Franco Bechis, Libero 21/2/2014, 21 febbraio 2014
C’È ANCHE IL TRUCCO PER SALVARE IL SENATO
Caro Matteo Renzi, se pensavi che abolire il Senato con un tratto di penna fosse una passeggiata, scordatelo pure. Perché noi senatori non ci facciamo cancellare per i tuoi giochetti. E poi costiamo la metà di quel miliardo di risparmi che ti sei venduto. Se vuoi fare le cose sul serio, l’idea buona te la offriamo noi: cancella la Camera dei deputati, che giusto un miliardo l’anno viene a costare. E se proprio ti piace tanto trovare un dopolavoro a qualche sindaco e presidente di Regione, ti diamo pure un’altra idea che ti consentirà bei risparmi: trasforma quel baraccone inutile del Cnel nel Consiglio nazionale delle autonomie. L’idea provocazione al premier incaricato è venuta a un socialista che in Senato ci è arrivato proprio con il Pd (sostituendo il dimissionario Ignazio Marino, che diventava sindaco di Roma): Enrico Buemi. In men che non si dica è diventata un disegno di legge costituzionale che sta facendo furore a Palazzo Madama. Tanto che è diventato il testo di legge più trasversale di questa legislatura. L’hanno firmato Luigi Marino, eletto con Scelta civica e ora passato ai Popolari per l’Italia, ma anche Roberto Ruta del Pd, Cinzia Bonfrisco di Forza Italia, Ulisse di Giacomo del Nuovo Centrodestra, Serenella Fucksia del Movimento 5 Stelle, Marino Mastrangeli che è stato il primo espulso dal movimento di Beppe Grillo e oggi aderisce al gruppo misto, altri senatori di Gal fra cui Lucio Barani e Luigi Compagna, e le firme si aggiungono di giorno in giorno. Magari non realizzeranno il loro sogno di mandare a casa con un tratto di penna tutti e 930 i deputati (ma il brivido per qualche settimana glielo faranno provare). Però il messaggio trasversale a Renzi è chiaro e tondo: attento, perché sull’abolizione del Senato qui a Palazzo Madama daremo battaglia. E chissà che il nuovo premier non debba venire a patti o ingranare la retromarcia.
La relazione di accompagnamento al disegno di legge costituzionale parla assai chiaro. «Piuttosto che eliminare il Senato », esordisce, « il cui regolamento ha già da tempo recepito le istanze di governabilità del Paese, consentendo di gestire i lavori in modo assai meno conflittuale di quello della Camera, è preferibile convogliare le opportune istanze di risparmio della spesa pubblica, semplificazione dei processi decisionali e revisione del parlamentarismo in direzione della soppressione della Camera bassa, a composizione maggiore e quindi più ipertrofica ed ingestibile». Più europeo anche mantenere il Senato piuttosto che la Camera: «Anche sotto il profilo del rapporto numerico tra parlamentare e popolazione, l’attuale 1 a 188.867 del senatore è assai più vicino agli standard esteri dell’1 a 96.232 del deputato italiano: per il Bundestag tedesco il rapporto è 1 a 131.433, per l’Assemblée nationale francese è 1 a 112.782, per il Congreso de los diputados spagnolo è 1 a 131.865; in Giappone un deputato rappresenta 177.230 elettori, negli Stati Uniti d’America il rapporto è 1 a 570.694».
Unica concessione che si fa: abolire i senatori a vita, rendendo l’assemblea di Palazzo Madama «appieno espressione della sovranità popolare e quindi legittimata ad intrattenere in via esclusiva il rapporto fiduciario con il Governo». Poi si va alle esigenze di cassa: «Si recepisce l’istanza per il risparmio di un miliardo di euro dagli organi costituzionali, lanciata dal nuovo segretario del Partito democratico, fondandola su basi meno precarie: si prescrive infatti che i costi degli organi costituzionali non potranno superare una quota del bilancio dello Stato che sia pari o inferiore allo 0,1 per cento, con ciò riducendone il costo a 528 milioni di euro, cioè ai due quinti dell’attuale (Camera, Senato, Corte costituzionale e Consiglio superiore della magistratura oggi incidono per 1,8 miliardi di euro annui) ». E al posto del Senato delle autonomie immaginato da Renzi, il gruppo di contestatori lancia la sua idea: «Un organo che sostituirà il Cnel, denominato Consiglio nazionale delle autonomie – una composizione più snella dell’attuale ed una posizione di seconda linea nel procedimento normativo». Servirà alla «compartecipazione col Senato nell’elezione del Capo dello Stato, di parte del Consiglio superiore della magistratura e dei giudici costituzionali» e «gestirà in proprio la fase consultiva sulle nomine pubbliche, quella di controllo sulle pubbliche amministrazioni e quella sulle norme secondarie».