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 2014  febbraio 20 Giovedì calendario

CHI C’È DIETRO RENZI


Un nome, un padrino. Non c’è uno solo dei candidati nelle caselle più importanti del prossimo governo di Matteo Renzi che non arrivi dai consigli più o meno interessati di chi ha grande influenza sul premier incaricato. E le mire sono soprattutto sulle due poltrone decisive dell’esecutivo: quella del ministero dell’Economia e quella dello Sviluppo Economico. È diventata pubblica grazie allo scherzo telefonico de La Zanzara la zampata di Carlo De Benedetti su Fabrizio Barca. Ma l’Ingegnere mica si è arreso per il gran clamore: un prezzo deve pure avere la lunga e amorevole compagnia alla scalata al potere del sindaco di Firenze fatta dall’armata editoriale Espresso-Repubblica. C’è chi vede quella manina infatti nell’improvvisa emersione nel toto-ministri del nome del professore di Economia ed ex Rettore dell’Università Bocconi, Guido Tabellini. La sua candidatura non è nuovissima nella vigilia della formazione dei governi. Era già emersa perfino nel 2008, per la squadra di Silvio Berlusconi, come alternativa a Giulio Tremonti. Tabellini ha due estimatori influenti: Sergio Marchionne (che aveva influenza sul cavaliere,mane ha pure su Renzi) e appunto De Benedetti. Entrambi lo hanno voluto cooptare in azienda. E infatti Tabellini siede nel consiglio di amministrazione di Fiat Industrial e in quello di Cir, la holding operativa del gruppo De Benedetti. Una candidatura con padrinato evidente. Caratteristica che ha anche un altro nome spuntato negli ultimi due giorni, sia per il ministero dell’Economia che per quello dello Sviluppo Economico: Franco Bernabè, ex presidente del gruppo Telecom Italia. In questo caso il padrino ha una influenza doppia, perché è il vero fabbro della crescita del potere di Renzi ed è anche suo amico quasi di infanzia: Marco Carrai, imprenditore e finanziere, crocevia di tutte le strade che partono e portano al premier incaricato. Un suo consiglio difficilmente può essere accantonato da Renzi, sia per riconoscenza che per amicizia. Ma la scelta di Bernabè è densa di conflitti di interesse. Il longevo manager che ha attraversato industria pubblica e privata nella sua straordinaria carriera (dall’Eni a Telecom), muore dalla voglia di darsi una seconda vita politica. E lo ha confidato a Carrai, di cui però è anche socio attraverso la holding (FB group) che Bernabè controlla a maggioranza con la Bera srl dei due figli Marco Norberto e Lucia. I Bernabè e Carrai sono soci nella Cambridge Management consulting Labs srl e nella Yourfuture srl.
Carrai per altro è socio anche di un altro nome ben noto della politica e dell’imprenditoria: Chicco Testa, anche lui assai legato a Bernabè. Testa, che fu deputato dei Ds e poi presidente dell’Enel, si è incontrato con Carrai nella C&T crossmedia, di cui entrambi sono soci (Testa personalmente, Carrai attraverso la holding D&C). Probabile che Testa sia nome che prima o poi emerga a palazzo Chigi e dintorni. Ed è comunque da Carrai che passa tutta la rete dei rapporti che contano del premier incaricato. È stato lui a mettere la prima volta in contatto Renzi con Oscar Farinetti, e perfino con Alessandro Baricco, incontrato in un’al tra società: la Holden srl. E sempre da Carrai passano molti personaggi che in queste ore sembrano decisivi a muovere le colonnine del toto-ministri. Come Fabrizio Palenzona, banchiere cresciuto in Unicredit (di cui è ancora vicepresidente) e approdato alla guida di Aeroporti di Roma, e dell’Aiscat, l’associazione delle autostrade italiane. Sembra provenisse da lui il suggerimento iniziale di Lucrezia Reichlin per il ministero dell’Economia. La Reichlin era infatti consigliere di amministrazione indipendente di Unicredit, la sola che all’epoca difese Alessandro Profumo dal ricchissimo licenziamento. Ma c’è sempre Palenzona, sia pure a braccetto con Paolo Fresco (altro rapporto di Renzi ricevuto in dote da Carrai) dietro l’emergere e il solidificarsi della candidatura a ministro di Mauro Moretti, il manager che da una vita guida le Ferrovie italiane.
Fra i padrinati dell’ultima ora ne è emerso uno istituzionale e in qualche modo naturale: l’appoggio assolutamente solitario e perdente dato dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, alla riconferma del suo ex direttore generale, Fabrizio Saccomanni, all’Economia. Ma a suggerire le mosse di Renzi ci sono molti altri “influencer” che vengono da impresa e finanza e i cui consigli potrebbero essere decisivi anche dopo la formazione dell’esecutivo. Nomi in qualche caso ben noti, come il finanziere David Serra (anche lui inventato da Carrai) e del patron di Tod’s e Fiorentina, Diego Della Valle. Ma anche qualcuno emerso meno dalle cronache fiorentine: come l’ex banchiere che guidò Lazard in Italia (e fondò Euromobiliare), Guido Roberto Vitale, o il finanziere Francesco Micheli (in coppia con il figlio Carlo). Enorme il peso su Renzi di Vincenzo Manes, presidente dell’Intek group e finanziatore generoso delle fondazioni con cui il sindaco di Firenze ha scalato la grande politica. Contano enonpoco -anche due personaggi che vengono dalla diplomazia e dalle reti di lobbing americane, come JohnPhillips ex found raiser di Barack Obama, ora ambasciatore Usa in Italia. O il più oscuro Michael Ledeen, repubblicano assai conservatore, uomo simbolo dell’American Enterprise Institute...