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 2014  febbraio 18 Martedì calendario

IN “L’ORO DI SCAMPIA HA TRIONFATO BEPPE FIORELLO

IN “L’ORO DI SCAMPIA HA TRIONFATO BEPPE FIORELLO –

Milano, febbraio
Siamo in tempo di Olimpiadi, anche se invernali, e così la Rai, con un tempismo di notevole livello, ci ha proposto una fiction... olimpica. Parlo de L’oro di Scampia, film TV in onda lunedì 10 febbraio su Raiuno, con protagonista Beppe Fiorello nel ruolo di Enzo Capuano. Perché parlo di Olimpiadi? Semplicemente perché il personaggio da lui interpretato, Enzo Capuano, è liberamente ispirato alla figura di Gianni Maddaloni, insegnante di judo e padre di Pino, uno dei più grandi atleti italiani nella storia di questo sport, vincitore di un oro olimpico nel 2000, ai Giochi di Sydney, in Australia. Una storia tutta da raccontare che è stata resa ancora più godibile e importante per noi telespettatori dall’arrivo, proprio in quelle ore, di due medaglie alle Olimpiadi di Sochi, in Russia, conquistate dagli atleti azzurri Armin Zoeggeler, nello slittino, e Christof Innnerhofer, nello sci, in discesa libera. Ma la somiglianza delle storie si ferma qui: la vicenda sportiva e umana di Gianni e Pino Maddaloni (descritta nel libro La mia vita sportiva, scritto proprio da Maddaloni “senior” e base per la sceneggiatura della fiction) è un viaggio molto più complesso di quello affrontato da tanti altri protagonisti di splendidi risultati sportivi. È, infatti, un vero e proprio “calvario” sopportato con dignità da Gianni, uomo forte e coraggioso, che scelse di contrapporre lo sport al degrado e alla malavita (siamo vicino a Napoli, a Scampia, paese ad altissimo tasso di disoccupazione e regno della camorra), nella convinzione che solo il duro impegno e i sacrifici, in questo caso all’inseguimento di un trionfo sportivo, possono consentire di sfuggire alla criminalità. Nella fiction, i nomi dei personaggi cambiano e i Maddaloni padre e figlio diventano, rispettivamente, Enzo e Toni Capuano (interpretato da Gianluca Di Gennaro); la storia, però, è la stessa. Nella parte di Enzo c’è Beppe Fiorello, con tanto di barba e capelli ormai più sale che pepe, perfettamente adeguato a un ruolo in cui si deve passare frequentemente dall’autorità all’autorevolezza, in cui si deve mescolare l’indole tenera e protettiva del papa con la severità dell’allenatore duro, capace di combattere persino contro le istituzioni.
Lo scopriamo quando, per esempio, Enzo deve ottenere fondi per mantenere la scalcinata palestra di cui si occupa, proprio a Scampia. “Ci tagliano la luce e noi ci alleniamo con le candele”, dice Enzo/Beppe in una delle prime scene. Dal riscatto si arriva poi alla vera apoteosi quando Toni, il primogenito, comincia ad allenarsi, fino a diventare un campione. È stata una narrazione semplice, costruita con abilità e non priva di ritmo; anzi, il bello e il grande merito de L’oro di Scampia è stato la scelta di non indugiare sul dramma sociale, ma semmai insistere sull’aspetto sportivo, raggiungendo comunque (e forse con maggiore credibilità) lo scopo di dimostrare che tutti possono farcela e che le cosiddette vittime della società non è affatto detto che debbano restare tali per tutta la vita. Beppe Fiorello garantisce, oltre al richiamo della sua ormai dimostrata versatilità d’attore, la forza dell’uomo adulto, del capo carismatico di cui tanti giovani sbandati avrebbero bisogno. Accanto a lui non sono stati da meno Gianluca Di Gennaro, napoletano doc, piglio d’attore giovane cui non mancano grinta e bella presenza, e soprattutto Anna Foglietta (nella parte di Teresa, moglie di Enzo), già in Distretto di polizia, “madre coraggio” nel pieno della sua maturità d’attrice. Brava, davvero brava: ha reso moderna la classica figura della “popolana” napoletana, quasi in continuità con la tradizione del cinema neorealista italiano del Dopoguerra. “Se mio marito e mio figlio sono arrivati fin lassù, lo devono a loro stessi”, dice, a un certo punto, il suo personaggio Teresa. E così, senza proclami o sociologia spiegata da esperti, sottolinea come un destino maligno e ombroso possa riempirsi di speranza quando la volontà personale di riscatto diventa una pratica quotidiana.