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 2014  febbraio 21 Venerdì calendario

ECCO IL BUONISTA FAZIO: «MI SONO ROTTO LE PALLE»


SANREMO Si è tolto la maschera: eccolo qui, il vero volto di Fazio, il conduttore «perbene» che tanto piace ai bambini, alle mamme, alle nonne e al milieu del politicamente corretto. Dopo trent’anni di slalom stretto nelle piste scivolose dell’«educazione» è precipitato di fronte a una legittima domanda del vostro cronista, reo di aver ipotizzato che forse il suo stile «iperbuonista» può essere giunto a un punto di usura, visti anche gli ascolti catastrofici della seconda serata, scesi a meno del 34 per cento, mentre lo scorso anno avevano superato il 42. In termini di spettatori, nel 2013 erano stati 12 milioni e mezzo, mentre stavolta, nella porzione decisiva dello show, sono stati solo 7 milioni e 700 mila. Un bagno di sangue, ai livelli negativi dell’edizione della Ventura: ma allora c’era stato il boicottaggio delle grandi case discografiche, e la gara canora era di serie B.
Aveva i nervi a fior di pelle, Fabietto, nella rituale conferenza stampa del mattino, ma aveva cercato per tutto il tempo di simulare un aureo distacco dalle cose e dai numeri negativi. Se la prendeva con la partita del Milan su Canale 5, «perché quando è finita siamo tornati al 40 per cento», vacillava ricordando che nella sera del debutto il calo era stato «solo di un punto e mezzo» rispetto al suo regno di 12 mesi prima: ma era un gioco delle tre carte. A quel punto, gli abbiamo posto la domanda fatale: «Caro Fazio, visto che il direttore di Rai1 Leone ci aveva anticipato che per il 2015 tu resti la prima scelta, sei disponibile? O forse, visti gli ascolti tragici, non trovi che sia usurato il tuo modo iperbuonista di condurre il Festival?». Tutto qui. Apriti cielo: in un istante, ringhiando e sbuffando, l’innocuo omino della tv, il fidanzato che tutte le suocere sognano per le figlie, quello che immagini togliersi le scarpe appena rincasa e mettersi stracci di lana sotto ai piedi perché la moglie ha passato la cera, quello che si addolora pensando di schiacciare gli acari sul letto, quello che se vede una banconota da cinquecento euro per terra la consegna al negozio di fronte, ebbene lui, proprio lui si trasforma in un amen in un sicario di giornalisti accreditati per porgli questioni. La sua risposta, testuale: «Io non sono più disponibile a sentire la parola buonista. Mi sono rotto le palle in un modo pazzesco. E sono gentile adesso! Non è possibile interpretare la buona educazione e la banale civiltà come buonismo! Viviamo in un Paese costruito sulla rabbia! Basta con l’aggressività dei media! Questa è istigazione a delinquere! Bisogna smetterla! Smetterla!». Naturalmente, la sua ira funesta è dilagata immediatamente in tutti i siti, le agenzie, i notiziari (QUI al minuto 51’ il video dello sfogo del conduttore ndr). A sera, lui ha ribadito la sua posizione al Tg1. Pentito? Macché: ha visto nel nostro quesito degli «insulti» mentre lui sta cercando di infondere «speranza» agli italiani creando uno spettacolo «sulla bellezza».
Cari lettori de Il Tempo, quest’uomo deve delle scuse non al vostro cronista, ma a voi e a chiunque non condivida il suo modo di condurre il Festival. Fazio non è il depositario unico della buona educazione, né della verità televisiva. È tenuto a rispondere in modo garbato alle osservazioni che gli vengono rivolte dagli operatori dell’informazione, che gliele porgono in nome e per conto di chi non può farlo direttamente, cioè tutti voi. Si è rotto le palle? Immagini noi, di fronte a una «festa Rai» che mercoledì pareva un malinconico commiato al mondo, con soubrette di 50 anni prima o una Franca Valeri immensa come donna e come attrice, ma che avrebbe potuto essere omaggiata in altro modo, senza che si stringesse il cuore a chi la osservava da casa. Si è rotto le palle perché vede la definizione di «buonista» come un’accusa? Non più tardi di 24 ore prima era stato lui a riappiccicarsi fiero quell’etichetta sulla fronte, nella stessa sala stampa dell’Ariston. Si è rotto le palle se gli italiani pretendono qualcosa di godibile da un Festival in cui intasca 650 mila euro per portarsi i sodali in scena, dopo aver scelto per la gara canzoni non indimenticabili, penalizzando peraltro i giovani artisti (la miglior canzone di tutto il lotto, big compresi, è quella di Diodato), ai quali sostiene di tenere tanto, mandandoli in onda all’ora in cui riaprono i primi bar? Si è rotto le palle perché gli si chiede se è disponibile a rispondere alla chiamata di Leone per un terzo Festival (a proposito, bontà sua, ha detto di voler intanto arrivare a sabato e poi si vedrà)? Si è rotto le palle perché molti italiani trovano che a volte il suo cast di autori vada fuori tono, lui che insegue l’educazione mentre la Littizzetto ha sparato ieri sera un «vaffanculo» alle donne che scelgono la chirurgia estetica, parlando della bellezza a senso unico («solo i nazisti non ci volevano tutti diversi») in un monologo triste, interminabile, pieno di retorica a buon mercato? Si è rotto le palle perché come tutti i democratici taroccati bisogna dargli ragione a prescindere? Se fosse un leader politico dovrebbe tenere botta a ogni sorta di critica, se questa non travalica i limiti della civile dialettica: dovrebbe infiocchettarsi i pareri non favorevoli, portarseli a casa e magari ragionarci su per fare di meglio e convincere i teleutenti a pagare il canone. E un’ultima cosa: si è forse rotto le palle perché ha visto le compagne dei marò entrare nel suo tempio e la Carrà lanciare un appello in sua vece, mentre lui balbettava? Leone ha più volte sottolineato che Sanremo non è la sede per affrontare delicate questioni internazionali. Ok, e allora perché Fabietto ha citato la tragedia dell’Ucraina, sostenendo che «Il Festival è sempre molto visto all’Est»? Ieri sera c’era forse qualcuno sintonizzato da Kiev per dar corpo al suo auspicio che la mattanza finisca? Duole dirlo, ma l’educato, perbene Fazio sembra essere andato in frantumi. Non solo nelle parti basse.