Marco Bolasco, il Venerdì 21/2/2014, 21 febbraio 2014
COSA SI MANGIA? VAI SU BULLIPEDIA
BARCELLONA. ElBulli, il ristorante di Ferran Adrià a Roses, riaprirà le sue porte. Data fissata, il 2016. E farà discutere molto più della sua cucina innovativa. Intanto perché non sarà un ristorante, e non sarà prenotabile come prima. Si chiamerà elBulli1846 (numero dei piatti creati nella storia del ristorante e data di nascita di Aguste Escoffier, cuoco francese e padre nobile della cucina contemporanea) e lo possiamo immaginare come un grande centro espositivo, nel mezzo di un parco naturale, dedicato alla storia della cucina. Molto diverso da un museo, cercherà di ricostruire il processo evolutivo che è alla base della cucina occidentale, perché la cucina evolve da sempre. E se è vero che «la tradizione è un’innovazione ben riuscita» (Oscar Wilde) ecco che a fianco del percorso storico nascerà anche elBulliDNA, ovvero un laboratorio su innovazione e creatività – in cui la cucina sarà invece solo il linguaggio usato – che vedrà una squadra di trenta creatori al lavoro, fra i migliori del mondo.
Nel complesso 5.400metri quadrati che costeranno 9 milioni di euro e quasi due anni di lavori, ma che resteranno sempre uno spazio culturale work in progress. Sarà l’elemento centrale del lavoro di elBulli- Foundation, la fondazione per la ricerca sulla cucina che Adrià ha creato, con il supporto di varie aziende fra cui Telefonica e la nostrana Lavazza. Un progetto che verrà donato alla collettività, al governo catalano, come patrimonio a disposizione di tutti, per alimentare la ricerca e la conoscenza in cucina. E il ristorante? Ci sarà qualcosa di simile, ma esisterà solo un mese all’anno: sei o sette cene sperimentali per quattro o sei coperti alla volta. La metà messi a disposizione gratuitamente su internet via sorteggio e l’altra in vendita. Una tavola/laboratorio talmente empirica da essere la prova di modi di mangiare innovativi, e serviti –perché no – anche sulla vicina spiaggia di Cala Montjoi.
Ma quello che rende ancora più ambizioso il progetto della fondazione creata dal cuoco catalano è il grande obiettivo di una vera enciclopedia aperta sulla cucina: Bullipedia. La decisione è stata presa nell’ottobre del 2012, quando la rivista Wired ha dedicato la copertina della sua edizione internazionale ad Adrià come genio innovativo. È stato quello lo stimolo che lentamente ha portato Adrià alla costruzione di una mappa del cibo e alla necessità di pensare a una piattaforma di dominio pubblico capace di offrire un’analisi storica, con annesse teorie, fruibile attraverso internet.
Laddove non ci sono informazioni complete si procede alla costruzione di teorie con quello che si sa. L’art de bien faire les glaces d’office, Bartolomeo Scappi, Antoine Carême – un libro e due autori fondamentali nella storia della cucina – sono solo alcune delle fonti utilizzate. «In pochi però hanno messo insieme questi racconti e questi dati. È come se ognuno lavorasse per conto proprio, e noi stiamo cercando di analizzare tutto all’interno del relativo contesto storico» dice Adrià. «Non è possibile per esempio parlare di ge- lato in un’epoca in cui latte non era sufficientemente diffuso, ma si può scoprire – come è capitato a noi – che i gelati salati fossero molto utilizzati già alla fine del Settecento. Alla faccia di chi dice di avere inventato un piatto nuovo oggi».
«Chi ha inventato davvero la cucina?» continua Adrià. «In tanti mangiamo cose diverse. E spesso proprio il ruolo del commensale è stato più importante di quello del cuoco. Pensate al semplice pane e pomodoro che ci si può fare a casa. A seconda che si aggiunga un ingrediente o un altro (una fetta di prosciutto, un’acciuga) il piatto è diverso. E questo vale anche per i cambi di abitudine o del modo di mangiare. E come si classificano gli alimenti? Davvero pensiamo che il nostro pane e pomodoro sia un piatto semplice? E l’olio extravergine che si usa non è il risultato di un’elaborazione complicata? E il pane? Qualsiasi cosa è sempre il frutto dell’uso di uno strumento e di una tecnologia. Perché allora definire tutto questo cucina semplice, di prodotto – o peggio ancora non cucina – quando dietro ci sono molti più passaggi di quelli che normalmente si trovano in un piatto creativo di oggi? Bene, è su questo che dobbiamo ragionare, per classificare i nostri alimenti e capire fino in fondo cosa mangiamo e perché. Dietro al cibo c’è la storia dell’umanità. C’è cultura, economia, società. La cucina è questo e bisogna smettere di usare definizioni arbitrarie. Noi stiamo provando a organizzare tutte queste informazioni per renderle fruibili al grande pubblico, andando oltre le convenzioni e il già noto. Storicizzare serve a questo, e darà nuovi strumenti a tutte le scuole di cucina del mondo».
Per poter organizzare scritti, libri e ricerche attraverso un sistema di consultazione via web, Adrià ha creato un gruppo di lavoro che parte dai suoi più stretti collaboratori ma che si allarga fino a coinvolgere i professori di alcune delle più importanti università mondiali, a cominciare da Harvard. Storici, ricercatori e antropologi lavoreranno insieme nel cuore di Barcellona, in un vecchio capannone industriale riadattato. Il cantiere è partito poche settimane fa, a due passi da Plaza d’Espanya. Millecinquecento metri quadrati dedicati alla ricerca e alla condivisione, per un contenuto fruibile da tutti.
In fondo questa nuova fase del lavoro di Adrià è la naturale continuazione del suo Bulli, che è stato non tanto un ristorante di cucina contemporanea quanto la vetrina di un gruppo di persone che ha a cuore lo studio dell’evoluzione legata al cibo. E che anche per questo è stato capace di attrarre l’interesse del mondo accademico, di svegliare interessi sopiti e di rivoluzionare il concetto di ristorante e alta cucina per condividere col grande pubblico il senso del proprio lavoro. Non a caso lo chef catalano è stato capace di smuovere istituzioni e imprese private che oggi fanno a gara per sostenerlo. A dimostrazione che la cucina possiede enormi margini di sviluppo anche quando non gira intorno ai fornelli e alla tavola.
Chissà quando riusciremo a capirlo anche noi italiani, che come dice Adrià abbiamo scritto buona parte dell’abecedario gastronomico occidentale: «Mi sto accorgendo che alla base della cucina di oggi ci sono molti più elementi italiani che francesi. E che buona parte di ciò che si prepara nel mondo è nato in Italia. E non sto parlando di prodotti ma di concetti, di tecniche». E mentre noi aspettiamo che qualcuno se ne accorga, l’équipe di Bullipedia pensa già a una trasferta creativa in Italia, magari a Torino, dove ha già lavorato più volte con soddisfazione.