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 2014  febbraio 22 Sabato calendario

LA SAMURAI CON LA TRECCIA CHE AMA TACCHI E TAILLEUR YULIA PREPARA IL GRAN RITORNO


Sta in galera, ma è come se fosse stata sempre in piazza. Gigantesca sul palco dei comizi. Moltiplicata sull’albero di Maidan. Appiccicata su qualunque muro della protesta. Replicata all’infinito sul marciapiede di via Kresciatk. Foto grandi: lei con la Merkel, lei con Sarkozy, lei con Blair, lei con Netanyahu... Foto più piccole: lei con Fini, lei con Casini... L’unica immagine che hanno tolto, chissà perché, è quella con Silvio Berlusconi (un altro illustre condannato che qualche pitonessa, dopo la Cassazione, paragonò «per le sofferenze patite» proprio a Yulia Tymoshenko...). La sua pena a sette anni, lei la sta scontando. Nell’ospedale di Kharkiv, per un mal di schiena che dice di sopportare «peggio ancora dell’ingiustizia». La fine-pena, ha cominciato a vederla il giorno del suo cinquantatreesimo compleanno: 27 novembre 2013, meraviglioso regalo, il suo arcinemico Yanukovich che straccia l’accordo con l’Europa e si butta fra le braccia della Russia e si caccia in tre mesi di rivoluzione. Il suo uomo nel Comitato Maidan è l’economista Arsenyi Yatseniuk: non s’era ancora seduto al tavolo delle trattative col presidente, ieri mattina, e già aveva allungato la richiesta extra, «fuori la Tymoshenko», non prevista eppure prevedibilissima.
Non è detto che esca subito, ma il Parlamento ha dato subito il suo sì: 386 voti su 450. Liberate il soldato Yulia. Ridate la vita a sua figlia Eugenia e ridate all’Ucraina la sua Evita. L’ennesima vita. Nata unica e modesta da mamma single, cognome Grigyan, sposa al burocrate Tymoshenko che la convinse a trascurare l’ingegneria cibernetica per dedicarsi al primo business dei video pirata, registrati in casa e poi rivenduti a domicilio, le sue tante ascese e ricadute meritano pettegolezzi e soprannomi. La Samurai, per la determinazione e la corazza di bodyguard post sovietiche. Madame Gas, per la ricchezza accumulata nel ramo. La Timoniera, per l’ambizione di guidare il Paese. «Pannotchka», piccola principessa, la ribattezza lo scrittore-avventuriero nazional-bolscevico Eduard Limonov: «Non per il personaggio di Gogol, ma per l’immagine che s’è scelta con talento. Una donna bambina, con la treccia a forma di corona. Buona per essere messa sui francobolli, sugli strofinacci o sulle tazze di porcellana. In attesa di finire sulle icone». Parlava solo russo perché veniva dal profondo Est di Dnepropetrovsk, dicono, ma ha imparato l’ucraino per buttarsi in politica con chi detesta i russi. Portava i capelli semplici e sciolti, malignano, e la treccia è l’invenzione d’un abile pierre tedesco che la rese riconoscibile nel mondo, bella e unica, con l’affermarsi della Rivoluzione Arancione. Arrestata una vita fa per frode. Ridenunciata per strani affari con un ministro. Accusata dal filorusso Yanukovich e condannata in modo grottesco per aver favorito la Russia e i suoi oligarchi del gas, quand’è stata premier. La Germania voleva darle asilo politico, qualcuno propose una cauzione da 200 milioni e un’interdizione politica di tre anni: icona vera, Yulia ha capito che era meglio bere l’amaro calice. È una donna da 11 miliardi di dollari, ha conteggiato un suo biografo non autorizzato, che ne ha descritto i quattro jet privati, la passione per gli abiti d’atelier, i sontuosi weekend inglesi a visitare la figlia che studiava alla London School of Economics. Uno che ama poco, raccontano, è l’ex genero inglese: meccanico, hard rocker satanista, un tipo un po’ troppo estremo per chi ama tailleur e tacco 12. I suoi alleati d’un tempo, l’ex leader arancione Yushchenko per primo, sono i suoi avversari di oggi. Il miliardario Petro Poroshenko, che fu suo ministro e ora finanzia la rivolta di Maidan, l’ha sempre detestata quanto il presidente dittatore. Petro ha lottato tre mesi, per liberare l’Ucraina da Yanukovich. A bilancio, non aveva messo di liberare pure lei.
F. Bat.