A. Laf., Corriere della Sera 21/2/2014, 21 febbraio 2014
ANDREA MIRÒ, LA CANTAUTRICE CHE DIRIGE L’ORCHESTRA
La si nota subito. Non solo perché è l’unica donna a dirigere l’orchestra del Festival. «Non credevo che un ciuffo tinto di verde potesse colpire così tanto. Si è già visto nel punk, ma forse la gente si immagina un direttore d’orchestra in abito da sera. Quanto all’atteggiamento sono molto fisica, vorrei fare di più, mi viene subito voglia di imbracciare una chitarra».
Cantautrice in proprio, è stata in gara a Sanremo per quattro volte. Moglie di Enrico Ruggeri e mamma di due bambini, Andrea Mirò questa volta all’Ariston dirige i Perturbazione e, fra i giovani, Zibba. «Non accetto qualsiasi incarico, non sono un travet. Mi sono messa al servizio di artisti che stimo e che conosco da anni — dice —. Con loro ho messo da parte la mia cifra e ho cercato di valorizzare il loro lavoro». Stile moderno, ma tecniche antiche. «Dirigo con la partitura scritta a mano, non la stampo. Però non uso la bacchetta. Qualche anno fa ci ho provato, proprio qui a Sanremo con Nina Zilli ed Enrico, usandone una di quelle da sushi. Non mi sentivo a mio agio e l’ho lanciata dietro. Quasi infilzo la Parietti in prima fila».
Nome d’arte al maschile scelto da ragazza per provocare e per omaggiare il grande pittore, 46 anni, diploma al Conservatorio di Alessandria, martedì ha pubblicato «Segni (e) particolari» un album in cui con Alberto Patrucco, comico e chansonnier, rilegge Brassens: «Avevamo un amore comune e Patrucco, che è considerato un esperto del personaggio anche in Francia, ha tradotto i testi che sono ancora moderni e contemporanei». Nell’album ci sono anche Ale e Franz, Ricky Gianco, Eugenio Finardi ed Enrico Ruggeri.
Famiglia musicale: «Mio marito ed io in passato abbiamo collaborato più di quanto non accada oggi. Sento la difficoltà di affrancarmi dalla sua figura. Lui non è mai intervenuto a mio favore ma a volte ti senti un gregario. E quando ci chiamiamo a giudicare il lavoro dell’altro lo facciamo da professionisti: i giudizi duri non si risparmiano».
Pagelle al Festival, suoi protetti esclusi: «Renga ha una voce che va di brutto. “Il cielo è vuoto” è un gran pezzo: si sente la penna di Diego Mancino e Cristiano De André riesce a trasmettere molto. E poi la Carrà: quando ero una ragazzina era uno dei miei miti. Sa mettersi ancora in gioco. In una tv dove vedo tanti senza arte né parte, non vedo nessuna che possa prendere il suo posto».
A. Laf.