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 2014  febbraio 22 Sabato calendario

LA BOTTICELLIANA E LA GIAGUARA

MADIA&BOSCHI, L’AVANZATA DELLE “AMAZZONI” DI MATTEO–

Visione maschilista: le Amazzoni di Matteo Renzi. È così che le chiamano. O anche «la Giaguara» e la «Vergine Botticelliana». Per Maria Elena Boschi, neoministro per le riforme e i rapporti con il Parlamento, e Marianna Madia, responsabile della Semplificazione e della pubblica amministrazione, i nomignoli si sprecano. Eppure i soprannomi sviano. Perché, tra le due, la vera incantatrice di serpenti è sempre stata la Madia. Figlia dell’attore Stefano, Marianna, 33 anni, occhi bassi e portamento ancillare, ha sempre avuto il dono di ammaliare i propri prestigiosi interlocutori. Romana, nipote di Titta Madia (avvocato tra gli altri di Clemente Mastella), dopo la laurea cominciò a lavorare con Minoli in tv. Il rapporto fu subito molto stretto. «Marianna ha un vero talento per questo mestiere». «Tu mi hai insegnato molto». In quegli anni la ragazza prese anche a frequentare l’Arel, l’agenzia di ricerche e legislazione fondata da Nino Andreatta. Ci arrivò grazie a Enrico Letta. Uomo per il quale nutriva un’ammirazione sconfinata. Tra i tanti episodi letterari che costellano il suo straordinario volo ce n’è uno che riguarda proprio un incontro tra Letta e Minoli. A Cernobbio. Letta dice: «Marianna è straordinaria. Vuole fare la ricercatrice. La tv è un ripiego»: E Minoli. «Vero, favolosa. Ma la tv è una passione reale». Sbagliavano entrambi. La passione era la politica. Quando nel 2008 Veltroni ringiovanì i ranghi del partito, la presentò come una esperta economista. In realtà era laureata in Scienze Politiche. Piccola bugia. Lei sussurrò un indimenticabile quanto infelice: «Porto in dote la mia straordinaria inesperienza». A Montecitorio andò a sedersi di fianco a D’Alema. E, ovviamente, lo conquistò. Poi si fidanzò con il figlio del presidente della Repubblica, Giulio Napolitano, facendo dire ai suoi detrattori: mai visto una tanto raccomandata. La sottovalutavano. Alle primarie del Pd prese 5000 preferenze. Impegnata da sempre sui temi del lavoro ha pubblicato un libro sui precari con prefazione della Camusso. Quando all’orizzonte è apparso Renzi si è messa a disposizione. Sua la poltrona di responsabile del lavoro nella segreteria del Pd. Sposata, in attesa del secondo figlio, nei primi giorni del nuovo incarico confuse la sede del ministero delle attività produttive con quella del lavoro, scatenando molte ironie. Se ne preoccupò quanto delle accuse di voltagabbanismo. Zero. Perché forse non è stata lei ad essere stata lettiana, dalemiana, napolitaniana, veltroniana e renziana. Sono stati loro ad essere madianiani.
Maria Elena Boschi, avvocatessa, trentatreenne, natali a Montevarchi (ma originaria di Laterina) di giravolte ne ha fatte meno. I suoi pochi nemici le contestano un peccato originale. La sua prima volta in politica fu per dare una mano a Francesco Bonifazi che nel 2009 appoggiò la candidatura a sindaco di Firenze del dalemiano Ventura. L’avversario? Matteo Renzi. L’incontro con la Boschi ci fu allora. Sintonia immediata. Quasi magica. La futura ministra da quell’istante è schierata militarmente con il premier. Vedono il mondo allo stesso modo. E anche il linguaggio li accomuna. ««Voglio vivere in un Paese all’altezza dei sogni che abbiamo», disse lei alla Leopolda, dove si è meritata il titolo di Giaguara, per via delle scarpe impossibili da smacchiare. Figlia di un dirigente della Coldiretti e del vicesindaco del suo Paese, la Boschi, un profilo cinematografico, occhi che hanno fatto dire a Silvio Berlusconi: «lei è troppo bella per essere comunista» («presidente, i comunisti non esistono più» rispose la ministra), ha dato spesso buona prova di sè negli incontri politici - a cominciare da quelli con Verdini - e in quelli televisivi, dove evita di perdersi in analisi sofisticate ma dà l’impressione di essere più intelligente perché usa la logica dove gli altri ricorrono al buonsenso. È capace? Si vedrà. Di sicuro, come la Madia, ha voglia di correre, perché solo quando sei giovane, anche se non la capisci, hai un forte senso di che cosa sia la vita. Ed è soltanto dopo che, inevitabilmente, tutto, in genere, si complica. Buona strada.