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 2014  febbraio 18 Martedì calendario

E’ DORI L’ARMA IN PIU’ DI CRISTIANO DE ANDRE’


Milano, febbraio
Quando c’è stato l’ascolto per la stampa e abbiamo sentito Invisibili di Cristiano De André, ci siamo trovati tutti d’accordo nel ritenerla una vera e propria poesia. Commovente e sincera, ma in qualche modo ispirata da Fabrizio, suo papà. E qualcuno aveva gli occhi lucidi. «Non è una canzone su mio padre, non leggete riferimenti che non ci sono: questo è un flash, un ricordo sulla Genova della mia adolescenza che era piena di fermenti, di trasgressioni e vedeva crescere immensi personaggi. Io però vivevo un’altra vita, la mia: credo sia evidente, leggendo ciò che ho scritto con il cuore e il cervello, come quei giorni fossero anche per me importanti, difficili, ma anche entusiasmanti. E quei versi “tu eri laureato in danni irreversibili che la droga provoca al cervello” non si riferiscono a una persona, ma a un momento, a un ambiente che ci ignorava considerandoci Invisibili appunto».
Cristiano De André, avatar di Fabrizio almeno nell’aspetto fisico, ormai è un uomo maturo, visto che ha compiuto 51 anni, ma dall’ultima volta che c’eravamo incontrati, quando partecipò al Festival del 1985, non lo trovo cambiato, se mai più determinato, meno indeciso. «La vita ti cambia», dice, «i sentimenti del cuore cambiano, magari si affievoliscono, ma io non mi sento diverso. Ho solo messo un po’ d’ordine nella mia vita privata. Ma quando devo salire su quel palco esorcizzo il terrore facendomi il segno della croce...». In realtà quest’anno Cristiano ha accanto a sé una persona speciale: è Dori Ghezzi, la moglie di Fabrizio che l’ha seguito, accudito, consigliato, accompagnato alle prove del Festival e che incontro nella sua casa milanese con una vistosa fasciatura, causata da una caduta che le ha provocato la frattura dell’omero.
Dori, nonostante tutto non rinunci a fare la chioccia: come ti senti in questo ruolo?
(Ride rassegnata): «È nel copione che la vita ha scritto per me, ormai me ne sono fatta una ragione, ma fino a quando puoi aiutare qualcuno significa che sei viva e la vita riserva sempre momenti interessanti, adrenalinizzanti, sia in positivo sia in negativo. È la storia eterna del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Come lo vedi lo vedi, ma ti chiedi mai cosa c’è nel bicchiere?».
Dori e io viviamo da sempre vite parallele. Lei andava a scuola a Lentate sul Seveso, dove mia mamma era maestra. Suo padre e il mio erano operai nella stessa azienda che produceva strumenti elettrici di misura, in pieno boom dopo l’avvento della tv. Durante il drammatico rapimento in Sardegna, io e mia moglie, ogni giorno, facevamo vista ai genitori di Dori visto che non abitavamo distanti. Insomma, tra noi c’è confidenza, amicizia, e anche complicità quindi posso chiederle: «Dori, com’è la tua vita oggi? Vivi sola, ti senti sola?».
«Sola non mi sento, anzi non lo sono mai. Con Luvi, mia figlia, che ha scelto di essere ligure e vive là, mi sento più volte al giorno, poi mi viene a trovare o la raggiungo io. Ho un sacco da fare: curare l’azienda agricola in Sardegna, le edizioni e i dischi di Fabrizio, quindi seguo quotidianamente la fondazione che ho voluto dedicare a mio marito, l’unico uomo che ho amato veramente perché mi ha regalato giorni indimenticabili. Abbiamo cominciato come amanti clandestini, ma il suo matrimonio ormai si era logorato. Ci vedevamo di nascosto all’Hotel Cavour di Milano, dove - mi diceva Fabrizio - si incontravano in segreto Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse, ma ci pensi?».
E dove avete abitato per anni anche dopo la separazione definitiva. Eri raggiante, e pensare che io ti sgridavo per gli amori della tua giovinezza, come quello con Mal.
«Dai, era così carino!».
E con il golden boy Gianni Rivera?
«Un’invenzione vera e propria, Non dico che non mi abbia mai fatto la corte, ma siamo stati e siamo ancora amici».
Non potrai applaudire Cristiano tra la platea del Festival. Mi spieghi che cosa ti è successo?
«Un giorno siamo usciti insieme a fare shopping e sono caduta: frattura, ospedale, rischio di intervento chirurgico poi sventato. Ma riposo assoluto e poi rieducazione».
Al Festival ci sono due donne che seguono i loro artisti, tu e Caterina Caselli. Lei pensa sempre a lanciare gli artisti in almeno tre dei cinque continenti, e sinora c’è criuscita con Elisa, Bocelli, Malika Ayane e ci sta provando con Raphael Gualazzi. Tu invece, anche se con un po’ di gesso al braccio, ti occupi di Cristiano. Sai che proprio loro due si contenderanno il premio della critica?
«Quel che viene mi va bene. L’importante che faccia bella figura e torni dal Festival rigenerato. I segnali sono buoni. Al massimo gli salterò al collo con un braccio solo.