Stefano M. Torelli, Sette 21/2/2014, 21 febbraio 2014
CALCIO NEMICO DELL’ISLAM
[ARABIA SAUDITA]
Il dibattito intorno allo sport più popolare del regno saudita si è riaperto a inizio febbraio, quando il derby tra le due squadre principali di Riyadh, Al Hilal Fc e Al Nasr Fc, è finito con la vittoria di quest’ultima, dopo sei anni di sconfitte. Il giorno dopo, una maestra si è vista recapitare una lettera di giustificazione per l’assenza di un alunno, firmata dal padre. La motivazione: vista la sconfitta della sua squadra del cuore, il genitore ha ritenuto opportuno non mandare il figlio a scuola per qualche giorno, onde evitare umiliazioni e prese in giro da parte dei compagni tifosi dell’Al Nasr. È solo l’ultimo esempio di un fanatismo che, secondo le autorità religiose del Paese, sta assumendo sempre di più dei toni pericolosi. In occasione del derby di Riyadh, uno degli esponenti del “clero” saudita – ufficialmente l’Arabia Saudita, così come in tutto il mondo islamico sunnita, non ha un vero e proprio clero che possa corrispondere a quello cattolico, ma vi sono comunque delle autorità religiose riconosciute come tali –, lo sceicco Ibrahim al-Zobaydi, ha lanciato un video in cui ha ammonito che il fanatismo nel calcio può diventare minaccioso per tutta la società saudita, in quanto svierebbe l’attenzione dall’osservanza dei precetti religiosi. E, in tal modo, si è riaperta la questione: il calcio va contro l’Islam? Secondo alcune interpretazioni, in un certo senso sì. Più di 700.000 persone hanno visualizzato un video di alcuni sostenitori dell’Al Nasr, in cui si dice che la squadra ha finalmente “ripreso a essere la guida”. Sottinteso: guida calcistica, ma le autorità religiose hanno puntualizzato che “l’unica guida è Allah”, mettendo in luce quanto sia facile incorrere in malintesi e incomprensioni quando si toccano determinati argomenti in un Paese come l’Arabia Saudita. Alcuni leader religiosi, tuttavia, provano a conciliare la passione per il calcio e il rispetto dei precetti islamici, trovando una sponda giuridica in un detto attribuito al profeta Maometto, per cui lo sport va incentivato perché fa bene alla salute fisica. E così, come accaduto durante i Mondiali del 2010 in Sudafrica, si è arrivati a prevedere moschee ambulanti nel retro di furgoni e tappeti stesi fuori i caffè che trasmettono le partite, per permettere di pregare anche durante i match seguiti in tv. Come dire: se lo stadio non va a Maometto, Maometto va allo stadio.