Andrea Laffranchi, Corriere della Sera 20/2/2014, 20 febbraio 2014
IN PIEDI PER BAGLIONI DOPO L’AMARCORD CON KESSLER E VALERI
Ah, i cantanti. Ci sono anche loro al Festival e ieri sera — senza colpi di scena e con ospiti amarcord e Claudio Baglioni che fa alzare tutti in piedi — li abbiamo sentiti. Che sia un bene poi… Le canzoni di quest’anno faticano a entrare nelle orecchie. E anche quando il brano c’è, vedi Francesco Renga, è la voce che si inceppa: «Ho finito la saliva». A volte sono proprio i pezzi a non esserci, vedi Giuliano Palma che perde l’occasione per togliersi l’etichetta di re delle cover. E dire che non viene da un talent… Nina Zilli gli regala la brutta copia del suo pezzo di due anni fa («Così lontano») e lui non ci mette nulla di proprio.
Meglio rifugiarsi nella nostalgia. Si parte con l’autopromozione. Si celebra Alberto Manzi, il maestro che negli anni Sessanta dalla tv insegnò agli italiani a leggere e scrivere, per lanciare la fiction di Rai1 con il protagonista Claudio Santamaria. Qui è facile trovare l’aggancio alla bellezza, faro di questo Festival. Più difficile immaginare come verrà giustificata la presenza di Brignano, ma Fazio è maestro nel mischiare alto e basso... Si resta nel passato. Le gemelle Kessler, che nella tv in bianco e nero scandalizzavano per le gambe, ora stupiscono perché a 77 anni ballano ancora. Meglio della Littizzetto, «la gemella diversa» la chiama Fazio che finalmente si prende una rivincita.
Fabio e Luciana tornano alla bellezza: «Bello è…» è un elenco di tante banalità con qualche sprazzo di innocenza. Torna la gara. L’emozione fa inciampare anche Noemi che non prende l’attacco del primo brano. Renzo Rubino, quello che arriva dal Sanremo giovani dell’anno scorso e dovrebbe essere il più emozionato, va tranquillo. Standing ovation a lui che è il più giovane e alla decana Franca Valeri, 93 anni, che riporta in vita la Sora Cecioni in una gag generazionale con la Littizzetto. Ron sta fra cantautorato e folk con «Sing in the Rain».
La bellezza ha anche un opposto. Tocca a Gian Antonio Stella, firma del Corriere , fare un elenco delle bruttezze dell’Italia. Per sistemarle tutte ci vorrebbe un cantiere. Claudio Baglioni («ci ho messo una trentina d’anni per tornare su questo palco») ha un’idea. Dopo un’esibizione sull’onda dei suoi classici si infila un caschetto da cantiere. «Lo useremo in tutte le sere del mio tour — annuncia —. L’onestà fa paura alla gente. Ma nessuno si può chiamare fuori da questo momento che è un cantiere per un Paese danneggiato».
Solo dopo la mezzanotte arrivano i primi quattro giovani. Lezioni di stile da Rufus Wainwright. Sia nella musica, con la sua «Cigarettes and Chocolate Milk» e «Across the Universe» dei Beatles, sia nelle parole: «Sono gay, ho fatto coming out. Ho lottato per essere me stesso», e mette a tacere le polemiche che arrivavano dal mondo cattolico sulla sua presunta blasfemia. La marcia in più ce l’ha messa Pif nel pre-Festival: dal didascalico della prima puntata al surreale di ieri con un tenero corteggiamento alla Casta e la campagna contro i privilegiati del pass che mette fuori giri pure Beppe Grillo.
Andrea Laffranchi