Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 20/2/2014, 20 febbraio 2014
IL PROCESSO FAI-DA-TE
Ormai l’abbiamo capito: il processo sulla trattativa Stato-mafia non s’ha da fare. Per trovarne uno altrettanto osteggiato da politica, grande stampa, intellettuali e magistratura, tornare indietro al caso Andreotti non basta: bisogna riavvolgere il nastro fino a metà anni 80, al maxiprocesso contro la Cupola istruito dal pool di Falcone e Borsellino. La mafia, e dunque la politica, la stampa e l’intellighentija al seguito sapevano bene dove potevano arrivare quei magistrati, a lasciarli fare. Così come oggi Riina, e dunque la politica, la stampa e l’intellighentija al seguito sanno benissimo dove potrebbero arrivare i pm di Palermo, a lasciarli fare. Dopo gli alti moniti del Quirinale per lo Stato e di Riina per la mafia contro il processo sulla trattativa e contro chi l’ha istruito, ecco il libro che assolve preventivamente gli imputati perché agirono in “stato di necessità” (la stessa soave espressione usata dai giudici catanesi negli anni 80 per assolvere i cavalieri di Catania). E, perfetta coincidenza, la relazione della Superprocura firmata dal sostituto Maurizio De Lucia, fedelissimo del duo Grasso&Pignatone durante la demolizione del pool di Caselli. La Dna ha compiti di coordinamento del lavoro svolto dai vari pool antimafia sparsi per l’Italia. E, nelle sue relazioni, deve offrire un quadro aggiornato delle mafie. Non certo demolire l’antimafia e criticare i processi a carico dei mafiosi. Invece è proprio quel che ha fatto il sostituto De Lucia, esprimendo “preoccupazione” per il reato contestato nel processo Trattativa – “violenza o minaccia a corpo dello Stato” – che porrebbe “problemi di natura giuridica e fattuale al Giudice che dovrà decidere”. Segue un demenziale riferimento all’assoluzione in primo grado del generale Mori in un altro processo, quello per la mancata cattura di Provenzano, che “presenta significativi momenti di collegamento probatorio e sostanziale con quello in argomento e il suo esito non può non destare oggettivi motivi di preoccupazione sull’impostazione del processo c.d. trattativa”. Cioè: Mori è stato assolto (per ora) perché il fatto – non aver catturato Provenzano, favorendo la mafia – è vero, ma non è reato perché manca il dolo; dunque il processo Trattativa – che riguarda tutt’altri fatti e di cui semmai la mancata cattura di Zu Binu è una conseguenza – preoccupa il sostituto De Lucia.
Un tempo l’Italia era il Paese dei 60 milioni di citì della Nazionale di calcio. Ora abbiamo decine di magistrati che pretendono di giudicare la trattativa senza averne la competenza, né fattuale né processuale. E si sostituiscono ai soli giudici deputati a stabilire se gli imputati siano colpevoli o innocenti: quelli della Corte d’Assise di Palermo. Naturalmente queste invasioni di campo possono accadere impunemente in un solo processo: quello. Se un magistrato che non c’entra nulla e non sa nulla si permettesse di commentare un processo in corso gestito da altri colleghi, dicendo che l’imputato è innocente o che il capo d’imputazione è sballato, finirebbe ipso facto sotto azione disciplinare (com’è accaduto persino al presidente di Cassazione Antonio Esposito per aver parlato, anzi per non aver parlato, di un processo suo, per giunta definito con sentenza definitiva). Ma c’è di più: quello del sostituto De Lucia è un copia-incolla di affermazioni critiche già fatte nella relazione della Dna del dicembre 2012, quando ancora il processo Trattativa doveva passare al vaglio del Gup: anche allora il sostituto De Lucia era preoccupato per il capo d’imputazione, poi però il gup Piergiorgio Morosini rinviò a giudizio tutti gli imputati, superando tutte le eccezioni anche sul capo d’imputazione. Ma il sostituto De Lucia rimane preoccupato. Non solo: nel dicembre 2012 il sostituto De Lucia scriveva che, sebbene sia detenuto, “gli appartenenti a Cosa nostra riconoscono ancora Riina Salvatore quale capo di tutta Cosa nostra”. Ma, ora che Riina ha condannato di morte Di Matteo, quella frase è scomparsa. Nel giro di un anno, da capo di Cosa Nostra, Zu Totò è diventato un pirla qualsiasi. Strano, vero?