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 2014  febbraio 21 Venerdì calendario

TRAGICI ASCOLTI GLI SPONSOR PRONTI A CHIEDERE IL RIMBORSO


Sono i conti della serva, non occorre essere Milton Friedman, un macroeconomista per capire: io, inserzionista, pago un botto di pubblicità per un certo ascolto. Se tu, televisione, non raggiungi l’ascolto, mi ridai i soldi. Poi si vede come. A rate, in contanti, in natura, boh. Punto. Nella seconda serata il Festival di Sanremo ha fatto 8 milioni 918mila telespettatori e il29,34% di share. Un anno fa, la media complessiva della serata fu di 11.330.000 spettatori (42.9%). Quasi quattro milioni di spettatori persi, quasi 9 punti vaporizzati. Ergo, saranno i disoccupati aspiranti suicidi, sarà il Milan, saranno le battute della Littizzetto, ma, insomma per ora, Sanremo è un disastro. La curva dell’Auditel è onestamente terrificante. E il perfido Roberto D’Agostino intervistato da Rtl ha chiaramente prospettato l’apocalisse: sotto il 35% di share media, la Rai sarà costretta a restituire i soldi agl’inserzionisti che in questi giorni sono già pronti coi forconi. Giancarlo Leone, direttore di Raiuno, giustamente fa la sua parte: «Gli ascolti tradizionalmente scendono tra prima e seconda serata del Festival. L’anno scorso ci furono 6 punti di differenza. Quest’anno 12 punti ma non si può fare una lettura acritica. È importante il contesto competitivo. Ieri il Milan tra Canale 5 e pay tv ha fatto il 25% di share. Canale 5 rispetto all’anno scorso ha fatto 10 punti in più. Non se ne può non tenere conto». Infatti ne teniamo conto. Ma è un disastro lo stesso. Leone afferma anche che la Rai non è tenuta a restituire i soldi agli sponsor. La tecnica di vendita degli spazi del festival non è quella classica e «il computo viene fatto giorno per giorno, su dati puntuali, e non sono previsti sconti. Al saldo finale si vedrà quali saranno le politiche commerciali da adottare successivamente. Succede sempre ogni anno». No, un disastro di questa portata non accadeva da anni (da Panariello? Dalla seconda riedizione di Baudo?). E ora accadrà, se continua così, che gli inserzionisti (che avevano pagato spot in prime time considerando un obiettivo di partenza del 40%) si siederanno al tavolo con la Rai e decideranno nuovamente quale sarà la cifra da pagare. Di solito non è cash, ma si tratta di altra pianificazione compensativa nelle prime serate di altre fasce commerciali assimilabili nell’arco dell’anno.
Ora, tutto questo non è carino. Soprattutto considerando che la Corte dei Conti, giorni fa, aveva azzannato alla gola Sanremo. Che, con le sue spese pazze negli ultimi tre anni - nelle edizioni Clerici e Morandi - aveva accumulato una ventina di milioni di euro di «rosso». E soprattutto considerando che Giancarlo Leone si era un po’ allargato: «I costi del Festival sono stati già coperti da alcune settimane grazie a pubblicità e sponsor. A oggi il Festival è a costo zero, forse a fine rassegna potremo dire che ha prodotto anche degli utili. Come l’anno scorso il costo totale, comprensivo dei 7 milioni della convenzione con il Comune di Sanremo, è di 18 milioni». Qualche cifra diciamo che cambierà. Sarebbe la prima volta che il programma più seguito della tv italiana va incontro alla sua debacle. Beppe Grillo - lo sussurriamo- quando denuncia gli sprechi sempiterni della kermesse non ha tutti i torti.
Ci rendiamo conto che questa selva di numeri può annoiare. Tra l’altro, il Festival, ha un altro problema. Mentre la sua prima serata ha trionfato nel web e nei social, la seconda è stata oggetto di 194.498 tweet, inviati da 42.212 utenti unici. Non è una gran cifra. Circa 140mila in meno rispetto a quelli che hanno accompagnato, martedì, la prima serata del festival, 334.913, secondo i dati di Audisocial Tv, l’osservatorio permanente di Reputation Manager che misura le performance dei programmi televisivi sul web. «Si tratta di un calo importante» commenta Andrea Barchiesi Ceo di Reputation Manager «quasi la metà dei tweet rispetto alla prima». Le spiegazioni di questa Waterloo anticipata ed imprevista, al di là delle motivazioni tecniche, si raggrumano in una sola parola. La noia.