Massimo Gaggi, Corriere della Sera 21/2/2014, 21 febbraio 2014
FACEBOOK STUPISCE LA BORSA E C’È CHI VEDE IN WHATSAPP UNO STRUMENTO ANTI-SPIE
Azioni Facebook sull’ottovolante e tutti a interrogarsi sulle reali intenzioni di Mark Zuckerberg il giorno dopo il clamoroso «blitz» della grande rete sociale americana che ha acquisito il servizio di messaggistica su Internet WhatsApp per la cifra record di 16 miliardi di dollari (19 se si calcola anche il pagamento in azioni che verrà effettuato in un secondo tempo a dirigenti e dipendenti della società di Mountain View).
La cifra che verrà pagata per una società fondata nel 2009 dall’immigrato russo-ucraino Jan Koum e da Brian Acton è superiore all’intera capitalizzazione di tutto il gruppo Sony. Numeri che hanno lasciato tutti a bocca aperta perché WhatsApp, che pure è cresciuta in modo vertiginoso come volume di utenti (ora sono 450 milioni), rimane un’azienda molto piccola e ha un fatturato assai basso. Il seguitissimo blog tecnologico Mashable, ad esempio, si chiede perché Zuckerberg abbia deciso di spendere per un’azienda simile una quantità di denaro «superiore al Pil di Islanda, Giamaica, Bermuda e Fiji messe insieme».
Anche Wall Street si è interrogata, ma dopo aver dato a caldo una risposta pessimista (azioni Facebook calate del 5 per cento dopo l’annuncio, l’altra sera e poi di nuovo in flessione ieri mattina), ha cominciato a ragionare sull’affare e ha trovato più di un motivo di ottimismo, subito riflesso dal valore del titolo che in Borsa ha ripreso a salire e ha chiuso a 69,63 dollari (più 2 per cento).
Si fa strada l’idea che, per la posizione di mercato che occupa nel web e per le competenze che ha sviluppato nel campo della messaggistica, Facebook sia la società che, più di qualunque altro gigante dell’economia digitale è in grado di capire come funziona il business di WhatsApp e di valorizzarlo. Alcuni si spingono a immaginare anche che, inglobando il nuovo canale di comunicazione, Facebook possa ora predisporre più facilmente una rete di protezione contro le incursioni dell’«intelligence»: una sorta di seconda linea di comunicazione, davanti alle attività di spionaggio svolte a tappeto dell’Nsa, l’agenzia federale e dalla centrale britannica Gchq.
In ogni caso si tratta di scommesse dall’esito incerto e i cui risultati si vedranno solo nel lungo periodo. Scommesse fatte a caro prezzo: mettendo sul tavolo 19 miliardi di dollari, Facebook brucia più dei profitti di due anni della sua attività. Paga praticamente 42 dollari per ogni utente di WhatsApp. Molto, ma è anche vero che, alle quotazioni di Borsa di oggi, ogni utente di Facebook vale teoricamente 140 dollari, mentre quelli di Twitter di dollari ne valgono addirittura 160. E gli utenti di WhatsApp sono più attivi di quelli di Facebook (7 su 10 usano ogni giorno il servizio contro il 60 per cento della società di Zuckerberg).
Un altro elemento che fa ben sperare gli esperti finanziari (37 dei 44 analisti sentiti dalla Reuters continuano a dirsi molto ottimisti sul futuro di Facebook) è che con l’acquisizione di WhatsApp, che è molto più forte del servizio Facebook Messenger in Europa, America Latina, Africa e Australia, la società di Zuckerberg diventa sempre più una rete planetaria di comunicazione alternativa ai grandi «carrier» delle telecomunicazioni, oltre che restare, ovviamente, il «social network» del mondo.
Resta da vedere in che modo Facebook riuscirà a monetizzare il suo investimento e quale sarà la reazione degli utenti di WhatsApp al prevedibile sfruttamento commerciale dell’applicazione, tra pubblicità e uso dei dati. Koum, come abbiamo scritto ieri, ha sempre promesso con un linguaggio perentorio che nella sua società non ci sarebbe mai stato spazio per la pubblicità, per i videogiochi e per altri «trucchetti» commerciali: sulla sua scrivania è esposto in bella vista un foglietto con su scritto a penna: «Niente pubblicità! Niente videogiochi! Niente trucchi!». Ma a questo punto è difficile che possa mantenere le sue promesse.
Massimo Gaggi