madia, già nominate nella segretaria democratica.
L’ARETINA DI MONTEVARCHI Boschi, da sempre renziana, in rapida ascesa, sarà il ministro più giovane di questo governo di larghe intese bis. Ha compiuto 33 anni lo scorso gennaio, al Nazareno è responsabile per le Riforme: ora conferma la carica e ci affianca i Rapporti con il Parlamento, un ruolo essenziale per un esecutivo con una maggioranza composita che include la destra di Angelino Alfano. Boschi sostituisce Dario Franceschini, in pratica il numero due di Enrico Letta, già convertito al renzismo e sistemato ai Beni culturali. L’avvocato toscano ha esordito in Parlamento in questa legislatura, inserita nel piccolo gruppetto riservato al sindaco di Firenze. Nonostante la concorrenza mediatica di Simona Bonafé e di un numero selezionato di renziani e renziane, Boschi s’è fatta notare in televisione e in Parlamento, almeno Renzi ha recepito questo segnale e l’ha consacrata: era accanto al segretario (ancora non eletto, ma ormai in corsa solitaria) all’ultima Leopolda di Firenze, che riunisce il renzismo pensante . Seppur la carriera di politica nazionale di Renzi non sia lunghissima, di collaboratori fidati ne ha cambiati tanti. Adesso tocca a Maria Elena Boschi, onnipresente nei momenti importanti del segretario.
L’EVOLUZIONE ideologica - se questo termine possiede ancora un significato valido - di Marianna Madia ha superato fasi più complesse. Fu candidata a sorpresa da Walter Veltroni nel 2008, non la conosceva nessuno, almeno non fra gli elettori democratici. Eppure dal 2004 era all’Arel, l’Agenzia di ricerca e legislazione fondata da Nino Andreatta, ambiente familiare per Enrico Letta. La romana Madia, classe 1980, ha oltrepassato le confessioni politiche di tipo veltroniano, lettiano – c’era pure una certa sintonia con Massimo D’Alema – e infine renziano. Stravinte le primarie contro Gianni Cuperlo e Pippo Civati, un po’ a sorpresa – non tanto perché la Madia ha ottimi contatti ovunque – Renzi l’ha scelta per l’area “lavoro” nella segreteria. Su Twitter scrive che si occupa “in particolare di precarietà”. Ha trascorso due mesi al Nazareno, sede ufficiale democratica, ma s’è parlato (soprattutto) di uno scambio di persone o di indirizzi: doveva incontrare il ministro Giovannini (Lavoro) e invece s’è ritrovata a discutere di emergenza giovanile con il collega Zanonato (Sviluppo economico). Ha smentito, ma la leggenda – raccontata nei dettagli dal Tempo – ha fatto sorridere la Roma dei palazzi. Né Lavoro né Sviluppo, Madia è ministro per la Pubblica amministrazione e per la Semplificazione (ricordate Roberto Calderoli e i suoi falò di leggi inutili?). Giurerà col pancione. Come Stefania Prestigiacomo.