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 2014  febbraio 20 Giovedì calendario

ALLARME DELLA CORTE DEI CONTI “SPESA PUBBLICA, 7 MILIARDI IN PIÙ CON L’ULTIMA LEGGE DI STABILITÀ”


C’è di nuovo allarme sui conti pubblici del Paese. Nella «terra di nessuno» tra il vecchio governo Letta e il «nascituro» Renzi, la Corte dei Conti compie una sorta di «due diligence» sulla finanza pubblica. Il documento presentato ieri dal presidente della magistratura contabile, Raffaele Squitieri, come allegato alla relazione Quadrimestrale sui conti pubblici, esamina la legge di Stabilità uscita dal Parlamento (definita «né di crescita né di risanamento ») e gli ultimi provvedimenti Letta-Saccomanni, per trarne giudici severi: «coperture fragili», un «vuoto di gettito» di 2,8 miliardi dal 2014 al 2016 e per 13,7 miliardi entro fine legislatura (2017-2020), previsioni disattese su Pil e deficit, pericoloso aumento della spesa corrente. «Fase delicata sul piano politico, il nuovo governo si soffermi sulla situazione dei conti pubblici», ha ammonito Squitieri. In tarda serata la replica secca del Tesoro: «Nessun vuoto di gettito, le misure analizzate hanno regolarmente trovato integrale e adeguata copertura, non solo nel triennio 2014-2016, ma anche nel quadriennio 2017-2020 quando i saldi miglioreranno», ha mandato a dire Saccomanni.
L’aspetto più preoccupante dell’analisi della Corte riguarda l’anticipo una tantum di una grande massa di entrate fiscali che sono state utilizzate per la copertura di spese o — caso espressamente citato dalla Corte — per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. «Un’ipoteca sul futuro», osserva la Corte. Il catalogo di queste misure comincia con l’operazione di innalzamento degli acconti nel 2013 per banche e assicurazioni che hanno dovuto anticipare fino al 130 per cento dell’Irap del 2014: manovra che ha beneficiato i conti pubblici dello scorso anno per 3,7 miliardi ma che lascia per i prossimi tre anni il problema di colmare un automatico «vuoto di gettito » di 2,8 miliardi.
Ancora più pericoloso il quadro che emerge dalla tabella intitolata dalla Corte “I rischi del gettito futuro” e che riguarda una serie di imposte ad «adesione volontaria» varate con la legge di Stabilità: banche e imprese hanno potuto rivalutare beni, riallineare valori delle partecipazioni o svalutare sofferenze pagando una semplice imposta sostitutiva e facendo fare cassa allo Stato già nel 2014 per 1,6 miliardi. Un anticipo che costerà caro: perché, in base a quella che la magistratura contabile definisce una «convergenza di interessi», gli stessi soggetti chiamati oggi a pagare avranno in cambio nel periodo 2017-2020 sconti fiscali, in termini di costi deducibili e abbattimento di plusvalenze: il tutto per 13,7 miliardi. Risorse che già da fine legislatura mancheranno all’appello a meno che non si vogli aumentare la pressione fiscale enormemente con il previsto taglio di detrazioni per 11,8 miliardi all’anno. Stigmatizzato con severità dalla Corte anche l’aumento delle accise sul carburante: 1,2 miliardi di gettito futuro (fino al 2018) per dare copertura a spese presenti.
Se sul fronte delle entrate il giudizio è severo, non meno duro è il monito che giunge sulle spese. Il rapporto, realizzato dalla Corte dei Conti con l’apporto di tre centri studi indipendenti (Cer, Prometeia e Ref), ridimensiona di mezzo punto le previsioni sulla crescita del Pil nel triennio 2014-2016. Inoltre tutti gli obiettivi di deficit vengono corretti al rialzo: a partire da quello del 2015 che il governo conta di ridurre all’1,6 e che invece dovrebbe salire al 2,4 per cento. L’assalto alla diligenza durante la legge di Stabilità ha lasciato il segno: 200 modifiche che hanno portato a gonfiare la spesa per 7,6 miliardi. Così, a dispetto della spending review, la Corte parla di «allentamento del rigore». «L’indicazione fornita al mercato», osserva la magistratura, è che la spesa pubblica «torna a crescere». Anche perché il pareggio di bilancio in termini nominali, che nel 2011 era previsto per il 2013, slitta al 2017 quando, in un quadro di ripresa, non potremo più beneficiare degli sconti automatici dovuti al ciclo negativo e il Fiscal compact comincerà a mordere.