Davide Fumagalli, Milano Finanza 21/2/2014, 21 febbraio 2014
PERCHÉ FACEBOOK HA SPESO 19 MLD $
Lo scivolone del 5% del titolo Facebook nell’afterhour a Wall Street, dopo la notizia dell’acquisizione di WhatsApp, potrebbe essere solo l’inizio, anche se ieri in serata il titolo a Wall Street era in progresso dell’1,8%. La mossa di Zuckerberg ha lasciato perplessi gli osservatori non solo per la cifra monstre di 19 miliardi di dollari messa sul piatto, che non trova il minimo riscontro oggettivo nei bilanci.
Se anche Whatsapp riuscisse infatti a convincere il suo miliardo di utenti totali a pagare il costo dell’abbonamento, pari a 99 centesimi, genererebbe un fatturato di 1 miliardo di dollari. Un risultato per il momento lontanissimo dalla realtà, che valuterebbe in ogni caso il sistema di messaggistica fondato da Jan Koum ben 19 volte il fatturato, valutazione che trova pochi riscontri in operazioni basate su logiche di business sostenibili. Inoltre il miliardo di utenti di WhatsApp si riduce a 450 milioni se si guardano gli utilizzatori su base mensile, ed è quasi completamente sovrapponibile ai 945 milioni di utenti che hanno utilizzato Facebook da dispositivi mobili nel mese di dicembre. Proprio questo dato evidenzia uno dei punti più significativi alla base dell’operazione, ovvero il sostanziale fallimento di Facebook nell’imporre il proprio sistema di messaggistica, su cui aveva puntato molto avendo investito cifre significative nello sviluppo di una piattaforma che replicasse proprio molte delle funzionalità di WhatsApp.
Sfortunatamente per Zuckerberg, i tentativi non sono andati a buon fine né nel campo della messaggistica istantanea, il più utilizzato proprio dagli utenti più giovani, che manifestano per di più segni di noia verso lo stesso social network come modalità di condivisione di informazioni, né in quello della più tradizionale posta elettronica, decisamente redditizia in termini di ricavi legati agli investimenti pubblicitari. Un campo, quest’ultimo, presidiato in modo sinora quasi inattaccabile da Google e, in misura minore, da Microsoft e Yahoo. L’acquisizione può quindi essere interpretata come mossa difensiva. Il 53% dei 2,3 miliardi di dollari di fatturato negli investimenti pubblicitari registrati lo scorso trimestre da Facebook, infatti, è relativo ai dispositivi mobili, e Zuckerberg ha dimostrato sinora di essere più che disponibile ad aprire i cordoni della borsa con generosità per acquisire potenziali rivali, come già accaduto con Instagram.
Altro fattore sicuramente alla base dello scivolone in borsa di Facebook riguarda le modalità con cui la costosissima acquisizione è stata condotta. Dei 19 miliardi di dollari pagati, infatti, solo 3 sono in contanti, poco più di un quarto degli 11,45 miliardi di cassa su cui può contare Facebook, mentre gli altri sono stati pagati attraverso l’emissione di azioni. Il classico scambio carta contro carta che consente di evitare di prosciugare la cassa ma diluisce anche il valore delle azioni esistenti, specie se la preda non è considerata dal mercato poi così succulenta e in grado di sostenere in tempi ragionevoli il valore attribuito attraverso concreti contributi al conto economico.
E proprio questo è il terzo punto all’attenzione del mercato: come integrare le due piattaforme, anche a livello di business? Koum non ha mai fatto mistero di voler puntare sulla soddisfazione dei propri utenti, conscio probabilmente della grande facilità con cui è possibile replicare il servizio offerto da WhatsApp, e le due cose che ha sempre esplicitamente escluso al fine di non disturbare gli utenti sono la pubblicità e il mondo del gaming. Il che, visto da Facebook e dei suoi azionisti, non è propriamente una scelta rassicurante.