Dario Di Vico, Corriere della Sera 22/2/2014, 22 febbraio 2014
POLETTI E GUIDI QUELLA STRANA COPPIA COOP-CONFINDUSTRIA
Tra Matteo Renzi e l’imolese Giuliano Poletti c’è da tempo un discreto feeling. Si sono incontrati in diverse occasioni istituzionali e il sindaco di Firenze l’avrebbe voluto alla penultima Leopolda. Ma Poletti non volle coinvolgere la sua organizzazione – la Lega Coop di cui è presidente dal 2002 – e non se ne fece niente. Nelle intenzioni del neo-premier Poletti dovrebbe essere un ministro del Lavoro di “movimento” e non è un caso che nella prima conferenza stampa abbia citato solo lui parlando esplicitamente dell’importanza del terzo settore (no profit).
Ma come si spiega che Renzi non ami i corpi intermedi e alla fine abbia scelto il leader di una delle maggiori organizzazioni di rappresentanza? La risposta è semplice: ha scelto l’uomo Poletti e non il presidente delle coop. Adesso i due si dovranno parlare lungamente perché toccherà al responsabile del Lavoro dare gambe al Jobs Act, la scelta programmatica numero uno di Renzi. Poletti fino a ieri guidava anche l’Alleanza delle cooperative, l’organismo che raggruppa bianchi e rossi e che conta 1,3 milioni di occupati.
Con la sua designazione fa il debutto nel dicastero del Lavoro un ministro post-fordista, che culturalmente non è legato alla tradizione imperniata sul binomio grande impresa-grande sindacato, padrone-operaio. E in virtù dell’esperienza nel sociale potrà guardare con maggiore attenzione le novità che si stanno producendo tra i giovani. È il tema dell’auto-impiego che trova nella scelta di fondare una cooperativa uno degli sbocchi naturali. Sarà un caso ma proprio a Imola è nata la prima cooperativa di odontoiatri (si chiama Identicoop) ed è stato Poletti a organizzare un apposito convegno per discutere delle coop tra professionisti. Sotto la sua presidenza la Lega si è impegnata sui workers buy out, il salvataggio di imprese in crisi da parte dei lavoratori ma soprattutto si è avviata l’Alleanza con la Confcooperative che Poletti ha voluto a tutti i costi e ha fatto dirigere anche ai più riottosi dei suoi.
La nomina di Federica Guidi, modenese e classe 1969, al dicastero dello Sviluppo economico è stata anch’essa una grande sorpresa. Laureata in legge, figlia di Guidalberto patron della Ducati Energia, la neo-ministro è stata presidente dei Giovani di Confindustria ed è attualmente nel Cda del Fondo Italiano di Investimento. Il suo nome, in politica, è stato sempre accostato al centro-destra e ha partecipato a una manifestazione elettorale di Forza Italia in occasione delle ultime politiche. Per come è maturata la designazione di Guidi non può che far piacere alla Confindustria – il padre ne è stato vicepresidente per 10 anni - che aveva subìto con il governo Letta lo smacco della sparizione della riduzione del cuneo fiscale e che temeva la promozione a ministro di un «boiardo di successo» come Mauro Moretti. Anche in questo caso Renzi rimodella il suo rapporto con la rappresentanza perché premia coram populo i grandi industriali in cambio, forse spera, di una maggiore attenzione. Per capire bene il peso che avrà il neo-ministro bisognerà attendere la designazione dei vice-ministri e dei sottosegretari e occorrerà anche capire che tipo di relazione si stabilirà con l’alta burocrazia del ministero scelta a suo tempo dall’ex ministro Pierluigi Bersani. Il primo spinoso dossier che attende la Guidi – sposata e madre di una bambina di due anni - si chiama Electrolux e rimanda ai rischi di delocalizzazione dell’industria degli elettrodomestici e più in generale alle strategie per ridurre il costo del lavoro. Il tavolo per esaminare lo stato dell’arte della vertenza era fissato per il 17 febbraio ed era slittato proprio per la crisi del governo Letta.
Dario Di Vico