Roberta Scorranese, Corriere della Sera 22/2/2014, 22 febbraio 2014
MASTERPIECE A CACCIA DEL LETTORE
Esattamente sessant’anni fa il tedesco Heinrich Böll scrisse un racconto intitolato La ricerca del lettore (tradotto poi da Einaudi nella raccolta Il nano e la bambola , 1975). È la storia di uno scrittore che, all’apice del successo, preme per incontrare uno dei suoi lettori, pagandogli il viaggio. Una volta che se lo trova di fronte, gli stringe la mano con calore e gli dice: «Complimenti, lei è un genio. Scrivere un libro non è una gran cosa, trovare un editore è un gioco, ma comprare un libro... questa sì che è un’azione geniale!».
Potrebbe essere una elegante sintesi della vera sfida che ora attende i dodici aspiranti scrittori finalisti a Masterpiece , il talent letterario di Rai3 che riparte domani: guardare oltre la gara, edificare sin da adesso le basi (il più possibile solide) per quello che li aspetta al termine delle prossime sei puntate. Cominciare a «pensare da scrittori», nutrire le ambizioni, prepararsi alla ricerca del lettore . Le selezioni sono finite e quelli che da domani i tre giurati (Giancarlo De Cataldo, Taiye Selasi e Andrea De Carlo, con Elisabetta Sgarbi nella parte finale) si ritroveranno davanti, sono frutto di una scrematura rigorosa.
C’è, per esempio, Raffaella Silvestri, studi a Cambridge e un posto fisso lasciato senza rimpianti per fare la scrittrice sul serio; c’è Nikola Savic, di origini serbe, che discetta di Dostoevskij con la disinvoltura scaturita da una frequentazione decennale di quelle pagine. E così via. E allora, perché non provare a rovesciare quella visione un po’ stantia (un po’ provinciale?), fatta di sufficienza che finora ha avvolto come una nuvola umidiccia la trasmissione e non concentrarsi invece su quello che scrivono, come lo scrivono? Non solo: lo scrittore non è solo la pagina che compone ma è anche la battuta fulminante con cui reagisce a una provocazione; è quello che pensa e come lo racconta.
Tratti caratteriali che la televisione (per sua natura) mette in evidenza. Aurelio Picca, autore di romanzi come Addio (Bompiani, 2012) esorta: «Ma perché non vediamo questi esperimenti come tentativi di fertilizzazione di un suolo, quello della cultura, che in Italia è molto arido? Credo che ogni piccolo tentativo di parlare di libri sia utile, anche il solo nominare degli autori, citare titoli, alludere alla letteratura. Unica raccomandazione: lo scrittore punti in alto, si faccia iniezioni di entusiasmo. Chi l’ha detto che deve riavvolgersi su se stesso?»
Già, chi l’ha detto? La giornalista e scrittrice Camilla Baresani però, osserva: «Il fatto è che la scrittura è difficilmente spettacolarizzabile. Se un aspirante cantante si esibisce in televisione, si possono ascoltare grandi classici o brani che ti conquistano, ma la scrittura, forse per la sua natura intimista, si presta meno. Detto questo, credo che i tre giurati siano molto bravi, simpatici, e che riescano a tenere bene il ritmo di una trasmissione non facile da condurre perché finora si è rivolta, secondo me, non tanto ai lettori quanto agli aspiranti scrittori. Che sono una nicchia».
Ed ecco che, come un leitmotiv alla Thomas Mann, torna la sfida vera: la ricerca del lettore . In effetti, fino a ieri l’interesse per Masterpiece ha coinvolto più gli aspiranti autori (per carità, sono tanti: come diceva Buzzati, ne nasce «uno al giorno, domeniche comprese») che i lettori, i veri destinatari di tutta quest’avventura letteraria. L’inedito del concorrente vincitore verrà pubblicato da Bompiani con una tiratura monstre di 100 mila copie (in versione cartacea e digitale, con doppia distribuzione in libreria e in edicola). Ci si aspetta allora che si vada con più decisione incontro al lettore, quello che ama i libri, quello che sui social network pubblica una pioggia di copertine di volumi che ha letto o deve leggere, quello orgoglioso (sì: orgoglioso!) della lettura. Parlando di più dei libri in trasmissione, citando autori, facendo scoprire romanzieri sconosciuti. Gli autori, giustamente, ribadiscono: è una gara di scrittura, tanto è vero che nella nuova fase le prove interesseranno le più varie forme di composizione, da quella «applicata» a quella breve (sms, email, tweet).
Lo stesso Luca Bianchini, autore del recente La cena di Natale di Io che amo solo te (Mondadori) e in trasmissione presenza fissa come «guida» alla scrittura breve, osserva: «Il divario tra scrittore e lettore è sempre più sottile: oggi l’autore è anche un performer; se pubblichi un libro poi lo devi presentare in forme sempre più diverse. Io per esempio, mi sono fatto accompagnare in piazza da un’esibizione del cantante Giuliano Sangiorgi». Basti dire che il super ospite, domani, sarà Roberto Vecchioni.
Forse sta qui il cuore della discussione: lo scrittore e il lettore sono sempre meno distanti, si incrociano tutti i giorni in quella cosmogonia «parolifera» che sono i social network, si intersecano nelle presentazioni-performance, si parlano come non mai. A volte si confondono. I più intelligenti imparano ad ascoltarsi a vicenda. I più furbi si studiano con attenzione. Perché forse ha ancora senso parlare di una dimensione intimistica e crepuscolare della scrittura, ma è innegabile che i piani siano sempre più coincidenti. Ecco perché la ricerca del lettore è essenziale anche (soprattutto?) nell’arte di scrivere.
rscorranese@corriere.it