Rossella Bocciarelli, Il Sole 24 Ore 22/2/2014, 22 febbraio 2014
PADOAN: «TAGLIERÒ IL CUNEO FISCALE»
«Sì, sono io. Sono in partenza fra due ore, perché devo andare dal Presidente». A mezzanotte meno un quarto di una lunghissima, interminabile giornata fra Sidney e Roma, Pier Carlo Padoan conferma al Sole 24 Ore di essere stato chiamato come ministro del l’Economia.
Padoan, docente di economia internazionale e numero due dell’Ocse con una lunga carriera di civil servant d’esportazione alle spalle, e un’altrettanto lunga impegnata presenza in quella Fondazione Italianieuropei voluta da Massimo D’Alema e Giuliano Amato, spiega che, prendendo di corsa l’aereo delle sei del mattino per percorrere a ritroso i 23mila chilometri che lo porteranno a casa, arriverà sabato a Roma, in ritardo, sì, ma lieve, rispetto all’orario fissato per il giuramento al Quirinale del nuovo esecutivo.
Strano destino, quello della delegazione italiana in questo vertice del G-20 finanziario,con un responsabile del Tesoro dimissionario, Fabrizio Saccomanni, che non è potuto arrivare a dare testimonianza dei percorsi economici seguiti dal nostro Paese per non vedersi destituito proprio il giorno del vertice, e un non ancora ministro dell’Economia presente al meeting internazionale ma poi costretto a scappar via perché a Roma lo attendono i nuovi impegni. Eppure, se c’è qualcuno che può dare concretezza allo slogan "meno austerity e tanto sviluppo", adottato con convinzione dal leader del Pd, Matteo Renzi, se c’è qualcuno che può assumersi il compito di non far fermare il lievissimo abbrivio, preso di recente dall’economia italiana dopo anni di dura recessione cercando di sostenerne lo sviluppo, è proprio Pier Carlo Padoan. Basta dare un’occhiata al capitolo sull’Italia dell’ultimo rapporto dell’Ocse, stilata personalmente dal l’economista, insieme all’editoriale del rapporto.
In essa, Padoan spiega come l’uscita dalla disoccupazione e il rilancio della competitività siano le due priorità per un paese come l’Italia che ha dovuto affrontare «svariati anni di consolidamento fiscale, bassa fiducia e inadeguata offerta di crediti» e che si trova oggi «con un tasso di disoccupazione a doppia cifra e nessun chiaro segnale di rapida ripresa». La sua analisi sullo stato di salute del Paese è quindi molto preoccupata. Di qui l’esigenza di agire con decisione sul versante del costo del lavoro che va alleggerito mediante «aggiustamenti salariali e tagli del cuneo fiscale, da compensare con cambiamenti della composizione delle imposte in direzione della tassazione sui consumi». Ma non basta: nella ricette di policy dell’oramai ex economista dell’Ocse ci sono incentivi per le imprese che scelgono d’investire in nuovi mercati e nuove tecnologie, per innalzare la produttività del sistema, c’è la necessità di rilanciare la concorrenza sul mercato dei prodotti, oltre che su quello dei fattori, e c’è il richiamo ad accrescere la partecipazione al lavoro da parte delle donne.
Intanto, qui a Sydney, dall’Italia, a tarda sera, sono appena arrivati sia il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sia il direttore generale dell’Economia, Vincenzo La Via ai quali oggi, sabato, spetta il compito di raccontare l’Italia alla riunione dei Grandi e di partecipare a quella riunione del G7 che si terrà subito prima del G20, per dare modo a quelli che una volta erano i più ricchi della terra di concordare una posizione comune, prima di affrontare una discussione tutt’altro che pacifica con i Paesi emergenti, stressati dalle ricadute negative del cosidetto tapering intrapreso dagli Stati Uniti.
Padoan accoglie con piacere le congratulazioni delle croniste, ma non nasconde né l’emozione né il fatto di sentirsi frastornato: «È successo tutto molto in fretta – afferma – e i compiti che mi aspettano sono notevoli». Nei giorni che hanno preceduto il suo arrivo in Australia erano avvenuti dei discreti sondaggi. «C’erano stati dei contatti negli ultimissimi giorni – ammette infatti Padoan – ma la "svolta" è arrivata giovedì sera».
Chiediamo: è per questo che appariva così teso stamattina, al momento di presentare, insieme al segretario generale Angel Gurria, il rapporto Ocse sulle ricette per la crescita? «No, quello era l’effetto della mancanza di sonno da jet lag» si schermisce il professore, che pure in mattinata, dopo aver promesso di presentare alla stampa la parte italiana dello studio internazionale si era eclissato rapidamente, in seguito alla telefonata decisiva per la sua entrata nella squadra del nuovo governo. Ma anche adesso che finalmente, dopo le tensioni dei giorni scorsi, sorride, l’economista non riesce a dissipare l’impressione che l’assunzione di una reponsabilità così grande, in paese che, di tecnico in tecnico, sembra sempre provarle davvero tutte per resistere ai cambiamenti necessari, non sia un evento privo di preoccupazioni. Gli chiediamo se ha già in mente la sua prima iniziativa da ministro: «Una due diligence» risponde netto. Tagliare la spesa pubblica che non serve è del resto una priorità, se si vuoi creare spazio per una riduzione del carico fiscale. Senza contare che l’analisi del valore e delle condizioni della spesa da gestire è un atto dovuto, per il ministro in pectore: «È quello che devono fare tutti quelli che subentrano» in un incarico di così ampia portata, spiega.
Di una cosa, comunque, è certamente consapevole l’estensore di così tante "prediche inutili" nei panni dell’esperto dell’Ocse che si rivolge al nostro Paese. Il suo nuovo posto di lavoro – che non sarà la presidenza dell’Istat dove la sua nomina non è mai stata perfezionata perchè il governo Letta nel frattempo è caduto ma la scrivania che fu di Quintino Sella e che è il simbolo del "ministero dei no" secondo la definizione del suo predecessore – sarà un posto difficile. «So - conclude Padoan – che c’è tanto lavoro da fare».