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 2014  febbraio 21 Venerdì calendario

E LA MELANDRI SI PREOCCUPA PER LA SUA DONNA DI SERVIZIO


Nel pieno del disastro ucraino, mentre decine e decine di persone vengono ammazzate in piazza e il Paese si affaccia sul precipizio della guerra civile, suscita particolare commozione la situazione di Giovanna Melandri, ex ministra e direttrice del museo romano Maxxi per meriti ignoti ai più. Mercoledì sera, quando uno squarcio d’inferno s’apriva su Kiev, l’ex bellezza di sinistra regalava al mondo il seguente tweet: «In Ucraina una violenza inaudita verso chi spera nell’Europa. Nadia, che da anni mi aiuta a casa, sogna l’Europa per i suoi figli».
Che immagine romantica. Poesia degna di un capolavoro della letteratura come La capanna dello zio Tom. Giovanna Melandri si sente partecipe della tragedia ucraina, la sente bruciare sulla pelle. E perché? Perché la sua colf è ucraina. Anche se lei, con dolce perifrasi, la indica come colei «che da anni mi aiuta in casa», perché dire «colf» non è bello e soprattutto non è molto di sinistra.
Apprendiamo dunque che i figli della sua colf «sognano l’Europa». A parte il fatto che probabilmente i figli di Nadia sognano di fare un mestiere migliore di quello della madre, magari in Italia e con uno stipendio dignitoso. L’aspetto struggente della faccenda è il modo in cui Giovanna stabilisce un legame con la violenza che flagella l’Ucraina. Riesce a concepirla perché ne sente parlare dalla donna di servizio.
Neanche impegnandoci potremmo trovare una caricatura del radical chic migliore di questa. Immaginiamo la Melandri che si dispera: «Povera Nadia, chissà che patema d’animo. Guarda, sono proprio... Non sai quanto ti sono vicina. Anzi, mi sento colpita nel profondo, guarda. Sono proprio ferita, il dolore mi sommerge. A proposito, Nadia, quando hai finito di pulire la tazza, portami un bicchiere di sherry e una fetta di quella torta che fai tu, così magari mi tiro su. Ti sono tanto, tanto vicina...».
Con tutta probabilità la Melandri, fra un catalogo d’arte da compulsare e l’altro, non si è accorta che poteva commentare quel che accade a Kiev senza bisogno di farselo spiegare dalla servitù. E se voleva riportare il tormento di una persona Nadia che giustamente soffre per la sua terra martoriata e per i suoi figli che si giocano il futuro, poteva farlo senza rimarcare le differenze di classe.
Ma il ragionamento deve esserle venuto spontaneo. Del resto, le tragedie vissute per interposta persona sono più facili da digerire, diventano una questione quasi folkloristica. E intanto i sogni dei ragazzi che magari sperano davvero in un avvenire diverso sono fatti a pezzi nella retorica buonista, nello slogan da politico peracottaro che si trova il terzo mondo in casa e lo guarda con un misto di curiosità e pietà. Chissà se la bella Giovanna si commuoveva anche quando andava a ballare al Billionaire di Malindi. Forse anche lì si dava pena per i giovani kenioti costretti a vivere in povertà. E allora, finite le danze, veniva il momento della solidarietà: la Melandri si avvicinava a un tavolo imbandito e riempiva un piatto, nell’intento umanitario di vincere la fame nel mondo con un aperitivo. Scontato, intendiamoci, ché fino alle 21 c’è l’happy hour.