VARIE 21/2/2014, 21 febbraio 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - PRONTO IL GOVERNO LETTA
REPUBBLICA.IT
Anticipata a oggi la presentazione della squadra al presidente Giorgio Napolitano. Colloquio nella notte fra il premier incaricato e il leader Ncd, che manterrà il ministero dell’Interno ma lascerà la carica di vicepremier. Vendola apre: "La fiducia non c’è ma spero di potermi ricredere". La provocazione di Berlusconi: "Matteo ha la maggioranza nel Pd, non in Parlamento"
di MONICA RUBINO
ROMA - Matteo Renzi è chiuso nella stanza del presidente Giorgio Napolitano da più di due ore. Entrato alle 16.30 per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri, non si decide a uscire. Un tempo infinito, segno che non sta andando tutto liscio come previsto. E’ pur vero che Enrico Letta, il 27 aprile dell’anno scorso, entrò al Quirinale alle 15 e uscì con i nomi alle 17.15. Renzi ha messo a punto l’elenco nella notte, dopo il vertice con Angelino Alfano. E questa mattina vi ha apportato gli ultimi ritocchi nella sede del Pd assieme ai suoi più stretti collaboratori. E’ un esecutivo snello: 16 ministri (contro i 21 di Letta) di cui la metà donne.
Confermata la presenza di Angelino Alfano al Viminale, Dario Franceschini sarebbe in pole per il dicastero della Cultura e Nicola Gratteri per la Giustizia, mentre è sicuro l’arrivo di Pier Carlo Padoan all’Economia. L’economista sta infatti tornando in anticipo da Sydney, dove era impegnato nei lavori del G20. E l’approdo in via XX Settembre è confermato da fonti Ocse, di cui Padoan è stato vicesegretario. Più tardi ha dichiarato al Sole24Ore: "Mi hanno chiamato a fare il ministro dell’Economia". E’ escluso, invece, che la poltrona dello Sviluppo Economico venga assegnata a Mauro Moretti, da anni al vertice delle Fs. Mentre Emma Bonino, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Andrea Orlando rimarranno rispettivamente a Esteri, Salute, Infrastrutture e Ambiente. Stefania Giannini di Scelta Civica andrà all’Istruzione.
Il vertice notturno Renzi-Alfano. Nella notte, come accennato, si è tenuto un vertice notturno tra il premier incaricato e il leader Ncd per sbrogliare la matassa della squadra di governo. Erano presenti anche Graziano Delrio, Dario Franceschini e Maurizio Lupi. Un confronto definito "positivo", durante il quale Renzi ha però imposto un aut aut ad Alfano: "O resti vicepremier o ministro dell’Interno". Messo di fronte al bivio, il leader Ncd ha optato per il Viminale, lasciando la poltrona di vicepremier. Uscendo oggi dal congresso Udc, al quale ha preso parte come ospite, Alfano ha rilasciato una dichiarazione carica di soddisfazione, a conferma dell’intesa ormai raggiunta: "Il mio unico obiettivo, insieme a Ncd, è fare un lavoro utile per l’Italia. Sono abbastanza soddisfatto. Ci sono le condizioni per fare una buona squadra". E conferma che manterrà solo una delle due cariche: "Non si è posto questo problema. Non le ho mai chieste entrambe".
Italicum collegato alla riforma del Senato. L’incontro notturno, durato un’ora e mezza, si è svolto al ministero degli Affari regionali al termine di una giornata convulsa, nella quale erano emerse difficoltà nella formazione del nuovo esecutivo, sia sul programma che sulla scelta dei ministri. Il "pacchetto" concordato tra i due leader comprenderebbe sia la riconferma di Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin rispettivamente alle Infrastrutture e alla Sanità sia una riscrittura dell’emendamento di Giuseppe Lauricella (Pd), che garantisca ai centristi che la legislatura non si interromperà bruscamente dopo l’approvazione della nuova legge elettorale, perché quest’ultima verrà comunque collegata con la riforma del Senato e il superamento del bicameralismo.
Renzi non aveva partecipato al vertice di maggioranza che ieri pomeriggio aveva confermato le distanze tra le varie forze politiche disposte a sostenere il suo governo, e in particolare le condizioni poste dall’Ncd di Alfano, ma in seguito aveva assicurato: "Poche ore e chiudiamo".
Malumori dei "cespugli". Intanto i gruppi più piccoli, i cosiddetti "cespugli" della variegata coalizione a nove che sostiene l’esecutivo Renzi, provano a forzare la mano per ottenere margini di trattativa. E così oggi i Popolari per l’Italia al Senato hanno minacciato che il loro voto di fiducia "non è scontato". Il senatore Tito Di Maggio ha spiegato a SkyTg24: "L’unica certezza è che al momento, al Senato, Renzi non ha la maggioranza. Stamattina abbiamo avuto un nostro incontro per ragionare su quanto successo alla riunione di maggioranza di ieri e ci siamo resi conto che la nostra disponibilità non è così scontata". Dichiarazioni che l’Udc ha invece giudicato "fuori dalle righe": "Occorre senso di responsabilità, non è il momento di scherzare. Appoggeremo il governo comunque perchè l’Italia ne ha bisogno", ha chiarito il segretario del partito Lorenzo Cesa, aprendo il quarto congresso nazionale dell’Udc.
Vendola apre. Mentre da Nichi Vendola arriva un’apertura: "La fiducia non c’è - dice il leader di Sel - Spero di poter nei prossimi mesi ricredermi. L’auspicio che faccio a me stesso, è di poter esprimere un ripensamento sul governo di Matteo Renzi".
Berlusconi provoca. "Renzi ha la maggioranza nel suo partito, ma non in Parlamento". Il Cavaliere ha lanciato questa provocazione, riportata poi in un tweet dall’account di Forza Italia, incontrando i volontari dei Club forza Silvio a piazza San Lorenzo in Lucina a Roma.
E ha aggiunto: "Spero che in questi quattro anni si facciano le riforme". Una frase ambigua: vuol dire forse che 2018 si ricandiderà?
PIER CARLO PADOAN MINISTRO DELL’ECONOMIA
MILANO - Il capo economista dell’Ocse, Pier Carlo Padoan, sarà il prossimo ministro dell’Economia del governo Renzi, in continuità con il recente passato e in linea con la preferenza di Quirinale e Bruxelles per una personalità di caratura internazionale. Lo rivelano fonti dell’Ocse, che assicurano: "E’ fatta, sarà il ministro delle Finanze". Lo stesso Padoan ha abbandonato anzitempo il summit dei G20 a Sydney, in Australia, per fare ritorno a Roma e ha dichiarato al Sole 24 Ore di aver ricevuto la chiamata per occupare la poltrona del Tesoro.
Il personaggio: Mister patrimoniale, "meglio puntare sulla crescita" di W. GALBIATI
Il rebus del ministero dell’Economia è stato uno dei nodi più difficili da sciogliere nell’ambito della formazione del governo di Matteo Renzi. Il premier in pectore ha dovuto cercare la quadra tra le spinte verso una rottura con i recenti "tecnici" del Tesoro e la continuità auspicata da Quirinale, Bankitalia e Bce sulla strada del rigore di bilancio. Sullo scacchiere dei papabili
si sono così alternati il già ministro dell’esecutivo Letta, Graziano Delrio, come simbolo di una scelta politica e di discontinuità, e altri nomi ben visti da Bruxelles e Francoforte per la loro caratura internazionale: su tutti Lucrezia Reichlin e Guido Tabellini. Negli ultimi giorni, sempre sulla linea della continuità, era stata avanzata anche l’ipotesi di Salvatore Rossi, direttore generale di Bankitalia.
Padoan, consigliere di Massimo D’Alema - che mercoledì ha incontrato l’ex sindaco di Firenze - è rimasto all’Ocse nonostante fosse pronta la sua nomina alla presidenza dell’Istat, in sostituzione di Enrico Giovannini entrato nella squadra di Letta. Il provvedimento di nomina all’Istituto ha vissuto però numerosi intoppi procedurali, fallendo il primo passaggio in Commissione per l’assenza del numero legale e giacendo poi senza attuazione per la crisi del governo Letta.
La scelta di Padoan rappresenta senza dubbio un’opzione in linea con le aspettative internazionali e con la domanda di proseguire il recente indirizzo. I suoi precedenti incarichi di vice segretario generale e capo economista dell’Ocse, di direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale per l’Italia nonché consulente della Banca Centrale Europea e della Commissione Ue sono una garanzia per Bruxelles e per la Bce. Quanto alla sua connotazione politica, Padoan è stato direttore della Fondazione Italianieuropei, un think-tank politico vicino a D’Alema, che si occupa di temi socio-economici e dal 1998 al 2001 è stato consigliere economico presso la presidenza del Consiglio dei ministri, collaborando con il governo D’Alema appunto e di Giuliano Amato.
Quanto al suo credo economico, al di là delle garanzie che fornisce in sede internazionale, si caratterizza per preferire la tassazione sui patrimoni e sugli immobili in favore della riduzione di quelle sul lavoro. Pubblicamente ha detto che il vero problema dell’Italia è il suo basso livello di crescita, più che il suo elevato debito.